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Il Giorno che Vive – Poema del Quotidiano
Poesia in episodi – di Alberto
Struttura dell’opera
Prologo – Una riflessione sulla poesia, sul tempo e sul quotidiano
Parte I – Il Risveglio del Mondo – Dal momento in cui si apre l’occhio al primo respiro
Parte II – L’Incanto delle Piccole Cose – Il caffè, la finestra, le strade, i volti
Parte III – I Pensieri del Mezzogiorno – Domande esistenziali nel tempo di pausa
Parte IV – Il Pomeriggio della Vita – I sogni, i ricordi, le attese e le disillusioni
Parte V – La Sera e la Luce Spenta – Il silenzio, la malinconia, la speranza
Epilogo – Il Giorno che Verrà – Il senso della routine e la grandezza del vivere
Stile dell’opera
Versi liberi, accessibili ma densi
Immagini vivide e concrete (una tazza, una foglia, un autobus)
Riflessioni esistenziali intrecciate ai gesti quotidiani
Linguaggio semplice, ma capace di toccare chiunque
PROLOGO – Chi scrive il giorno?
Chi scrive il giorno, se non la luce
che si posa silenziosa sui muri?
Chi racconta la tazza scheggiata
che ogni mattina versa il suo coraggio?
C’è poesia nel marmo del lavandino,
nel piatto sbeccato,
nel rumore di passi del vicino
che non hai mai visto, ma conosci.
C’è una storia nella giacca appesa,
nell’orologio fermo da mesi,
nel bicchiere lasciato a metà
la sera in cui piangevi senza motivo.
La poesia non abita i palazzi d’oro,
ma i portoni scrostati,
le bollette da pagare,
la pioggia che cade mentre vai a lavorare.
Questa è la canzone dei minuti sprecati,
dei pensieri dispersi sotto la doccia,
delle speranze accese col gas
mentre bolle il sugo,
e fuori il mondo crolla o ride.
Io sono solo uno che guarda,
e scrive perché teme
che tutta questa bellezza quotidiana
vada dimenticata.
PARTE I – IL RISVEGLIO DEL MONDO Canto 1 – Il primo respiro
Il mondo ricomincia tra lenzuola storte,
tra sogni appesi come vestiti umidi
e la sveglia che graffia la pelle del sonno.
La finestra è chiusa,
ma una lama di sole
passa tra le tende come una domanda:
“Ci sei?”
Il corpo è una macchina impolverata,
i muscoli si allungano come gatti,
le ossa scricchiolano storie antiche.
Ogni mattina è una resurrezione,
un piccolo miracolo
che non ringraziamo abbastanza.
Canto 2 – Lo specchio dice il vero
Ti guardi allo specchio
e lui non mente:
sei tu, ancora tu,
con gli occhi un po’ più stanchi,
ma con la stessa fame di capire
cosa stai cercando da una vita.
Il viso non è quello dei film,
ma ogni ruga è un titolo di capitolo,
ogni occhiaia una poesia non scritta.
Canto 3 – Il caffè e il cuore
La moka sbuffa come un vecchio saggio.
Il profumo si arrampica per casa
e bussa a tutte le stanze del passato.
Una tazza calda
tra le mani fredde
è la prima carezza del giorno.
Bevi piano:
non solo caffè,
ma pensieri liquidi,
promesse mai dette,
ricordi che mordono.
Canto 4 – Acqua che sveglia i sogni
La doccia è una pioggia controllata,
un piccolo diluvio privato
che lava via i resti della notte.
Chiudi gli occhi
e per un attimo non sei più nessuno,
sei solo acqua, pelle, respiro.
Lì sotto, i pensieri cantano:
cose da fare,
cose da dimenticare,
cose che vorresti avere il coraggio di dire.
E poi esci,
con i capelli ancora gocciolanti
e la speranza tra le scapole.
Canto 5 – Le scarpe del giorno
Le scarpe sono sempre le stesse.
Le allacci come si stringe un patto.
Ogni nodo è una dichiarazione:
“Vado. Ci provo. Cammino.”
Non sai dove, non sai come,
ma metti un piede davanti all’altro
e saluti lo specchio
come si saluta un vecchio amico
che resta indietro
a guardarti andare via.
Nota dell’autore
Questa poesia non parla di eroi,
non parla di guerre, né di rivoluzioni.
Parla di te.
Di me.
Di tutti quelli che ogni mattina si alzano
senza che nessuno applauda.
Scrivere Il Giorno che Vive
è stato come sedermi sul bordo della finestra della vita
e guardare giù,
non per paura di cadere,
ma per meravigliarmi di quanto ogni dettaglio,
anche il più piccolo,
possa essere pieno di significato.
Viviamo tempi in cui si corre sempre,
e troppo spesso dimentichiamo la poesia
che abita nei gesti semplici:
il caffè che fuma,
la voce della mamma dalla cucina,
l'autobus che non arriva,
le mani sporche di lavoro.
Ho scritto per non dimenticare.
Ho scritto per restituire valore a ciò che spesso
trattiamo come “niente”.
Ho scritto per chi si sente invisibile
ma porta dentro un mondo intero.
Ogni verso che leggerai è un piccolo specchio:
guardaci dentro,
e se ti riconosci,
scrivimi.
Anche solo due parole.
Anche solo un silenzio.
Grazie per il tempo che mi regalerai,
e per ogni occhiata data alla tua giornata
come se fosse la prima volta che la vedi.
Con affetto,
Alberto