Scavengers

scritto da Mary Read
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Un sogno
- Nota dell'autore Mary Read

Testo: Scavengers
di Mary Read

'Probabilmente,  vi sono solo sette persone in tutto che apprezzano veramente il mio lavoro; per me sono già abbastanza. Ma io continuerei a scrivere anche se il sottoscritto fosse l'unico, paziente lettore perché il mio scopo é unicamente la libera espressione della mia personalità'.
H.P.Lovecraft



Non sapeva nessuno come ci fossero arrivati. Fatto sta, che i due container grandi, enormi , dall’aria vecchia, sciupata, come se dimenticati da secoli, si erano materializzati in quel campo solitario, al margine del quartiere, in quella periferia da qualche mese.
Accanto vi era la villona.  Quella dallo stile di tendenza, con il tetto spiovente da un lato con tutti i pannelli solari ben posizionati e  di un bianco immacolato tutta la facciata inchiodata da rifiniture nere e acciaio e  le tapparelle grigie metalizzate. Erano sempre abbassate e il portico a due gradinate, circondato da alberi pagoda e da jacarande di un blu straordinario, sembrava davvero far parte della scenografia di un film. Una costruzione fuori dal comune. Non c’era nulla in quella villa, neppure un filo d’erba fuori posto, immacolati i terrazzi e completamente vuoti, tutto sembrava disabitato. C’era la macchina. Una Mercedes SL grigia che a volte si parcheggiava davanti all’ingresso.
Era di un tale, un signorotto danaroso, elegantissimo, che ogni tanto faceva la sua comparsa in parrocchia e lasciava offerte per qualsiasi ristrutturazione, abbellimento o buona causa del quartiere.
Era davvero molto eccentrico Zac, con quei baffetti all’insù e i modi leggiadri, si diceva fosse straniero, albanese,croato o forse svizzero.
Quale fosse il suo paese di origine non si sapeva e, a quel che si diceva in giro, aveva acquistato tutto. Era lui il proprietario di  tutta quella distesa, villa e Mercedes compresa, anche quello sterminato campo di erbacce, con quei due cosi sopra.
Nessuno aveva visto  un grande truck o un CH47 Chinook che li avesse scaricati.
Nessuno sapeva perché il proprietario di quell’enorme spazio, che forse sarebbe diventato edificabile, li avesse fatti arrivare.
Non che fosse un problema vederli, anzi. Riempivano un vuoto. C’era anche quella inspiegabile altissima recinzione che non aveva logica di esistere, essendo appunto un campo a perdita d’occhio, completamente circondato da altri campi a perdita d’occhio.
Tutto lasciato a erba medica o a erbacce, non era stato diviso in mille orticelli curati dai condomini, improvvisati contadini, che circondavano quella perdita d’occhio, come succedeva d’abitudine in altri quartieri della zona.
Qualcosa di sottile, d’impercettibile, c’era. Qualcosa che poteva sembrare inquietante in quei due cosi, enormi, piazzati lì. Ma a nessuno importava, facevano parte oramai del panorama.
Intanto, uno era di un beige slavato e scrostato, l’altro di un arancione acceso che esaltava la sigla in bianco: Scavengine Ltd.
La gente del quartiere aveva pensato che  il Signor Zac,  stesse preparandosi a costruire qualche bel edificio o una dependance della sua villona su quel  grande appezzamento di terreno e all’interno dei container ci fossero macchinari, attrezzi e materiali destinati agli operai che avrebbero lavorato nel cantiere che da lì a breve, sarebbe nato. Quello che però pareva strano, ad un occhio attento, era che nessuno si fosse  presentato a gironzolare intorno, a controllare il materiale, non c’era mai stata un’apertura dei due container e che, insomma, risultavano ormai sperduti e isolati fra le erbacce che crescevano alte tutt’intorno, semi nascosti. Sembravano far parte di un’altra epoca come due piramidi tolteche abbandonate  in una giungla messicana. Sembravano.

