Questa storia non ha niente a che vedere con la nota serie televisiva “Desperate Housewives”, famosa e intrigante saga, dedicata a casalinghe americane, ma, piuttosto, la lotta quotidiana e i problemi di una qualsiasi casalinga italiana.
E’ una sorta di diario, dove vengono raccolti aneddoti divertenti di Mafalda, una normale casalinga, nella quale ci possiamo riconoscere tutte.
Mafalda è vedova, di mezza età, con due figlie sposate, Lara e Mara, che le hanno regalato tre splendidi nipoti.
Minuta, con corti capelli biondi, abbastanza carina e allegra di natura, è una donna “tosta”, in passato la vita le ha dato del filo da torcere ma, nonostante ciò, non si lascia abbattere facilmente e accetta ciò che il destino le ha riservato, senza lamentarsi “troppo”e tira avanti come meglio può.
In questo periodo non vive sola perché la figlia maggiore sta ristrutturando la casa e, con il marito e la figlia di tre anni, si sono trasferiti temporaneamente a casa sua e Mafalda è ben felice di ospitarli.
La protagonista ha sempre fatto la casalinga ma adesso, che le sue esigenze sono cambiate, lavora part- time in una struttura pubblica che la impegna solo il mattino, ma lei continua a considerarsi una casalinga a tutti gli effetti.
L’idraulico improvvisato.
Il lunedì è sempre un giorno un po’ traumatico, la pausa del fine settimana rompe il ritmo lavorativo, le dà sollievo, ma le fa desiderare una vacanza più lunga, piacevole e in completo relax, magari su una qualche isola tropicale (lasciamola almeno sognare…).
Si alza presto, come il solito, va al lavoro e a mezzogiorno ritorna a casa, dove Lara, che ha il giorno di riposo dal lavoro perché fa i turni in un supermercato e lavora anche la domenica e i giorni festivi, si era impegnata a preparare il pranzo.
Appena entra in casa, percepire che c’è qualcosa che non va, lo sente nell’aria.
Non fa neanche in tempo a togliersi la giacca, che Lara spunta sulla soglia della cucina e, senza salutare, con gli occhi fuori dalle orbite e i capelli arruffati, le spara a raffica: «Si è intasato lo scarico del lavandino, ho una pila mostruosa di pentole da lavare, non c’è niente di pronto per pranzo perché non sono riuscita a cucinare e tra poco arriva lui (si riferisce al marito) che deve mangiare e andare via di corsa perché ha fretta!»
«Calma», le dice Mafalda appoggiando la borsa sul tavolo. Si toglie la giacca e va a guardare il lavandino pieno di acqua stagnante: «Hai provato con la ventosa?»
«Ventosa, liquido per sturare, ho già provato di tutto, niente da fare!» esclama Lara sempre più agitata.
«Chiamare un idraulico a quest’ora non mi sembra il caso, saranno tutti in pausa pranzo; come se fosse facile trovarli in altri orari», commenta Mafalda riflettendo a voce alta.
«Adesso provo io» aggiunge decisa mentre la figlia la guarda scettica.
Si dirige decisa verso l’armadio, prende la borsa degli attrezzi, s’infila un paio di guanti da lavoro, prende una bacinella che appoggia sotto lo scarico del lavandino e si ferma un momento a riflettere, cercando di ricordare ciò cha ha già visto fare tempi addietro da un “vero” idraulico.
La figlia continua a sbraitare: «Mi piacerebbe sapere cosa ci avete buttato!» «Vorrai dire “abbiamo buttato…”» puntualizza Mafalda che intanto cerca di concentrarsi.
Certo che la buona volontà è tanta, anche se l’abbigliamento non è esattamente quello di un idraulico: scarpe nere col tacco, calze di nylon, gonna nera a tubino con spacco posteriore, camicetta bianca di seta. In ogni caso si tira su leggermente la gonna, s’inginocchia, mette la testa sotto il lavabo e inizia a svitare. Non succede niente, duro come la roccia; secondo tentativo con maggior forza…niente; terzo e ultimo tentativo, la guarnizione cede e Mafalda riesce nell’impresa.
