Anime

In un momento inaspettato della mia esistenza, con tutte le speranze ormai disattese, in una serata di fine giugno, in riva a un mare calmo come il mio animo disilluso, lo vidi.

Dopo pochi attimi la sua voce cominciò il suo canto, che attraversò le mie orecchie come una melodia incessante. Non riuscii a smettere di ascoltarlo neanche per un secondo.

Quelle prime ore furono fatte di sorrisi, di sguardi rubati, di tocchi leggeri e non cercati.
Poi la separazione, e la consapevolezza che forse quell’incontro era solo frutto del caso. Senza nessuna aspettativa.

Ma ci risentimmo.
E da quel momento non riuscimmo più a fare a meno l’uno dell’altro.

La distanza però diventava un macigno: separava i nostri corpi, non le nostre anime. Faceva male.
Le lunghe attese per potersi vivere in pochi, pochissimi giorni… e poi di nuovo i chilometri tra noi.

Lo scalpitio dell’attesa mi bruciava dentro.
Eppure, bastava il suo ritorno: uno sguardo e tornava la pace.

Ogni bacio, ogni abbraccio, erano stupore puro, carezze delicate per il mio fragile corpo.
Eravamo avvolti da un candore intangibile, sfuggevole, eppure magico.

Volevo afferrarla, quella felicità.
Stringerla senza farla cadere, ma non troppo forte da distruggerla.
Una linea sottile.

Arrendersi al fato, farsi travolgere dal destino o lasciarsi cullare dalle onde degli eventi: questa era la scelta. Con la speranza che, un giorno non troppo lontano, dubbi, paure e incertezze vengano spazzati via da un amore che non conosce distanza, limiti, mari in tempesta.

Quanti sogni nella mia testa, intrecciati al timore di perdere tutto.
Di scontrarmi con ciò che più mi spaventa.

La solitudine.