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L’indefinito, l’inesprimibile e l’inconcepibile custodiscono il segreto dell’esistenza.
Non sono concetti, né presenze.
Sono il prima e il dopo.
Sono — e non sono — allo stesso tempo.
Da loro nasce la memoria.
Il viaggio della memoria si muove su una doppia corsia: una temporale, una metafisica.
È un passaggio tra due dimensioni che non si toccano mai.
I tre elementi possono essere sfiorati dal linguaggio,
ma non dalla percezione della vita.
Non dalla memoria stessa.
Ciò sarebbe impossibile.
Il linguaggio tenta un ponte,
usando proprio la memoria per attraversare.
Ma ciò che non è, in quanto autentico e precedente,
diventa ciò che è, ma non è,
appena viene toccato dal linguaggio.
E allora: è definito, ma contaminato.
È detto, ma resta indefinito.
Perché il linguaggio non ha potere sulla memoria,
né su ciò che la delimita.
Così ogni fondatezza si frantuma.
Davanti a questi pilastri invisibili, l’universalità si annulla.
E proprio lì — dove nulla può essere detto —
sta la madre di ogni cosa:
la Nullità.
Non è assenza. Non è silenzio.
È ciò che rivela il segreto,
ma non permette mai che venga smascherato.