Pulisce lo scarico, rimonta tutto e si alza soddisfatta, anche se si ritrova con le calze strappate e la gonna sporca: «Pazienza» commenta guardandosi la gonna sgualcita, «la cosa importante è il risultato finale», facendo l’occhiolino a Lara che la guarda a bocca spalancata e non osa preferire parola.
«Vorrei sapere cosa c’era che intasava…» chiede soltanto allungando il collo.
«Uno stuzzicadenti piazzato di traverso che raccoglieva di tutto» risponde Mafalda mostrandoglielo, e aggiunge: «E non richiedermi chi l’ha buttato dentro perché non lo so!»
Lo sai che cos’è una “multipla?”
Domenica tranquilla, tutti sono usciti e Mafalda, con un album di fotografie sotto il braccio, si lascia cadere sul divano del salotto con un sospiro.
Oggi è una giornata particolare, è l’anniversario del suo matrimonio, che oramai, da quando è vedova, ovviamente non festeggia più. E’ in vena di ricordi e sfoglia ogni pagina con attenzione, accarezza ogni foto sorridendo, con il cuore pieno di una nostalgia infinita.
Poi pensa: «Potrei guardare anche il filmino…è una vita che non lo faccio.»
Si alza, si avvicina al mobile-libreria, trova la video-cassetta del matrimonio e commenta rivolta al video registratore (le piace parlare in prima persona con le cose che usa, non è una forma di pazzia, è solo una sua abitudine): «Dovrei sostituirti » dice, guardandolo con una certa tristezza, «oramai ce ne sono di più moderni di te, per i C.D., intendo; quelli come te non esistono neanche più, non posso registrare da quando è uscito il digitale, sei incompatibile; ma a me non interessa registrare, voglio solo guardare; ho la mia vita raccolta in queste cassette: matrimonio, le figlie piccole, amici, parenti, persone che non ci sono più; sono i ricordi più preziosi che ho e vai bene anche tu.»
Accende il televisore e il video registratore, infila la cassetta, prende il telecomando, si siede e schiaccia play. Non succede nulla, lo schermo è grigio e il video registratore arranca gemendo senza produrre nulla:
«Oddio! Non funziona più, si è rotto, che tragedia; adesso come faccio, non posso più vedere nulla; devo cercare un tecnico e farlo riparare al più presto.»
Ormai il pomeriggio è rovinato, è in ansia e non vede l’ora che rientri Lara per chiedere aiuto e consiglio.
Quando arriva la figlia, le va incontro con gli occhi spiritati dicendo: «Tu non sai cosa mi è successo, una vera tragedia!»
Lara la guarda preoccupata: «Che succede, Mamma, dimmi, su, non farmi preoccupare» guardandosi attorno con aria indagatrice.
«Il video registratore, non va più, non sono riuscita a farlo partire!»
Lara si rilassa, chissà cosa pensava fosse successo: «Mah…che diamine, Mamma, mi hai fatto preoccupare; se non funziona, lo portiamo a riparare; che problema c’è, non farne una tragedia!» esclama spalancando gli occhi spazientita.
Ma, vedendo Mafalda così preoccupata, aggiunge: «Anzi, guarda, adesso chiamo il mio amico Giovanni e lo faccio vedere a lui; è un bravo tecnico e ci “acchiappa” sul serio.»
Mafalda guarda con gratitudine la figlia e si sente un po’ sollevata.
Giovanni, che è un bravo ragazzo, arriva subito, da un’occhiata e afferma sicuro: «Non è nulla di preoccupante, vede?» afferma rivolgendosi a Mafalda che gli sta addosso come un avvoltoio da quando è arrivato «è questa piccola cinghia, si è consumata, ha perso elasticità e non riesce a fare girate il meccanismo; se avessi il pezzo, glielo sostituirei subito, è proprio una sciocchezza, stia tranquilla. Lo porti a riparare, è un lavoro di dieci minuti» afferma porgendole un biglietto da visita con il nome del negozio di riparazioni.
Mafalda ora è contenta, ed esclama euforica: «Sei proprio un ragazzo d’oro, Giovanni, e brava Lara!» mentre osserva la figlia che sta staccando il marchingegno dalla presa di corrente e lo pone in una capiente busta di plastica.
