Barriera.
Ne odo le voci, forse l’urlo sommesso.
Pare odorare la vita il randagio su strada.
Sembra odorare maceria,
ne ascolto i lamenti.
Era la notte che fu,
il giorno trascorso,
l’abito smesso.
Residuo ancestrale, primordiale paura.
Ora non tremo.
Ora non fuggo.
Barriera.
Mi vomiti addosso il dolore del mondo.
L’odore trascorso.
Senza dimora ad odorare un asfalto.
Brivido adesso,
intercorri una vena,
quella più spessa,
quella più irta.
Passami accanto,
fossi tu fiume sommesso.
Barriera,
chiaro di aurora,
tramonto scordato,
lattina lasciata a metà,
mozzicone di un tempo scortese.
Barriera.
Capace di uccidere a occhi velati,
derubata, trafelata,
violentata anche se solo pensata.
Barriera.
Arruffata, arrabbiata,
in uno sparso disordine sfuso.
Un cartone di vino,
un panino a metà,
facce arrabbiate,
anime in totale povertà.
Barriera.
Io ti racconto quel poco che so.
Quel tanto che basta a sporcarmi il cappotto.
Quel poco che posso.
Solo quel che mi concesso.
La notte io nel letto,
tu, che stai al freddo.
Di giorno io lavoro,
tu muori di fame.
Scrivendo violento quel che di te rimane.
Barriera di Milano (periferia nord di Torino) testo di PurpleG