Regalo di Natale

scritto da Summer
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Autore del testo Summer

Testo: Regalo di Natale
di Summer

Erano le 14,30 ma in casa era così buio che sembrava notte. Lei guardò fuori : scendevano grossi fiocchi di neve e i tetti e i marciapiedi sporchi della città si stavano imbiancando velocemente.
Le metteva tristezza questa neve nei giorni che precedevano il Natale , pensava ai gatti di cui si occupava facendo volontariato al rifugio, così fragili e indifesi, rannicchiati nelle cuccette, nelle casette di legno rese umide dalle intemperie, “ però” , si disse,” pur sempre un buon riparo in confronto ai randagi che circolano per strada, per non parlare della fortuna della mia gatta, addormentata sul davanzale caldo del termosifone.”
Pensava anche alle persone che non avevano un tetto, quelli che vedeva in centro quando andava a passeggiare lungo le vie di lusso della città ….quelle povere creature raggrinzite sotto coperte sporche, sdraiate sul gelo del pavimento, coperte da cartoni, coi cagnolini acciambellati davanti a una ciotola con qualche croccantino ,,,, con quel freddo, Il cuore le sanguinava ogni volta che ci pensava e qualche elemosina non bastava certo a farla sentire meglio. Eppure tutto intorno sfolgoravano le luci, la gente entrava ed usciva dai negozi con vetrine colorate e accattivanti, con già qualche dono natalizio nella borsa. Gli altri non si preoccupavano come lei, non soffrivano per queste cose…o forse sì?
Come al solito divagava col pensiero ….questo era il suo difetto: non riusciva mai a vivere il presente, lei era sempre perduta nel ricordo del passato o nelle pessimistiche previsioni del futuro.
Il presente in realtà non le interessava gran che perché la sua vita era così, per molti si definirebbe normale, una buona vita, ma per lei era monotona, e nonostante fosse già alle soglie della vecchiaia, ancora non aveva trovato un senso, uno scopo, qualcosa che desse un significato all’esistenza.
Molte volte si diceva che ciò era dovuto al fatto di non aver potuto avere bambini, un figlio si sa, è l’opera d’arte per eccellenza, è una parte di te che prosegue nel mondo, qualcuno a cui lasciare i tuoi valori morali, i tuoi insegnamenti, anche i tuoi beni materiali….ma poi vedeva persone realizzate anche senza figli, complete in se stesse, impegnate in attività utili e soddisfacenti.
Lei non era mai soddisfatta, aveva lavorato per più di 40 anni in una grande azienda, a contatto con l’aridità e la monotonia dei dati e dei computer, dove le persone erano numeri, e il più delle volte, numeri falsi, gente che non avevi scelto e con cui dovevi imbastire un rapporto per lo meno di educazione e sopportazione, tutt’altro che un lavoro gratificante.
Pensò che doveva ancora acquistare qualche pensierino per Natale ma non aveva voglia, né idee. Ormai era stanca di quella tradizione che più che un piacere le pesava come un dovere.
La percorse un brivido di freddo, così decise di mettere in forno una torta salata, almeno si sarebbe riscaldato un po’ l’ambiente e per mezz’ora avrebbe dovuto prestare attenzione a quello che faceva.
La radio trasmetteva un motivo in inglese dei Maneskin, una canzone dolce che le piaceva, ma da quando aveva letto la traduzione del testo aveva scoperto che era infinitamente triste, parlava di una coppia di coniugi di cui uno si era ammalato di alzheimer e l’altro cercava di instillargli piccole gocce di ricordi della loro vita passata, ,,,uno strazio. Spense la radio e accese il forno , inserì la torta e tornò alla finestra:
ora era decisamente più buio e sarebbe stato opportuno accendere la luce ma lei preferiva rimanere lì nell’oscurità, a pensare a cosa farne del resto della serata.