«Ecco qui, domani portalo a riparare. Sei più serena adesso?» e le da una pacca affettuosa sulla spalla.
Il giorno dopo, Mafalda parte decisa con il suo prezioso carico. Cerca il negozio, entra e si rivolge a un giovane commesso che sta armeggiando dietro al bancone: «Mi scusi, ho questo video registratore da riparare, è possibile?».
«Certamente», risponde lui sollecito «che problema ha?» le chiede mentre prende nota, e aggiunge: «sarà pronto tra un paio di settimane.»
Lo ringrazia, lascia i suoi dati, saluta e se ne va al lavoro con una rinnovata energia, canticchiando tra se. A volte basta così poco per fare felice una persona…
Dopo una quindicina di giorni, Mafalda, si ripresenta al negozio. «E’ pronto il mio video registratore?» chiede porgendo il biglietto che le avevano lasciato.
Il ragazzo della volta scorsa è sostituito da un signore più maturo che, da come si muove, deve essere il proprietario. «Adesso controllo» dice, allontanandosi per sparire nel retro del negozio.
Dopo alcuni minuti, ritorna e, rivolto a Mafalda: «E’ questo?» chiede.
Mafalda annuisce, guardando il suo “tesoro” quasi con venerazione.
«Sono settantacinque euro, lo abbiamo anche pulito.»
«Alla faccia!» pensa Mafalda, ma è così felice che non fa commenti, paga, prende la busta e torna a casa impaziente.
Rimette tutto a posto e, la sera, dopo cena, esclama: «Mi spiace per voi, ma questa sera voglio vedere i miei filmini!» rivolta a Lara e Angelo (suo genero) che la guardano con un sorriso: «Nessun problema, Mamma, ti facciamo compagnia volentieri» scambiandosi un’occhiata d’intesa come a dire: «Non guastiamole la festa.»
Dopo cena, mentre la piccola Cecilia gioca tranquilla, si pongono tutti e tre seduti in fila sul divano del salotto.
Lara fa partire il video registratore che, naturalmente, non da segni di vita.
Adesso Mafalda è veramente arrabbiata: «Mi hanno fatto spendere una cifra e non sono riusciti a ripararlo, sono degli incompetenti, dei cani, degli approfittatori; perché sono una donna, pensano che sia anche una deficiente!», esclama fuori di se.
Lara e Angelo cercano di calmarla: «Dai, non prenderla così, domani ritornerai al negozio, vedrai che questa volta ti risolveranno il problema.»
Il resto della serata è rovinato, la delusione di Mafalda è palpabile, se ne sta seduta imbronciata, borbottando da sola.
Il pomeriggio successivo, dopo il lavoro, Mafalda ritorna al negozio. C’è il proprietario.
«Buongiorno, mi scusi. Ieri ho ritirato un video registratore…»
«Sì, mi ricordo» la interrompe con aria annoiata: «C’è qualcosa che non va?» aggiunge guardandola con indulgente superiorità.
«Non funziona, in pratica, è come prima.» afferma Mafalda appoggiando la busta di plastica sul bancone.
Lui la guarda dubbioso e afferma: «E’ sicura di averlo montato bene? Lo sa che cos’è una presa “multipla”?» Mafalda si sente avvampare, un “velo rosso” le passa davanti agli occhi, stavolta ne ha proprio abbastanza, infila con decisione il video registrato nella busta, lo guarda altezzosa e spara:
«Che cos’è una “multipla” io lo so perfettamente. Piuttosto, lei è sicuro che il suo tecnico sappia che cos’è un video registratore?» e senza salutare esce impettita dal negozio, arrabbiata come mai le era successo.
Ritorna a casa parlando da sola e guida come una pazza, inveendo contro tutti:
«Ma non vedi che il semaforo è verde? Mettiti gli occhiali se sei cieco!» «E cammina, muoviti! Cosa sei una lumaca? Mah guarda che deficiente, pensa che la strada sia soltanto la sua!» e rivolta verso un altro conducente che guida a sinistra della carreggiata poi, senza segnalare, svolta improvvisamente a destra: «Oh brutto scemo! Mah ti sei bevuto il cervello o cosa?» e gli lancia uno sguardo fulminante da incenerire sul posto, in un secondo, anche un dinosauro e aggiunge una valanga di parolacce irripetibili, che non sono certamente adatte a una signora.
