De puella Bargelli quae credidit esse musa”

scritto da Miu
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A volte la scrittura che vorrebbe sembrare erotica non scalda, ma fa sorridere. Così, sulle orme del Boccaccio, è nata questa burla: la storia di una pulzella che canta di tette e didietro al Bargello… e ne esce coperta di fischi.
- Nota dell'autore Miu

Testo: De puella Bargelli quae credidit esse musa”
di Miu

Prologo

In queste pagine non si trovera’ fuoco d’amore né soavi sospiri, ma il riso che nasce la’ dove l’arte, credendosi Venere, inciampa in goffaggine. Tal scrittura, che più che stimolare fa ridere, ci parve materia degna di burla. Onde, seguendo l’ombra del Boccaccio, abbozziamo questa novella, non per muovere desiderio, ma per mostrar quanto l’erotico, quando manca di grazia, divenga comico.

Novella

Dove una florida donzella, volendo mostrarsi poetessa davanti al Bargello, canta in lode delle sue tette e del suo didietro, e n’esce derisa.
Quando Fiammetta ebbe finita la sua novella, Dioneo, che sempre più che gli altri amava il beffardo, rise e disse:

Belle donne, se v’aggrada, udite di una pulzella fiorentina che volle parer musa, e non trovo’ rima che di tette e di culo, onde tutta la piazza del Bargello se ne rallegro’ di risa

Fu gia’ in Firenze una giovane vaga di viso, la quale, più che alla conocchia e al filare, dava lena a vanita’ di canto. E credendosi ispirata da Apollo d’osteria, componeva versi; ma non di gigli né di rose, bensì delle proprie carni, le quali stimava più degne che non tutte le scritture di Virgilio.
Un dì di festa, si fece avanti nella piazza dinanzi al palagio del Bargello, dove gran folla era raccolta, e, salendo su uno scalino, chiamo’ un giovane che al mandolino pizzicava.
E così prese a declamare con voce alta: “O nobili e cortesi signori, la mia passione e’ fiamma che mai non si spegne, e la mia lingua e’ ferro ardente che tutto divora; onde vi prego e scongiuro che lecciate il core mio e succhiate l’anima, sì come ape fa al fiore.
E sappiate per fermo che chi pone mano alle mie poppe conosce più dolce paradiso che non Adamo in grembo a Eva; e chi prima observa e poi si asside al mio didietro, cavalca più alto che imperator in sedia d’oro.
E poiché la luna governa le maree, così il mio corpo trabocca di latte e d'onde a bagnar l’amante, come fonte che scappa a raggera”.

Allora la brigata, che sin lì tratteneva il fiato, proruppe in risa, sì che pareva la piazza crollare. Alcuni diceano: “Costei ha più versi nel culo che senno in capo!”. Altri aggiungeano: “Le sue tette son tamburi, il didietro gran cassa: facciasi orchestra!”. E altri ancora: “Se face così, portisi secchio e straccio, ché poesia non e’, ma mesticheria d’osteria!”.

Il Capitano di Giustizia, che udiva lo strepito dalle finestre del palagio, fece cenno ai birri di condurre la pulzella a sé.
Ed ella, che ancor si credea musa, fu tratta su per le scale, ove il Capitano le disse: “Figliuola, le tue rime son più sconcie che non basterebbero a tre taverne. Se vuoi cantare, va’ a San Frediano, ché la’ forse in coro troverai chi ti ascolti. Ma qui, davanti a me, tu non se’ musa, ma buffona”.
Onde la misera, che pensava ricevere la corona d’alloro, se ne torno’ con fischi e bucce di castagna. E fu da quel giorno ricordata non tra i poeti, ma tra le ciarliere d’osteria, e chiamata con nome di scherno: la Pulzella del Bargello col Mandolino.

Morale

Onde si conosce che chi presume oltre misura cade sovente in vergogna, e che più val silenzio pudico che mille versi sconci; ché chi confonde latte ed acque credendo far poesia d’amore, non muove Venere ma la vescica, e invece di versi lascia soltanto secchi da riempire.

De puella Bargelli quae credidit esse musa” testo di Miu
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