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Ti guardavo, da testa a piedi, e non riuscivo più a riconoscere una sola caratteristica che ti appartenesse, nemmeno un singolo dettaglio mi riusciva più a trasmettere la familiarità di una volta, nonostante gli anni passati insieme. Solo le lentiggini erano rimaste le stesse, riuscivo ancora a formare disegni unendo i puntini, e i tuoi occhi, con quelli non riuscirei mai a confondermi, in quel verde mi ci sono persa tante di quelle volte. Il resto però era come se non esistesse più, mi parlavi e mi sembrava che fossi un altro, uno sconosciuto che ti assomigliava vagamente, uno sconosciuto che un tempo conoscevo meglio di me e con il quale sono cresciuta assieme. Uno sconosciuto del quale ero convinta di conoscere ancora tutto e che adesso invece riconoscevo a malapena. Mi sono innamorata di una persona che ora non esiste più, mi ero innamorata di ciò che eri, della purezza del tuo sguardo, degli occhi innamorati, di come dentro ad essi riuscissi a scorgere il riflesso del tuo amore, adesso invece mi guardi come se fossi una delle tante. Mi ero innamorata della paura che avevi anche solo di sfiorarmi come fossi di carta pesta mentre adesso mi afferri con mani sporche di chissà quanti altri cuori spezzati. Mi fa paura che la persona della quale mi sono innamorata sia stata sepolta e che so per certo che non la ritroverei nemmeno se mi impegnassi, nemmeno se scavassi bene.
Mi hai afferrata e di te era cambiato tutto, persino il modo in cui le tue labbra si appoggiavano alle mie, le tue mani hanno cominciato a tracciare di nuovo il percorso dove avevi lasciato segno anni prima, ma questa volta era diverso, non riuscivo più a scorgere gentilezza o amore nei tuoi tocchi, solo un bisogno, quasi carnale, di avermi. Sembrava un istinto primitivo quello che ti guidava, mi stringevi quasi come volessi farmi del male, come se stessi dimostrando a te stesso che alla fine non avevi perso davvero, mi avevi ancora. Anche se non nel modo in cui avrei voluto. Ho messo cerotti al tuo orgoglio ma ho aperto una ferita profonda, quella che in teoria doveva essersi già chiusa, nel tuo cuore. Era come se ci fosse ancora della rabbia repressa, come se in quei baci ci stessi mettendo tutto quello che non eri mai riuscito ad esprimere a parole. La rabbia, la frustrazione, la tristezza, la nostalgia, la malinconia e tutto il male che ci siamo fatti. Era strano, era come se comunicassi con mani e labbra, come se tentassi di trascrivere le parole nei gesti, una volta tolto quello ponevi un muro tra di noi, abbastanza alto e spinoso, a volerti proteggerti, quasi ti facesse paura guardarmi negli occhi e trovarci qualcosa di sincero, di puro, quel qualcosa che in fondo ti mancava. Mi hai parlato di lei, ed è stato strano perché una volta la lei di cui parlavi ero io. Ho visto i tuoi occhi brillare, mi hai letto le poesie che le avevi scritto e lì un po' l’ho invidiata, devo ammetterlo, perché lei aveva potuto avere una parte di te che io avevo perso per sempre. Hai parlato tanto di te ma di ciò che era cambiato nella mia vita non hai chiesto niente. Non so se perché non ti interessasse o perché reputassi più importante mostrarmi come stavi bene nella tua nuova vita da quando io avevo smesso di farne parte. Volevi prenderti una rivincita, una sorta di soddisfazione personale nel mostrarmi cosa avevo perso, cosa avevo lasciato andare. E forse avrebbe anche funzionato, se solo quello che avevo ritrovato non fosse nulla di ciò che per tanto tempo avevo desiderato.