“Tempesta”

scritto da Bruston
Scritto 6 anni fa • Pubblicato 2 mesi fa • Revisionato 2 mesi fa
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Poesia che ho già pubblicato qua, quando ero già presente due anni fa’. Ma che fa talmente tanto parte di me, che me la porto sempre dietro. Dovunque vada. Chi l’ha tra di voi già letta, mi scuserà!
- Nota dell'autore Bruston

Testo: “Tempesta”
di Bruston

Piccole orme sulla sabbia,
firma di un cammino di un istante prezioso,
la marea le minaccia con estrema indifferenza.
Un vecchio barcone adagiato in battigia pare sonnacchioso,
i gabbiani si fidano, ci volano attorno, con involontaria reverenza.

Dimenticato, perso, lasciato in pegno, un orsacchiotto di pezza attende, comodo sul suo legno.
Fragile frammento d'un paradiso di mare, il tempo di un fischio e tutto può cambiare.


Il sole alto, dapprima prodigo ed entusiasta, adesso è assaltato.
Da nuvole feroci è divorato, ingabbiato.
Il suo splendore è stato oscurato.

D'un tratto il mare si arrabbia,
il cielo è cupo,
adesso è cupa anche la sabbia.

Ora la schiuma al largo si innalza,
si issa, 
come un mostro che fa paura,
ma non può far a meno di mostrar la sua natura.
Aggredisce la riva ed una conchiglia, che attonita si inabissa.

Onde giganti picchiano la terra,
spuma bianca, come sangue sparso in guerra.
Si sentono urla, il mare grida la sua furia, il suo tormento, la sua sfida.


Lampi in cielo squarciano il purpureo velo,
unico colore di un giorno ora nero.

La tempesta infuria, gorgoglia dall'abisso,
ingoia gli scogli e la memoria del paradiso.


Ruggisce, aggredisce, si accanisce.
Delle proprie responsabilità non tiene cura
e tutto ferisce.

La notte giunge e nasconde la sua potenza,
più nessun testimone della sua terribile apparenza.

Il mattino giunge in ritardo,
stanco, un po' ventoso e assai codardo.
Quel che ieri era, or è un vago ricordo,
una dolce memoria.
La spiaggia, le conchiglie e quei passi,
adesso è tutto storia.

La risacca ora è leggera, forse è serena,
sembra danzi e disegni creazioni nuove,
sulla soffice vergine rena.


La luce fioca è tornata ad illuminare,
una spiaggia sconosciuta che si sa ricreare.

I gabbiani non san più dove posarsi a riposare,
il barcone or più non c'è.
Al suo posto una medusa e delle alghe ed un ramo,
giunti al termine del loro nuotare.

Adesso quel natante è in mezzo al mare,
un piccolo punto all'orizzonte, intento al suo vagare.


Anche l'orsacchiotto è preda del destino,
forse sul barcone,
o da solo sul suo nuovo cammino.

“Tempesta” testo di Bruston
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