Quando arriva a casa, è ancora furibonda e racconta tutto a Lara che rimane allibita, s’infuria anche lei, richiama Giovanni, lo informa sull’accaduto, ed egli, alla fine, si offre di aggiustare l’apparecchio.
Il problema è risolto, il video registratore è riparato ma Mafalda, che è una donna abbastanza mite e ragionevole, ma che è meglio non fare infuriare, giura che non metterà più piede in quel negozio: «Manco morta, se mi serve qualcosa, piuttosto che andare lì, d’ora in avanti, prendo un aereo e vado a cercarla all’estero!»
Il frigorifero.
La vita continua, Lara e la sua famiglia sono tornati nella loro casa ristrutturata e Mafalda, rimasta sola, continua la sua vita con il solito tran, tran.
E’ una normale giornata di luglio e un caldo torrido fa boccheggiare tutti. Mafalda non è riuscita a chiudere occhio, ha lottato tutta la notte per cercare di scollarsi il cucino dal collo e il ventilatore a soffitto, con le pale che girano al massimo, non le dà nessun refrigerio, produce soltanto aria bollente.
Sono le sei, è presto ma si alza da letto lo stesso:
«Ho bisogno di un caffè, non ce la faccio più, come si fa a dormire con questo caldo», sbuffa.
S’infila una leggera vestaglia sopra gli slip e si avvia verso la cucina asciugandosi il sudore che le imperla la fronte.
«Poi mi faccio una doccia ghiacciata, ho bisogno di un po’ di sollievo.»
Prepara la macchinetta del caffè, la mette sul fornello e apre il frigo per prendere dell’acqua fresca. Ha una sete terribile.
Chiude la porta ma quella non si chiude; Mafalda guarda e vede che si è rotta una delle tre cerniere di plastica, la porta si è abbassata, si è appoggiata sulla parte inferiore e ha incrinato il pezzo di plastica sottostante impedendone la chiusura.
«Oddio, ci mancava solo questo! Adesso cosa faccio? Con questo caldo mi si sbrina tutto e mi manda in malora i miei viveri.»
Si sente stanca e spossata, non ha voglia di affrontare questo ennesimo problema.
«Prima il caffè», afferma, «poi, ragioniamo con calma.»
Prende la tazza, versa il caffè, esce sul poggiolo e si siede davanti al piccolo tavolino, sotto la tenda, e incomincia a riflettere, sorseggiando lentamente la bevanda.
Il cielo è tinto di rosso, il sole sta sorgendo lentamente, specchiandosi nel mare e spargendo intorno bagliori di fuoco. E’ uno spettacolo stupendo che ogni mattina Mafalda osserva incantata ma, oggi no, la sua attenzione è rivolta altrove.
«Devo trovare subito un tecnico; portare tutti i viveri da qualcuno, altrimenti butto via ogni cosa.»
Osserva il frigo, che non è vecchissimo, qualche annetto ce l’ha e prende nota mentalmente che presto dovrà comprarne uno nuovo.
Poi, rivolta all’elettrodomestico come se si trattasse di un essere umano: «Adesso proprio non posso sostituirti, mi mette male, ho dovuto spendere un sacco di soldi per le spese condominiali; i lavori straordinari di ripristino del cornicione mi hanno prosciugato il portafogli; devo assolutamente farti riparare, non puoi mollarci proprio adesso.»
Mentre è assorta in questi lugubri pensieri, suona il cellulare. E’ Mara, la figlia minore che è sempre allegra e di buon umore; è mattiniera quanto lei e molto mammona; la prima telefonata del mattino di solito è la sua:
«Buongiorno, Mamma, tutto bene? Come stai?» le urla nell’orecchio, con voce squillante.
«Buongiorno a te, piccola. Purtroppo, per me non è un gran giorno anzi, fa schifo, ho un problema già di prima mattina» risponde.