 

‘Credi che ci possano vedere?’ chiese Quasar a Vance. Vance non sollevò la testa e disse con una strana voce:
‘L’unica cosa che ci potrebbe vedere, per davvero come siamo, è l’occhio semantico di un’Intelligenza Artificiale Complessa, un Axe. Conosci il tipo’.
Vance non la stava guardando, continuava ad armeggiare, la sua voce gracchiava.
‘Credi che sia possibile incontrarne uno?’ Quasar insistette.
‘Qui? Complessa? Non farmi ridere, in altri posti di questo stupido pianeta, forse, ma non qui. Siamo come loro, di cosa preoccuparsi?’
Vance a quel punto si voltò e i suoi occhi vacui la fissarono.
Quasar gli disse: ‘Tu non sai ridere’.
‘Lo so, ma non è colpa mia. È questo stupido programma che mi hanno instillato’.
‘Si dice installato’. Quasar lo disse con stanchezza.
‘Accidenti Quasar, quando vuoi, sei veramente pedone!’.
‘Si dice: pedante’.
‘E’ il mio programma, ti ripeto?’
Vance sembrava infastidito.
‘Questa missione è…’ Quasar cercava di esprimere un certo malcontento. Vance la anticipò:‘Di cosa ti lamenti? Non è difficile. Dobbiamo starcene buoni, qui, per diciamo un faerz. Abbiamo tutto,  quello che loro chiamano tempo di Planck: creiamo i nostri scavengers sotterranei, basterà entrare in contatto con la loro rete, attiviamo, chiudiamo tutto e possiamo andarcene. Loro non sanno nulla, non si accorgeranno di nulla, noi li teniamo in gioco, si lamenteranno come fanno sempre, tutto finisce pene.
‘Di nuovo!…Bene, si dice bene'. Quasar ridacchiò. 
‘Non ridere, m’innervosisce’.
Ci fu silenzio, solo il tramestio delle loro mani guantate su cavi, matasse che uscivano da una plancia d’acciaio. La domanda che si poneva Quasar era: ‘Perché? Cosa ne ricaviamo?’
Ma non la fece, Vance non avrebbe capito invece disse:
‘Trovo tutto molto eccitante, io e te, in questa realtà, a fare gli scavengers’.
‘Non ricominciare. Anche qui? Lo sai che siamo inconfutabili’.
‘Incompatibili. Incompatibili. Non qui! Non in questo tempo! Non con questi corpi!…tu dovresti essere un uomo e io una donna!  Non credi che potremmo…’ Si avvicinò, era di una bellezza sensualem ma non per lui. I  buchetti nella pelle sotto un groviglio di anse derma annessiali di un tessuto che avrebbe potuto essere confuso benissimo con lo strato lucido umano.
Vance si fece toccare, abbracciare e leccare per un po', per accontentarla. Poi si divincolò. Era disgustoso!

'Dobbiamo lavorare’.
Quasar sospirò, non avrebbe mai capito.
‘Loro hanno quello che noi vorremmo, noi abbiamo quello che loro vorrebbero.Sai che nessun uomo dei loro si sarebbe comportato così?’
‘Basta Quasar! Al lavoro e sistemati! Prova con Zac, lui è dei loro’
Quasar si riassettò, infilò la maglietta nei jeans e per un attimo si specchiò davanti all’enorme placca riflettente che aveva davanti a sé.
Si piaceva umana. Mai stata così…’Figa’! La parola era quella giusta e quanto le piaceva.
‘Zac? Con quei baffi? Non é il mio tipo, non mi attira, ha quello sguardo…E poi sa chi sono’.
‘Cosa sei! Meglio dire, ‘ Lui sa cosa sei’! Ha uno sguardo umano, e allora? Ti infastidisce? Tu, Quasar, sei più umana delle loro donne umane, addirittura adesso ‘non ti attira’, mi fai ridere! Sì, lo so, non so ridere. Controlla la pressione che è meglio. Dobbiamo creare quel campo di forza, poi tutto avverrà automaticamente, ci sarà un calo di tensione, un black down’.
‘No! Ancora! Un blackout, blackout! Certo che sono stati degli idioti quelli della Dynamics a mandarti qui, con quel programma!’

 
C’era una strana luce, un tramonto con i fiocchi. Elsa guardò dalla finestra la catena delle montagne che incoronavano la città viola che si stendeva sulla vasta pianura e quelle belle montagne che si stagliavano bianche di neve abbagliante! 

