Il Goblin e il Villaggio

scritto da zulemli
Scritto 3 anni fa • Pubblicato 3 anni fa • Revisionato 3 anni fa
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Un'altra piccola fiaba che ho scritto di recente. Ogni feedback è assolutamente ben accetto. Ho l'obiettivo di migliorarmi, quindi ho bisogno di confronti!
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Testo: Il Goblin e il Villaggio
di zulemli

Nel lontano tempo delle fate e degli spiriti, tra monti e fantasie, una breve storia riguardante un curioso goblin lasciò un piccolo segno nella storia umana. Era uno strano essere vagante, proveniente dalle brumose colline del sud, mai aveva avuto un amico a parte la compagnia di qualche animaletto. La solitudine condiva la sua esistenza; quest’ultima tende a combaciare con il temperamento di queste creature. In alcuni casi delle anime vengono al mondo in completa dissonanza, ribaltando delle leggi altrimenti ineluttabili, è questo il caso del nostro protagonista. Il goblin non ricordava molto delle sue origini: non poteva sicuramente contare su abilità come la memoria e l’intelligenza, riusciva però a combinare audacia e curiosità in una splendida e buffa sintonia. 

In un giorno di fine maggio, quando il sole cominciò ad imporsi per allungare anche le più ostinate giornate, che la creatura improvvisamente, si stufò della sua desolante situazione. Decise quindi di fare qualcosa, qualsiasi: la compagnia di piccoli animali non lo soddisfaceva più, voleva stringere amicizia con un essere umano. Con grande abilità è da sempre riuscito a nascondere la sua presenza a loro: i goblin sono visti con mala fede, complice soprattutto l’aspetto tremendo; gli esseri umani nonostante vantino teorie di assoluta intelligenza e di come riescano sempre a risolvere anche il più ostico dei problemi, non sono portati a mettere da parte il giudizio, così abbarbicato nella banale e illusoria apparenza. 

Al piccoletto, quindi, gli balenò un’idea nella sua mente, del tutto nuova e spaventosa. Voleva mostrarsi a loro. Questo pensiero rendeva la sua mente confusa ma, allo stesso tempo, gli provocava un brivido di curiosità. Stordito da quelle sensazioni contrastanti - mai provate fino ad allora - ragionò ad uno stratagemma per raggiungere il suo obiettivo. Esisteva - a pochi campi dalla sua caverna- un piccolo villaggio composto da poche famiglie contadine.

Considerò che l’unico modo per tentare un approccio, sarebbe potuto accadere solo in quel villaggio: ma come? Era ben consapevole del suo aspetto e del terrore che avrebbero provocato: lui stesso passando vicino a dell’acqua stagnante, si spaventava nel vedere il suo riflesso, non riuscendo a credere a quanto fosse brutto. Di conseguenza il piano si complicò: doveva necessariamente trovare un modo per poter comunicare con qualcuno, riuscendo però a mettere l’aspetto fisico in secondo piano, facendo invece emergere la sua spiccata amichevolezza e sensibilità. Pensò che gli sarebbe convenuto esporsi ad un giovanissimo; conosceva l’apertura mentale che contraddistingue la gioventù, temendo invece un rifiuto perentorio da parte degli adulti. Sperò che un bambino potesse introdurlo alla comunità anteponendo premesse altrimenti impossibili da comunicare. Studiò a lungo il villaggio, la possibilità era solo una e non poteva permettersi di compiere un errore. Più volte rimandò l’evento per paura di compiere questo coraggioso passo.

Molte stagioni passarono, quando finalmente il goblin si decise ad attuare il suo elaborato piano. Osservò, durante le sue ronde sul perimetro al confine del villaggio, che era presente una famiglia non molto numerosa, proprietaria di una piccola fattoria al limitare dell’abitazione principale. La famiglia era composta da una coppia, un anziano signore ed un piccolo bambino che dimostrava spesso una particolare inclinazione alla gentilezza, soprattutto nei confronti degli animali della fattoria. Il goblin decise che se voleva ottenere l’amicizia e l’integrazione degli abitanti del villaggio, doveva rischiare il tutto e per tutto sul piccolo ometto, unica possibilità tra tanti rischi. Teneva ben in mente però l’assoluta cautezza: doveva riuscire a non spaventarlo, per quanto arduo questo compito potessere essere. Necessitava solamente di uno spiraglio in cui potesse esprimere i propri sentimenti. Una mattina, vide il giovanotto mentre si intratteneva con strambi aggeggi fatti di legno:  prendevano per lo più la forma di animali o oggetti; li maneggiava per ore e ore,inventando numerose storie e situazioni. Il goblin decise quindi di costruire per il bambino e la sua fiducia una piccola barchetta di legno, da poter far galleggiare nel lago vicino al villaggio. Al termine del lavoro pensò fosse saggio scrivere anche un breve e grazioso biglietto per il giovane; lo scopo era quello di prepararlo alla visione sgradevole e per spiegargli interamente le sue intenzioni, completamente di carattere amichevole. Una volta che fu tutto pronto si incamminò verso la fattoria, attento a non farsi intravedere da nessuno. Appena arrivò al fienile, cercò con lo sguardo un anfratto in cui nascondersi: vide una balla di fieno nell’angolo più lontano della struttura, decise quindi di celarsi sotto gli aghi ma non prima di appogiare la lettera e la costruzione in legno per terra, davanti all’entrata principale.

Diverse ore il goblin passò in attesa.

Verso il tardo pomeriggio quando i raggi di luce si ritrassero attraverso i difetti di costruzione del fienile, la porta della stalla si aprì lentamente.