«Che succede?» chiede Mara preoccupata, «stai male? Devo venire da te?» Mara è un po’ apprensiva di natura e ci vuole niente per farla agitare.
«Calma, si è rotto il frigorifero, io sto bene, non agitarti» la rassicura Mafalda conoscendola.
«Con questo caldo è un vero problema» dice Mara, «chiama un tecnico e nel frattempo, portami le cose più deteriorabili, altrimenti dovrai buttare via tutto.»
La ringrazia, recupera due capienti borse frigo, mette sul fondo il ghiaccio sintetico del quale possiede una discreta scorta, e si prepara a compiere il singolare “trasporto”.
Mara la sta aspettando, per fortuna abita poco distante e possiede un frigo di riserva che in questo momento è vuoto, sistema tutte le sue cose e ritorna a casa alla ricerca del tecnico.
Prende l’elenco del telefono e trova ciò che le serve, poi si siede con calma e chiama:
«Buongiorno, avrei bisogno di un tecnico con urgenza, mi si è rotto il frigorifero» esclama con veemenza, rivolgendosi alla voce maschile che le risponde: “Buongiorno a lei, signora, vediamo un po’, dunque, mi sa che fino alla settimana prossima...»
Lo interrompe con impeto: «No, la settimana prossima non va bene, non posso aspettare tanto. Con questo caldo...capisce...mi faccia il favore; non importa l’orario ma ne ho bisogno entro oggi.»
La “voce” riflette qualche secondo, poi aggiunge: «Vediamo se posso accontentarla, dunque, sì, questa sera verso le diciotto, mi dia l’indirizzo e il numero di telefono.»
Sollevata, mentalmente benedice e ringrazia tutti i Santi del Paradiso e, visto che il frigo è vuoto: «Approfitto per lavarti per bene, mio caro, non tutti i mali vengono per nuocere» dice per consolarsi.
Arriva Lara dal lavoro, che è passata a salutarla, non sa ancora niente e trova la cucina tutta sottosopra: «Che succede, Mamma, che cos’è tutto questo caos?» esclama guardandosi attorno.
«Si è rotta la porta del frigorifero, vedi, non si chiude più, sto aspettando il tecnico, oggi ho mangiato un panino e sto bevendo acqua tiepida…e…adesso metto dentro una bustina di tè almeno c’è un po’ di gusto» aggiunge scherzando per sdrammatizzare un po’.
Lara scrolla la testa: «Auguri, speriamo che riesca ad aggiustarlo. Vado a casa, Mamma, sono stanca, volevo solo salutarti, poi, vedo che hai da fare.» Le stampa un bacio in fronte ed esce.
Finalmente arrivano le diciotto e Mafalda, che ha controllato l’orologio ogni cinque minuti, risponde sollecita al suono del campanello.
Si presenta un signore di mezza età, con un addome molto pronunciato; ha l’aria truce di chi preferiva essere in vacanza, si asciuga il viso sudato con un grande fazzoletto bianco bordato di righe azzurre ed entra borbottando una ”buonasera” quasi incomprensibile.
Mafalda lo accoglie festosa e lo ringrazia per essere venuto: «Se potessi, le offrirei qualcosa di fresco da bere, ma purtroppo...» dice allargando le braccia significativamente.
Lui non risponde. «Dov’è il frigo» chiede brusco.
Glielo indica e lui guarda l’apparecchio dentro e fuori poi inizia a dire: «Certo che si è rotto, voi donne non volete capire una cosa, non dovete mettere le bottiglie nella porta, la caricate troppo, è colpa vostra se poi si rompe.»
Mafalda lo guarda quasi fosse un alieno e chiede con voce leggermente irritata e decisa: «Ma, dove “cavolo” si mettono le bottiglie, non vedo altro posto!»
Naturalmente lui non risponde, non la degna più di uno sguardo, borbotta tra sé parole incomprensibili, cerca qualcosa dentro la borsa degli attrezzi e aggiunge acido: «E’ riuscita a rompere anche la parte inferiore, brava, complimenti davvero!»
