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Conosco un delizioso racconto dell'orore che consiste di appena due frasi: L'ultimo uomo della Terra era solo nella propria stanza. Qualcuno bussò...
Due frasi e tre puntini di sospensione. L'orrore, naturalmente, non sta nelle due frasi, bensì nell'ellissi, nel dubbio: chi o cosa ha bussato alla porta? Di fronte all'ignoto, la mente umana s'immagina cose vagamente terrificanti.
No, non ci fu niente di terrificante.
(Fredric Brown "Knock", 1948)
L'incipit di cui sopra, anzi le due frasi, è spesso attribuito a Stephen King, benchè lo scrittore si sia sempre premurato di smentirlo. In realtà, come vedete, appartiene a Fredric Brown. L'aspetto divertente è che egli stesso afferma - non so se simulando - che quelle due frasi appartengono a un altro racconto.
Brown (1906 - 1972) è stato un maestro del racconto breve, spesso con finale a sorpresa. Suo è il racconto "La sentinella", pietra miliare del racconto basato sul cambio di prospettiva e sulla sorpresa che ha avuto "innumerevoli tentativi di imitazione" (un buon indice della qualità di un'opera, secondo me). Suo il racconto "Arena" (1944) da cui un famoso episodio di Star Trek (per i Nerd: quello col Gorn che, nel racconto, non è affatto un lucertolone antropoide), "La riposta" (che, in tempi di intelligenza artificiale, continua a tornarmi in mente), ma anche romanzi polizieschi come "La statua che urla" da cui, molto liberamente, è stato tratto il primo film di Dario Argento "L'uccello dalle piume di cristallo".
Abile soprattutto nella sintesi e nella trovata, nonchè nel gioco di cambio di prospettiva (che in definitiva serve a considerare la realtà e noi stessi da un punto di vista diverso) Brown ha la grande abilità di dire molto con poco, o pochissimo.
Ciò non di meno, nelle poche righe riportate sopra trovate un avverbio ("vagamente terrificanti") una riflessione che è anche l'esposizione di un trucco scrittorio (quella sull'ellissi e sul cosa susciti curiosità e inquietudine, che è poi al cuore della suspence e cui sarebbe opportuno tornare in tempi di preponderante visualità del reale/fake), un'anticipazione (o flash forward se vi piace il linguaggio cinematografico) che serve a dire al lettore che non troverà quello che si aspetta.
Di fronte a tutto ciò alcuni insegnanti di scrittura creativa contemporanei storceraranno il naso... ma io continuo a desiderare meno "scrittura immersiva" (per esempio) e più F.Brown. Dopotutto, lui qualche segno l'ha lasciato (magari non ce ne accorgiamo, ma non importa) e anche per la narrativa non di genere. Per quelli usciti dalle scuole di scrittura, be', staremo a vedere, eh?