Dissapori

scritto da Andreskesh
Scritto 2 anni fa • Pubblicato 2 anni fa • Revisionato 2 anni fa
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E ragazzo, ti tolgo subito ogni dubbio: il primo amore te lo scorderai...
- Nota dell'autore Andreskesh

Testo: Dissapori
di Andreskesh

Stamattina mi incamminavo verso la stazione per prendere il solito treno delle 7:27 che, come ogni mattina, mi porta a lavoro.
Sempre ben coperto dal freddo di questo dicembre interminabile e indeciso, sigaretta alla mano destra e cuffie alle orecchie che cantavano a ritmo di Jazz e Rock. Penso di esser arrivato ad una maturità tale da non esser più attratto dall’idea di dover scalciare qualche sassolino che trovo per strada; ad oggi penso solo a quelli che si incastrano nella scarpa e che devo scrollarmi di dosso.
Questa maturità la ritrovo, persino, nella più totale indifferenza di cercar di fare dei cerchi per aria con il fumo prodotto dal mio fiato caldo a contrasto con il freddo invernale; o fottersene delle crepe del marciapiede.

Insomma, col passare degli anni, ho capito, semplicemente, che la vita diventa più noiosa passati i venti e mi spaventa pensare agli anni a seguire perché tutta quella leggerezza, quella semplicità in ogni atto si frantuma difronte all’unico grande terrore che un uomo possa, inesorabilmente, provare: imbarazzo.

Arrivato in stazione, quasi nell’anonimato e trasparenza, mi sedetti su una panchina di metallo gelida lungo la banchina in cui sarebbe, da lì a poco, arrivato il treno. Rimuginavo al pensiero del tragitto appena compiuto, fissando l’orizzonte cupo e nebbioso del mattino con gli occhi pesanti dalla fatica e stanchezza e, probabilmente, ignaro della reale motivazione che mi spingesse a fare tutto ciò ogni singolo giorno.
Odio la monotonia.

Mi rattrista addirittura pensare a quel povero e grazioso Cuculo obbligato a scandire ogni ora. Una monotonia irreale ed insensata. Mosso non dalla sua volontà ma da qualche meccanismo che lui non ha voluto e che non meritava.

Ed io sono quel Cuculo.

Tutti noi lo siamo.

Arrivò il treno. Salii e mi sedetti al primo posto libero che trovai sul vagone, a lato della finestra. Guardai con disprezzo le gocce di condensa che gareggiavano su quale fosse la più veloce.

Difronte a me c’era un uomo, appena sopra gli 80. Portava un cappello di colore nero sbiadito, con la visiera consumata e tutta sfilacciata (probabilmente aveva la sua stessa età) con una patch della seconda guerra mondiale incollata sulla corona. Una barba incolta e brizzolata ed uno sguardo perso ed attonito caratterizzavano il suo viso, rimarcato dalle rughe che, spavaldamente, mostrava come se non gli importasse granché dell’immagine che avrebbe dato alle altre persone, come chi ha perso da anni la vera ed unica ragione della propria vita. Un cappotto sporco ed un paio di jeans stracciati, sorreggevano quel corpo antiquato, minuto e stanco; una sorta di corazza docile e penetrata che solo un’anziano signore può portare.

Teneva, ben saldo, nella mano sinistra un piccolo mazzo di Crisantemi mentre nell’altra una mela, al limite del marcio, che pian piano mordeva con i pochi denti ormai rimasti. Era buffo guardarlo perché era l’antitesi di tutto ciò che è stato il mio pensiero quella mattina: il giovane preoccupato dalla vita e l’anziano preoccupato dalla morte. Due contrapposti che, mischiati, sono la definizione del dolore.

Ad un tratto, mi guardò dritto negli occhi:

- “Che cosa ti turba, ragazzo?” mi chiese con voce fievole, con un leggero tremolio alla bocca. 

- “Tutto…” risposi io. “Come ha fatto a capire che sono triste?” gli chiesi stupito. 