Mafalda è un po’ perplessa, e pensa: «Ma che caspita di tecnico mi hanno mandato, è venuto qua per fare la riparazione o la morale su “l’uso migliore per non danneggiare la porta di un frigorifero”?»
«Lo sa adesso cosa devo fare?» aggiunge il tecnico con un atteggiamento quasi minaccioso e accusatorio.
«No, non lo so, mi dica lei, onestamente proprio non lo so; è lei che dovrebbe saperlo.» afferma Mafalda che incomincia a perdere la pazienza. Non le sembra un tecnico “normale” e, arrivata a quel punto, non è sicura neanche che sia in grado di fare la riparazione.
Il tecnico si toglie gli occhiali dal naso, si asciuga il sudore, la guarda negli occhi e dice:
«Devo incollare i pezzi con la colla, non c’è altro da fare.»
Silenzio tra loro.
«Mi scusi se dico la mia, da vera ignorante in materia, ma, non sarebbe più semplice cambiare i pezzi?» afferma Mafalda che è leggermente preoccupa e abbastanza irritata.
Lui scoppia in una sonora risata, si aggiusta i pantaloni che gli sono scesi sui fianchi, si asciuga nuovamente il sudore, e, con un’intonazione derisoria nella voce, aggiunge: «Questo frigo ha almeno cinque anni, lei pensa che io possa trovare ancora i pezzi di ricambio? In che mondo vive? Ogni due anni le ditte cambiano modello e addio pezzi!»
Mafalda rimane a bocca aperta, sconcertata, allibita, quasi incredula, lo guarda senza vederlo e si rassegna.
«Faccia quello che può, se non riesce a fare altro, pazienza» aggiunge uscendo sul poggiolo e si lascia cadere demoralizzata su una sedia; ora sta sudando non per il caldo, ma per la rabbia che le monta dentro, e intanto pensa:
«A me sembra impossibile, che questo “presunto” tecnico mi dica queste cose!»
Dopo aver armeggiato per alcuni minuti, il tecnico si affaccia sulla porta del poggiolo:
«Ecco, ho finito, venga a vedere» dice indicandole il povero frigorifero che, rabberciato com’è, le fa quasi pena, sembra un infortunato, uscito dal pronto soccorso.
«Mi raccomando, » continua, «per dodici ore con lo tocchi, altrimenti la colla non tiene.»
Mafalda non gli risponde neanche: «Cosa gli devo dire?» pensa.
«Sono cinquanta euro», aggiunge porgendole la ricevuta.
Mafalda si morde la lingua per non urlare: «Cosa? Cinquanta euro per un po’ di colla? L’avessi saputo, lo avrei riparato da sola e… gratis! Sei un incompetente e un ladro.» Ma, si controlla, pensa che non ne valga la pena; lo accompagna alla porta senza proferire parola, lo saluta appena e si sente frustrata, insoddisfatta, esausta e infelice.
Si siede a guardare il frigo, poi gli rivolge la parola come fosse un caro amico agonizzante: «Mi dispiace, amico mio, ho fatto del mio meglio ma non è bastato. Non so quanto potrai resistere ma penso che presto ci dovremo lasciare!»
In guerra con i piccioni.
Mafalda ama gli animali, li rispetta e li tiene in grande considerazione. Ora che è rimasta sola ha deciso che non è il caso di tenerne uno, perché spesso è fuori di casa ed è fermamente convinta che gli animali vadano curati e seguiti a dovere.
In passato ha avuto un gatto, tartarughe, pesci, criceti e un intero allevamento di canarini, quaranta esemplari, a essere precisi, in un’enorme voliera che un amico aveva costruito apposta per loro.
Tutto questo per chiarire che con gli animali ha un ottimo rapporto. Ma non sopporta gli “abusivi”, in particolare i piccioni.
In questo periodo sono la sua disperazione soprattutto perché sporcano dappertutto e le risulta che siano portatori di malattie.
Mafalda abita in un piccolo paese, al quarto e ultimo piano di un palazzo che si affaccia sulla piazza della chiesa, al limitare del bosco, a due passi dal mare e a dieci minuti dalla città; un posticino tranquillo, senza pretese, ma con tutte le comodità a portata di mano.