Era il bambino! Rimase immediatamente stranito dinnanzi a quell’oggetto intagliato e appoggiato al suolo; vide anche il biglietto che aprì con curiosità, avendo cura di non rovinare la carta. Il contenuto della lettera presentava una serie di disegni che, nella maniera vignettistica, raccontava in termini semplici e diretti le intenzioni del mostriciattolo. Non era specificata in alcun modo la posizione in cui il goblin si nascose e ciò mise il bambino in allerta. Dopo poco però si rilassò: pensò che questo essere, per quanto orribile, non potesse essere malvagio; percepì nei disegni una sincerità tangibile, di conseguenza il bambino disse: “Accetto il tuo invito caro amico! Esci pur fuori ovunque tu sia”.

Sentendo queste parole il piccolo mostro sussultò di paura facendo muovere la balla di fieno in cui era nascosto, rivelando di conseguenza la sua posizione.

Uscì timidamente per non spaventare il bambino, che non reagì con stupore e paura. Dopo quell' incontro, i due fecero amicizia: il goblin raccontò il motivo per cui si trovava lì, ottenendo infine la simpatia del giovane essere umano. Il bambino contento della sua nuova conoscenza propose al goblin di introdurlo al villaggio: poteva sì essere esteticamente mostruoso ma appena gli si dava la possibilità di aprire bocca, dimostrava una gentilezza e sensibilità senza pari. Il goblin nel sentire questa idea, subito si immaginò un futuro con i suoi nuovi amici umani e questo lo fece sognare ad occhi aperti. Concordarono che il modo migliore per poter realizzare il loro piano, sarebbe stato quello di introdurlo inizialmente alla famiglia del bambino affinché potessero poi farlo conoscere, con tutte le sicurezze del caso, a tutti i rimanenti abitanti. A livello pratico l’aiuto di un adulto sarebbe stato fondamentale per la buona riuscita. Si avviarono quindi verso l’abitazione del ragazzo, che si collocava solamente ad una ventina di metri dal fienile. La creatura, purtroppo, non arrivò mai a destinazione; un vicino, vedendo quella bizzarra coppia camminare verso la casa, si allarmò e corse di fretta verso di loro. Afferrò quindi il goblin con violenza, maledicendo la sua razza. Nonostante le preghiere del bambino, il comare lo continuò a stringere fino ad infilarlo all’interno di un sudicio sacco di juta, affinché potesse trasportarlo al cospetto del capo del villaggio, capo e giudice della comunità. Il goblin era terrorizzato, si era visto sfumare i suoi sogni in un gesto effimero, facendolo rabbrividire in vista del futuro che lo aspettava. Arrivati dinanzi al capo, il goblin, in quanto mostro, non ebbe diritto di parola e, mentre il cittadino raccontava quanto avvenuto, la decisione era già stata presa: il goblin sarebbe stato condannato a morte. Questo fece sprofondare la creatura in un’angoscia infinita. Si chiedeva perché ma soprattutto, non riusciva a capire come delle intenzioni così benevoli potessero risultare in un evento così tragico. Fu rinchiuso in una malmessa prigione per alcuni giorni, in attesa della sua ora. Alla vigilia dell’esecuzione in una bollente notte d’estate, tra tremori di indicibile paura e rassegnazione, qualcuno lanciò un piccolo sasso attraverso le sbarre che volgevano all’esterno, dove si poteva intravedere una brillante luna piena. Era il bambino, venuto a trovare il suo amico. Non era semplicemente andato per salutarlo nella sua pena, ma per fare per lui qualcosa di più grande. Voleva liberarlo. A sentire questa dichiarazione di intenti il goblin si commosse e, dopo aver benedetto il ragazzo innumerevoli volte con l’ardore più possente, chiese: “Ma piccolo amico, come farai a liberarmi? Le mura sono spesse e le sbarre troppo strette, come puoi aiutarmi?”. Il bambino sorrise come chi ha già una soluzione ben studiata. Quindi disse: “Sai amico mio, non capitano molte situazioni come questa nel villaggio: come puoi ben vedere la tua gabbia è improvvisata, come anche queste sbarre che sono arrugginite e lasche; sono convinto che con questo strumento che utilizziamo per smuovere la terra, se utilizzato per far leva, possa liberarti da questa condanna”. La creatura venne liberata e la coppia scappò il più lontano possibile, verso i boschi, unico luogo sicuro per il goblin. Si dovettero congedare l’un l’altro frettolosamente per non rischiare di essere visti: il piccolo giovane corse quindi verso casa, per non insospettire i genitori. Il goblin fu grato, ma allo stesso tempo affranto dal destino a lui assegnato. Molte volte la chiusura di una porta può far male, nonostante ciò decise di ritirarsi nei suoi familiari lidi, convinto di non poter mai integrarsi con quelle curiose creature e benedisse il cielo per avergli salvato la vita. I suoi pensieri poi si rivolsero al suo giovane eroe, così puro e senza pregiudizi che riuscì a commuoverlo: gli abitanti, diversamente da lui, non riuscirono a vedere oltre le apparenze nascondendosi dietro alla paura. Da lì in avanti, un giorno all’anno il goblin avrebbe regalato al giovane, di nascosto, un piccolo giocattolo in legno per ricordargli, anche durante la crescita, della vita che grazie al suo gesto salvò. Grazie a questo ricordo, lì fuori crescerà un uomo immune al pregiudizio: una piccola anima pura che non sigillò mai la porta della comprensione e che, tramite la propria discendenza, potrà tramandare queste virtù, affinchè un giorno seppur remoto, un goblin possa stringere finalmente amicizia con degli esseri umani.

Il Goblin e il Villaggio testo di zulemli
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