- “Beh il tuo sguardo dice più di mille parole. Sono arrivato ad un’età in cui mi basta guardare una persona per capire che il suo Mondo, in quel momento, non gira sul suo preciso asse. La vita, negli anni, mi ha posto difronte a situazioni talmente difficili in cui forse era più facile rinunciare, fermare il treno, scendere dal vagone e tornarsene a casa a piedi…”

Accennò una lieve risata. Poi continuò…

- “Sai cosa mi ha sempre fatto andare avanti?” Mi chiese il giovane uomo.

- “Che cosa?” Risposi incuriosito.

- “La stessa ragione che, a 80 anni, mi spinge a svegliarmi presto la mattina, farmi mezz’ora di treno per poterle portare un mazzo di fiori, senza aver nemmeno la possibilità di risentire, anche solo per un secondo, la sua voce, il suo tocco, il suo profumo: l’amore per una donna.”

Dai suoi occhi si intravide un bagliore seguito da qualche lacrima ma capii che non era pianto o tristezza. Quel suo sguardo misto ad un sorriso tirato, trapelava l’idea di un uomo che si è rassegnato a ciò che il Mondo gli ha dato e che gli avrebbe lasciato in futuro. Si capiva che era la classica persona che, mentre camminava solo per la strada, non si tirasse indietro a calciare sassi che avrebbe incontrato lungo il suo percorso per evitare, poi, che quegli stessi finissero incastrati nelle sue scarpe. Non aveva paura di parlare e dimostrare il proprio dolore come se comprendesse il malessere degli altri e volesse scacciarlo, come nel Miglio Verde.
Le sue parole, però, mi lasciavano confuso. Un amaro in bocca continuo perché non comprendevo bene quello che mi diceva; anzi, lo percepivo come scontato e fuori luogo al contesto.

- “Le donne sono tutte uguali alla fine. Non c’è una particolarità che le distingue. Non ti rimane nulla di ciò che hanno portato nella tua vita. Quando una farfalla, appena nata, vola via resta solo il bozzolo vuoto ed inutile…” gli dissi io seccato.

- “Questo è perché non hai mai trovato quell’amore che ti cambia la vita, in meglio. Sei troppo giovane…dovrai nuotare ancora per chilometri e chilometri in questo fiume prima di raggiungere l’oceano. E il percorso è tortuoso. Ci saranno situazioni che ti porteranno ad essere stanco e volerti fermare ma se il desiderio è grande, ancor più grande di te, allora non ti fermerai mai e ti lascerai trasportare verso il tuo destino.” Mi rispose lui sogghignando.

- “Okay e come faccio a capire che una donna è *l’amore della mia vita* se ormai si vive solo ed esclusivamente di momenti fugaci ed attimi incomprensibili? Come faccio a scegliere quale letto del fiume mi porterà al mare se sono tutti uguali?”

- “Beh ma non lo puoi sapere..! Come faresti altrimenti? Agli occhi di chi sa solo guardare e non osservare, ogni situazione sarà uguale. Quando troverai la donna giusta, allora, non avrai più dubbi.”

- “E se dovesse andare ancora male? Non avrei nemmeno più certezze nelle mie convinzioni. Non riuscirei nemmeno più a fidarmi di me stesso…”

- “Fidati di un povero vecchio. Ci vorranno anni, forse decadi di incertezze, dolori, domande senza risposta, autocommiserazione e rabbia. Ma ognuno di noi troverà l’altra metà di mela che lo completa. Lo diceva anche Platone!” Rise.