E’ una donna riservata e tranquilla, con pochi amici selezionati con cura, ma, naturalmente, ha le sue regole e chi le infrange non va d’accordo con lei.
Siamo in primavera, la stagione della rinascita e dell’amore; la natura si risveglia rigogliosa, i giardini e gli alberi si coprono di fiori che profumano l’aria con aromi delicati; è la sua stagione preferita; ma, purtroppo per Mafalda e per molti altri nella stessa situazione, anche la stagione degli amori e degli accoppiamenti.
Mafalda, seduta sul poggiolo della cucina, sul quale ha sistemato un tavolino e qualche sedia, e creato la sua piccola oasi tranquilla, sta riflettendo ad alta voce, come fa spesso, da quando vive sola: «Quest’anno devo assolutamente risolvere il “problema piccioni”» dice risoluta, «perché è diventato un vero incubo!»
Infatti, quelle bestiacce, come oramai le definisce, sporcano ovunque e, se non stai attento, provano anche a nidificare.
Prende il telefono e chiama Lorenzo, un caro amico: «Ciao, come stai? Disturbo? Posso parlarti un momento? Ho un piccolo problema da risolvere.»
«Ciao Mafalda, che piacere sentirti, come stai? Dimmi, dimmi, se posso fare qualcosa per te…» Mafalda lo interrompe e passa subito al dunque: «Scusami, devo risolvere il “problema piccioni”, te ne ho già parlato, ricordi? Puoi informati se esiste in commercio un qualche prodotto per allontanarli? Mi spiace darti delle grane, ma non so proprio più che cosa fare.»
Lorenzo è una persona squisita, si conoscono da almeno trent’anni e la aiuta sempre volentieri.
«Non preoccuparti, nessun problema; m’informo e poi ti dico.»
Finita la telefonata, Mafalda si dirige verso il poggiolo del salotto, che i piccioni hanno preso di mira: l’hanno scelto come dimora ufficiale, forse perché è riparato, è il meno usato da Mafalda e stanno cercando di impossessarsene, come fosse un loro diritto e, come ha scoperto questa mattina, hanno costruito un nido, tra il muro e un armadio porta attrezzi, il posto più riparato che c’è, con un piccolo che sta crescendo a vista d’occhio. L’armadio è usato come base, il padre dall’alto può osservare la madre e la “creatura” con comodità.
Mafalda guarda la famigliola, padre e madre che si danno da fare per nutrire il nuovo arrivato, implume e indifeso, ma non si lascia intenerire e, rivolta al piccolo: «Non voglio farti del male ma, cresci forte e sano, perché tra poco devi traslocare!»
Poco dopo la richiama Lorenzo: «Sì, cara, esistono vari prodotti, sono dei repellenti per piccioni, non sei l’unica, mia cara Mafalda a dover affrontare il problema. Ci penso io, questa sera me lo procuro e vediamo cosa fare. Ci vediamo dopo cena.»
«Grazie Lorenzo, sei un vero amico, non so cosa farei senza di te. Allora ti aspetto» e lo saluta piena di gratitudine.
Ora è più serena, si accinge a sbrigare alcune faccende domestiche ed è così di buon umore e di energia, che decide di preparare un dolcetto per il suo amico.
«Gli farà piacere, lo conosco, è proprio un golosone!»
Arriva Lorenzo con due borse in mano: «Ho preso tutto: il repellente e, per ogni evenienza, anche queste liste con punteruoli, create apposta per allontanare i piccioni» dice con aria soddisfatta.
«Che Dio ti benedica!» esclama compiaciuta Mafalda, «lo sapevo che mi avresti risolto il problema!»
Lorenzo sorride: «Dai, su, fammi vedere questi “bastardi”, come li definisci tu.»
Mafalda lo conduce sul poggiolo che è imbrattato di escrementi da fare paura, Lorenzo dà un’occhiata e: «Ah, no! Non mi avevi detto che c’era un piccolo! Non voglio ammazzare nessuno», esclama a voce alta con gli occhi sgranati.
«Cosa urli», gli sussurra Mafalda mollandogli una vigorosa gomitata nei fianchi.