Lo squillo del timer segnalò che la torta era cotta, spense il forno e decise di uscire. Infilato un giaccone sulla tuta da casa uscì. Per strada c’era caos, luci, gente che si muoveva indaffarata. Si diresse verso un piccolo giardinetto, piuttosto isolato e buio, li poteva respirare l’odore dei pochi stantii abeti che crescevano tra l’asfalto e magari illudersi di essere in un altro posto… ad un tratto uno strano verso interruppe i suoi pensieri, sembrava un pigolio, un lamento. Il buio stava scendendo e non si vedeva quasi più tra i vialetti del giardino. Si lasciò guidare dal suono e giunse vicino a una siepe, si chinò, il rumore giungeva proprio da lì. Accese la torcia del telefonino e iniziò a perlustrare la zona. Ad un tratto un bagliore trafisse le foglie, lei allungò la mano e sentì qualcosa di caldo e morbido. Afferrò con delicatezza la “cosa” e con stupore vide un gattino, tutto nero, piccolissimo, che tentava di ribellarsi alla presa, e miagolava spaventato. “oddio, pensò, se non fossi uscita questo piccolo esserino avrebbe trascorso qui la notte e quasi sicuramente sarebbe morto di freddo”! con tenerezza si aprì la giacca e si mise sul petto il piccolino, richiudendo la cerniera. Si avviò lentamente verso casa pensando “ed ora come farò con la mia gatta, così paurosa e solitaria? Quella non accetta nessuno e se arrivo con un gattino me lo sbrana!” ma intanto l’importante era portarlo al caldo e in sicurezza. Aprì la porta con circospezione e si chiuse col gattino in bagno. Lo mise a terra e il piccolo si guardò intorno , poi guardò in su e miagolò implorante….avrai fame piccino, ma mangerai già da solo? Provò con le crocchette che aveva in casa e in un lampo il nerino si sbafò tutto. Intanto la gatta che aveva percepito qualcosa di strano, grattava alla porta per farsi aprire e controllare cosa stava succedendo nel “ suo” appartamento. “ Ci vuole qualcosa per sistemarlo” pensò, e si ricordò di un piccolo recinto che aveva usato in passato per un altro gatto. Scese in cantina e lo prese, mise una bella scatola di cartone con dentro una calda copertina e una bottiglia di acqua calda, una ciotola con qualche crocchetta, una di acqua e vi pose il micetto. Poi intorno dispose il recinto e coprì la parte superiore con un telo. La sua gatta lo avrebbe visto ma non avrebbe potuto toccarlo. Poi piano piano aprì la porta e si gustò la reazione .
La gatta avanzò circospetta e alla vista del nerino fece un miagolio poco raccomandabile e una forte soffiata, il piccolo neanche se ne accorse, preso com’era a impastare la sua copertina. La gatta si avvicinò e prese ad odorare il bordo del recinto. Il piccolo la guardava, nemmeno troppo spaventato. Dopo aver fatto il giro del recinto miagolò di nuovo ma in modo meno aggressivo. Poi venne ora di dormire, nella confusione dell’avvenimento lei si era persino dimenticata di cenare. Si fece una tisana e si preparò per andare a letto. Controllò ancora una volta il piccolo gattino che acciambellato si era addormentato e parlò alla sua gatta :” vedi cara, stasera il cielo ci ha lasciato un dono per Natale, un piccolo compagno per te e un motivo per dare scopo alla mia vita a me….lo accetterai e da domani inizieremo una vita un pochino più nuova e più completa, vieni qui, sulle mie gambe come sempre, io non ti voglio certo meno bene se anche ho preso Nerino (ormai quello era il suo nome),” la gatta la fissò con quegli occhi così belli, che racchiudevano tutta la saggezza dei felini, poi si strusciò contro le sue gambe e con un fuseggiare soddisfatto si accoccolò per la notte. Fuori sui balconi brillavano le lucine di Natale e lei si sentì grata : per quel Natale aveva ricevuto il dono



Regalo di Natale testo di Summer
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