Mi sentivo come se stesse parlando della sua stessa vita. Credevo, a quel punto, che avesse avuto molte situazioni difficili che lo avevano portato quasi a dubitare persino di sé stesso. Come quando, a causa della tormenta, quello stesso fiume che stai percorrendo, esonda abbandonando il suo letto ed il suo desiderio di arrivare fino al mare; situazione sfortunate, dettate dal Fato e non dalla tua volontà. Se quell’uomo avesse raggiunto i suoi desideri e la sua felicità, non sarebbe mai stato qui, sul questo treno, a parlar di amore ad un completo sconosciuto; sarebbe stato un politico, un imprenditore di successo, un carabiniere, un panettiere, pizzaiolo, lenone o un gigolo. E, invece, nulla di tutto questo è accaduto.

O almeno penso…

Di certo, è una persona con un’esperienza straordinariamente triste, con un bagaglio di emozioni lacero, dal manico consumato, che si porta con sé ogni giorno.

Potrebbe liberarsene e non soffrire o faticare ma credo, nel profondo del mio cuore, che, con il passare degli anni, si arrivi al punto in cui, qualsiasi cosa si faccia, questi sentimenti li ritrovi in ogni città, angolo, strada, treno, casa, ufficio postale, bar in cui ti ritrovi e ti senti un uomo in trappola che può solo vedere ed assaporare quella libertà senza mai ottenerla.

Siamo formiche

intrappolate nella coppa 

di un bicchiere 

di cristallo.

Questo è il nostro destino.

Appoggiò il torsolo mangiucchiato della mela sul tavolino affianco a lui. Quella sua strana similitudine con il suo corpo, mi fece strappare un sorriso. Che veramente, in quel suo bagaglio, nascondesse il dolore rapito delle altre persone? Che si faceva suo per poter portare un briciolo di allegria? Non mi era dato saper per certo.

- “So che penserai che sia il solito e barboso vecchietto impiccione ma, se non sono indiscreto, qual è la causa di questa tua insofferenza?” Mi domandò con fievole tono di voce, quasi a non far sentire alle altre persone.

Lo guardai dritto negli occhi e gli dissi: “Una donna…un amor ferito, doloroso e finito. Una certezza che è diventata incertezza, gioia in tristezza, cura in una malattia. Mi sono ritrovato dall’essere il bruco nella sua crisalide che sognava di diventare una farfalla, ad essere quel bozzolo vuoto, insignificante, inutile. Ci fosse un rimedio, anche solo per lenire questa malinconia, lo accetterei volentieri. Ma credo che diventi veramente difficile provare, ora come ora, sentimenti differenti. Anche perché un amore così vivo è difficile da superare e dimenticare…non si può scordare un sentimento”.

- “Oh lo scorderai, fidati di me! Nulla resta per sempre, nemmeno i sentimenti. Il tempo cancella ogni cosa come l’acqua che, scorrendo, con la sua forza, leviga e consuma piano piano le rocce che incontra lungo il suo percorso. Nella propria vita, si possono amare tante cose e tante persone ma alla fine è solo una che ti rimane dentro, che ti sconvolge tutte le certezze che hai. E ragazzo, ti tolgo subito ogni dubbio: il primo amore te lo scorderai. È una stronzata pensare che sia indimenticabile. Non dimenticherai mai, invece, quell’amore che ti ha preso il cuore e te l’ha distrutto, calpestato, spezzato e, nonostante tutto questo dolore, hai ancora la forza di amare. Il dolore provato per un sentimento non corrisposto è l’essenza dell’amore stesso.”

Mi sentii bene in quel momento. Provavo quasi la sensazione che mi avesse detto proprio ciò di cui avessi bisogno ed era strano perché era come se avessi scordato tutto il preludio che portò a quel discorso come se fugace ed inutile. Quando la tempesta cessa, la serenità e la spensieratezza rombano più forte dei tuoni.

Arrivò a destinazione, ad una fermata dalla mia. Si alzò e si diresse verso la porta del vagone ed io lo seguii con lo sguardo. Si voltò verso di me, con gli occhi tristi ed il sorriso alle labbra sottili nascoste dalla barba folta. 

Accennammo un saluto e poi scese.

Il treno partì ed io tornai alle mie gocce di poggia sul finestrino.

Dissapori testo di Andreskesh
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