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RETAGGIO.
Otto pupille stupite ammirano il metallo dorato fra le mani grinzose del vecchio barbuto; il nonno lo mostra orgoglioso, assentendo ripetutamente, e ci racconta, per l’ennesima volta, di averlo ricevuto da un leprecauno.
…
Con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca aperta, stupito al di là dell’umano, al ragazzo toccò riprendere fiato perché l’istinto di conservazione lo scosse nell’attimo dello svenimento.
Esterrefatto dalla visione, si accasciò: il leprecauno, indifferente alla presenza del pastore, era impegnato nel sotterrare, tra le radici dell’ultimo leccio al limitare della foresta, una pentola in ghisa colma di monete d’oro.
Lo sfavillio del metallo chiamava a sé l’arcobaleno che, finalmente, appoggiava la base illuminando il pascolo con riflessi cangianti, stagliandosi nel cielo tuttora elettrizzato dalla pioggia.
Al ragazzo tornò alla mente il cruccio del padre, al quale nessuno credeva:
- Sai, io vidi il folletto; lo inseguii; ma scappò.
Il ragazzo si riprese; un solo pensiero lo spinse ad avvicinarsi all’apparizione: impossessarsi del tesoro.
Quatto quatto, nascosto tra le pecore belanti del gregge, strisciò verso l’omiciattolo barbuto vestito di foglie.
Mancavano giusto quattro passi allorché il leprecauno si accorse del ragazzo; furtivo, afferrò la pentola immergendosi nel sottobosco con un guizzo repentino.
Il giovane pastore s’alzò di scatto rincorrendolo; pur allenato e dotato di gambe lunghe, non riusciva ad accorciare la distanza.
Inoltrandosi vieppiù tra gli alberi era rallentato dai rami sempre più bassi, come anche dalle gibbosità del terreno e le pozzanghere marce.
Il folletto, invece, pareva divertirsi: emetteva schiocchi sonori sfidando l’inseguitore con risate gutturali.
Scompariva alla vista quando slanciava il piccolo corpo al di là delle barriere rovose, per poi rispuntare, fiero, sul tronco di un albero sdraiato.
Il ragazzo, oramai trafelato e sanguinante in viso, investito com’era da frasche basse, si fermò; sostenendosi sulle cosce, riprese fiato.
Alzò gli occhi. Sbalordito scorse il leprecauno: stava lì, accovacciato sopra un ramo, fissandolo.
Bastava allungare la mano per acciuffarlo.
Nella pace rumorosa, tra sfumature verdi e odori selvatici, non serviva più competere.
Nell’istante in cui il ragazzo colse un luccichio, il folletto scomparve, mimetizzato dalla foresta.
…
Spesso, dopo la pioggia, col sole che fa capolino dietro nubi sfumate, una sottile iride spunta da casa nostra, irraggiando meraviglia.