Spuma di mare

scritto da FioreDinverno
Scritto 2 anni fa • Pubblicato 2 anni fa • Revisionato 2 anni fa
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Esercizio scrittura creativa: sei sulla spiaggia a fare castelli e trovi una bottiglia con dentro un messaggio. Cosa c’è scritto?
- Nota dell'autore FioreDinverno

Testo: Spuma di mare
di FioreDinverno


Dei timidi giorni aprilini, ho sempre apprezzato l’indecisione del cielo, nel concederci ore di puro sole estivo, alternato a piogge rimembranti autunni già troppo lontani.
I primi fiori di primavera sono sempre lì a ricordarti che sei in bilico tra due venti, come anemone ed i suoi amanti.
E’ in questo clima così ambiguo che preferisco uscire di casa, e dirigermi verso il mare; con le onde spumeggianti, dal color verde bottiglia, che si infrangono a riva come se volessero crepare la terra, per poi finire in mille inconsistenti bolle d’aria. L’invidiabile impeto, ad ogni ritorno, mi spinge ad osservarle incantato, con la speranza di poterle imitare, e rialzarmi come esse ad ogni caduta.
Affondo, però, come in sabbie mobili, con i piedi nei granelli morbidi a riva; l’acqua fredda mi tiene vigile, seppur con lo sguardo ormai perso.
E mentre penso a tutte le volte in cui mia madre mi richiamava all’ordine per evitare che mi bagnassi, scelgo di rendere ribelle il bambino che alberga dentro me, lasciandomi cadere all’indietro, seduto, con i vestiti immediatamente zuppi, e le mani nel fango marino.
Le nuvole mi si avvicinano prepotenti, il vento si fa più rumoroso; potrei addirittura avere un po’ di freddo.
Ma non mi importa.
Con un pugno di sabbia ed acqua, inizio a costruire al mio fianco, cumuli simili ai castelli che da bambino ero solito fare; e mi riscopro a sorridere, ricordando di tutte quelle giornate perse, nelle estati ormai dimenticate.
Di quella solitudine attraccata ormai al fondo della mia esistenza, mi riscopro forse sereno.
Anche se il limite tra sereno e rassegnato è così labile, che scelgo autonomamente di non farmi troppe domande.
Cado ancora sulla mia schiena, le mani ancor di più nella sabbia, e gli occhi al plumbeo cielo.
Ad un tratto, sui miei piedi si infrange qualcosa di ruvido. Allarmato, convinto possa essere un animale, mi alzo e scopro sul dorso del mio piede, una bottiglia poggiata, in vetro, ricoperta di alghe e plastiche.
Penso ai soliti incivili, che inquinano come se domani avessimo la possibilità di svegliarci in un mondo nuovo.
La prendo e la poggio accanto a me, promettendomi di gettarla via una volta via di lì.
Mi ristendo, guardando quel che mi circonda, accorgendomi di aver probabilmente per un po’ spento la mente.
E’ giusto una frazione di secondi a separare il mio sguardo dal vetro opaco della bottiglia.
Mi accorgo che dentro custodisce qualcosa di ben diverso da residuo di liquido. Credo sia proprio un biglietto, ed incredulo cerco di stapparla con estrema difficoltà.
Non riesco sul colpo, e la giro tra le mie dita con avidità: voglio sapere cosa c’è scritto, subito.
La ripulisco subito immergendola di nuovo nell’acqua, e più la strofino, più come la lampada di Aladino, essa si mostra a me, nei colori ed in quella che sembra essere un’antica calligrafia.
Mi impegno ancor di più nello stappare, fino a quando il sughero non cede e viene via.
Distratto e noncurante delle dita bagnate e dei piedi immersi in un’acqua agitata, estraggo la pergamena e ne decifro a fatica il contenuto.


                                                                                                                                 

                                                                                                                                            Napoli, Agosto 1922

Caterì, affido al mare questo inutile, ormai, mio cuore.
Della bella estate ormai ne restano questi ultimi giorni, un po’ caldi ed un po’ vuoti, da quando la tua nave è salpata, lontana da qui.
La lontananza ci divide oggi e per sempre, e delle notti stellate spalmate sui nostri nudi corpi, ne resta qualche frammento in questa testa, che per salvarsi deve necessariamente dimenticare.
Vago, come dannata anima, tra i vicoli di questo porto di mare, nella speranza invana di vederti ritornare.
Del nostro amore estivo, restano i cocci di famiglie che non ci hanno amato, e allora sciolgo il ricordo del tuo angelico volto, in quest’acqua salata che contrasta lo zucchero che avevi sulle rosee labbra.
I tuoi occhi verde mare sono incisi nel profondo del mio sentire, ed ogni sfumatura di quest’acqua me li ricorda, provandomi un immediato senso di malessere.
L’unico pensiero che mi tiene in vita è la garanzia che lì dove andrai, sarai al sicuro, tra le braccia di un uomo che ti amerà comunque meno di me.
Perché tu lo sai, lo hai sempre saputo: l’incastro dei nostri cuori era quello giusto.
Eri tu il pezzo mancante dell’anima mia. E sempre lo sarai.
Caterì, affido al mare il mio dolore, sperando che una sirena bella comm’a te, possa un giorno trovare questo foglio e rapirmi, per portarmi sul pelo dell’acqua in cui vive e, nella punizione di ricercarti per il resto della vita, trasformarmi in inconsistente spuma di mare.



                                                                                    Ti amo assaje, ma questo purtroppo già lo sai.
                                                                                     A.



Spuma di mare testo di FioreDinverno
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