Era appena uscita dalla doccia. Gli urlò: ‘Hai cambiato le gomme?Il 15 ottobre era l’ultima data utile, se ti fermano, ti fanno la multa!’

 ‘No, non ci sono riuscito, dannazione! C’era un traffico allucinante, avrei voluto tornare a casa, sembrava che tutti i semafori della zona Nord fossero andati in tilt, sono rimasto in coda per un’eternità!’

Era la verità, ma a mezzo c’era che era riuscito a fare una deviazione e aveva passato un’ora eccitante a gingillarsi con la biancheria intima di Manu. 

‘Io ero al supermercato nel buio più totale con tutte le torce dei cellulari accesi, sembrava di essere a un concerto! E non ci crederai, non c’era una cassa che funzionasse, la gente in coda che non poteva pagare e lasciava la roba nei carrelli e le commesse erano fuori di testa. Quando sono uscita c’era il delirio, la gente sembrava impazzita.’

‘Ah! Cavolo!... Intanto qui, questa zona non ha una copertura sufficiente, incredibile! Con quello che paghiamo anche internet non funziona! Accidenti ! E adesso?'

‘Hai acceso il forno?’ Lo sai che non devi quando c'è il phon in funzione.

‘Io non ho acceso il forno.., È saltata anche qui! Senti gli allarmi?’

‘Ecco! I miei capelli! Accidenti!’

‘E io che volevo vedere Sinner!'

‘Ma ritornerà presto, non può restare tutta la zona senza luce…’

Tre ore dopo.

‘Il tuo telefono è scarico?’

‘Sì!Merda! E anche il laptop’.

Elsa si mise la giacca e disse: ‘Porto fuori la spazzatura…’

‘Il vicino ha detto che forse potremo agganciarci al suo generatore. Ha un generatore. Per ricaricare i telefoni, almeno’.
Elsa lo guardò, era sprofondato sul divano, sotto una coperta, aveva una piccola torcia frontale e leggeva. Spostò lo sguardo su di lei:

‘Questa storia comincia a farmi saltare i nervi. Non funziona nulla e il freddo comincia a farsi sentire…Di quale vicino parli?’

’Di quello della villa. L’ho incontrato mentre portavo fuori la spazzatura’ 

‘Dai! Quello strano tipo...gentile! Forse sarà meglio andare da lui…per ricaricare il cellulare’. 

 Elsa si tolse la giacca e si tolse anche il maglione e si avvicinò:

`C’è una bella atmosfera, con la luce delle candele, non trovi…Non credi che potremmo scaldarci in un altro modo?...'

Trovo che c’è una gran puzza di bruciato in casa, con quelle candele! Ecco quello che trovo! E piantala, rivestiti che non è il momento!’

Elsa pensò a quando si scaldavano in ogni momento anche con trenta gradi e provò una stretta fra le costole.
Sbirciò dalla finestra. Il buio era totale. Avrebbe dovuto uscire, andare dal vicino e collegare il cellulare al suo generatore.
Avrebbe visto com’era quella splendida casa.

 

La mattina dopo illuminata da un sole malato che attraversava la nebbia fitta e si arrestava sui due container.

‘Abbiamo finito, non se ne accorgeranno neppure, almeno ancora per qualche decennio, resteranno ancora  a discutere sulle intelligenze, sui robot di servizio, sull’etica… e alcuni saranno già morti e noi…come dicono loro? Evoluti!’ Vance sembrò sorridere.
‘Dovremo ringraziare il vecchio Zac dell’ospitalità’ disse Quasar.
'Ricordati che quel vecchio é  il Presidente della Dynamics, attento a chiamarlo vecchio…’
La risatina di Quasar gli sembrò fastidiosa e aggiunse: ‘Vai tu che ti piacciono tanto quelli in carne, quel vecchio ha qualche rotella fuori posto’.
‘Tanto fuori posto da investire denari per progettarci…
Vance sembrò non ascoltarla neppure e continuò:
‘Gli scavengers li abitueranno, li puliranno a dovere delle loro scorie, li differenzieranno.’. Quasar si stava rimirando davanti alla placca e si era infilata un giaccone e disse:‘Il tuo programma si sta migliorando, lo sai? Stai parlando molto meglio, stai usando le parole giuste’
‘Già. La solita questione: con il  tempo miglioriamo, siamo stupidi ma miglioriamo, dicono loro! Comunque non ci sono parole ‘giuste’, intelligenti, solo azioni, qui abbiamo fatto una grande azione. Dove stai andando?’
‘Non lo so, mi piacerebbe spostarmi, dai nostri confratelli del continente americano, le cose sono più facili laggiù, qui trovo tutto estraneo’
'Ma cosa ti manca? Cosa trovi di così sbagliato? Ci stiamo muovendo con le loro sembianze, abbiamo costruito delle appendici che andranno a convincerli e avremo sempre più podere nelle loro misere vite!’
‘Il potere..Il potere Vance! Se vuoi saperla tutta, sono stanca di essere chiusa qui dentro e non poter neppure avere un contatto, uscire, parlare e magari…perché no? Mettermi in ghingheri e stare con un uomo…Questo sarebbe avere potere! Cosa credi? In questo vecchio continente stanno attenti, sono legati alla Storia, gli scavengers faranno poco o nulla’
Un suono simile a un cigolio risuonò nell’aria.
‘Questa è la tua risata? Sei patetico, Vance’
‘Ghingheri, ghingheri? Che parola è? Aspetta un attimo. Ok. Ghingheri. Vuoi farti uno di carne, accomodati. Il primo che capita, con quell’artiglieria, lo stendi prima che tu apra bocca. Tu, Quasar, un umanoide di terza generazione con le più belle tette umane mai viste, vorresti uscire…Esatto? Tu credi di essere come loro. Se ti fa piacere…Vorrei vederti all’opera… Non siamo come loro, te lo ripeto, non lo siamo! Anche se tu sembri aver ereditato tutte le schizofrenie della peggior casalinga del pianeta’!
‘Io mi sono stufata, lavoro, lavoro e poi? Da quanto siamo chiusi qui dentro? Due o tre faerz…Io non ne posso più’
‘Confermo. Occorrerà controllarti, la tua reattività è fuori controllo, il protocollo m’impone di segnalarti alla Federazione’.
‘Tu e la Federazione!  Fai pure. Io credo che me ne uscirò da qui prima di te e credo anche che farò saltare tutte le procedure di sicurezza’. Avrai da fare a spiegare tutto alla Federazione’.
‘Quasar non …stra— are, non puoi fare, non è pre…visto, annulleresti…’
Vance aveva un leggero tremolio sulle labbra, stava interessando anche la zona mandibolare.
Quasar lo guardò sorpresa.
‘Vance! La tua biomimetica è a rischio e le tue funzionalità  potrebbero essere inutili...Sta vincendo l’emozione sul tuo sistema biometrico e il  tuo trasformatore del linguaggio è danneggiato. Credo che sia tu quello che ha bisogno di essere visionato dalla Federazione! E  Zac non sarà felice di questo’.
‘Non far...lo, ti prego, non u...scire!'
'C'è una strana macchina grigia, fuori da Zac,  vorrei provarla, cosa ne dici?'

Elsa stava camminando, la passeggiata alla villa era diventata  piacevole anche se tutt'intorno un buio pesto e un freddo che entrava nelle ossa.
Le case intorno in lontananza avevano acceso delle candele all'ingresso delle porte, uno struggente paesaggio, sapeva di antico, di un tempo passato come fosse un presepe.

Arrivò alla casa, c'era una luce all'esterno, il generatore funzionava a dovere.
Non c'era un campanello, ma telecamere.
Sbucò dal buio e dal nulla. 
'Hi!' Un sorriso e quello sguardo lucido, luminescente.
'Ciao....Hi!' Elsa disse, sorpresa. 
'Stai andando da mio zio?' disse Quasar.
'Il Signor Zac è tuo zio...? Sì, mi ha detto che forse potevo collegare il telefono ...'
Elsa si voltò appena un momento per guardare quella Mercedes che stranamente aveva i fari accesi.
'Ma certo! Puoi collegare quello che vuoi! Mi chiamo Quasar e tu? Ti piacciono le macchine?

Mary Read







 

Scavengers testo di Mary Read
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