«I vicini penseranno che ti abbia appena commissionato un omicidio!»
Lui abbassa la voce ma è irremovibile: «Finché c’è il piccolo nel nido, io non tocco niente!»
«Ok, ok, non avevo intenzione di ammazzare il piccolo, calmati, ma, appena esce dal nido, vieni qua e mi aiuti a bonificare il tutto.»
Il piccolo cresce in fretta, per fortuna, e, una mattina Mafalda, che ha quasi fatto il solco per terra a furia di andare avanti e indietro a controllare, trova il nido vuoto ma vede sul fondo un altro uovo: «Eh, no, cari miei inquilini abusivi, la festa è finita, lo sfratto è esecutivo e da questo istante» esclama incavolata, prende l’uovo, distrugge il nido e butta tutto nell’immondizia.
«E adesso, ci penso io a voi!» urla guardando gli “incriminati” che la stanno osservando con spavalderia dal tetto del palazzo di fronte.
«Volete la guerra? E guerra sia!» esclama decisa e parte all’attacco.
S’infila un paio di vecchi e consumati jeans dall’aspetto veramente “vissuto”; sono macchiati e logori da fare paura: «Sono quelli che ci vogliono, intanto poi li butto» borbotta tra sé; una maglietta macchiata e logora, un paio di guanti da lavoro, prende una spatola dalla cassetta degli attrezzi, un sacco per l’immondizia, scopa, paletta, uno straccio e una bottiglia di varichina.
L’impresa non è facile, parte dall’armadio, poi s’inginocchia e stacca poco a volta gli schifosi escrementi, il sudore le scende dalla fronte e le cola negli occhi accecandola ed è costretta a interrompersi più volte per asciugarlo. E’ così risoluta e piena di energia che va avanti imperterrita fino alla fine e, tre ore dopo ha finito la prima parte del lavoro Poi passa a versare la varichina, a fregare, a lavare finché tutto non è lindo e pulito.
Guarda con soddisfazione il risultato finale ma è stanchissima, le dolgono le spalle, la schiena e le ginocchia. Si siede su una sedia a riposare intanto riflette sul da farsi.
«Non posso aspettare Lorenzo, le bestiacce sono là di fronte che guardano impazienti di tornare qua appena me ne vado, e non ho voglia, tempo e forza di ricominciare da capo, devo risolvere adesso.»
Tenendo d’occhio le bestie che non si sono mosse, continuano a fissarla e sembrano dire: «Grazie, che bella pulizia hai fatto! Complimenti! Hai finito? Quando possiamo tornare?», decide: «Il repellente non mi dà troppo affidamento, alla fine finisce l’effetto e questi ritornano, ci vuole qualcosa di definivo; meglio le asticelle con le punte.»
Va a prendere un tubetto di colla molto potente che per fortuna tiene in casa per ogni evenienza, indossa un paio di guanti in lattice, sale sulla scaletta e incomincia.
All’improvviso, la vicina del palazzo di fronte, Mariangela, che la sta osservando da questa mattina, e ha capito cosa sto facendo, la chiama con la sua voce stridula e acuta:
«Mafalda, ti raccomando, mettile ben vicine le liste, non lasciare spazi tra una e l’altra, altrimenti quelle bestie riescono a infilarsi; ho avuto lo stesso problema mesi fa.»
«Tranquilla, preparerò un bel letto da fachiro» risponde Mafalda tranquilla.
Infatti, è così, ora non c’è più nessun accesso e Mafalda, sudata e stanca come non mai, guarda ancora una volta il lavoro appena fatto con aria soddisfatta, lancia un ultimo sguardo di sfida ai piccioni, ripone tutti gli attrezzi, e, dirigendosi verso la doccia, sospira: «Sono stanca morta, sono messa proprio male e, a parte san Francesco ed io, non penso ci sia nessun altro che parla con gli animali; una cosa è certa, fare la casalinga, specialmente se non hai uno “straccio” di uomo accanto, è veramente complicato, difficile e faticoso!»
L’operazione “bonifica” ha avuto successo, i piccioni sono scomparsi e Mafalda è pronta ad affrontare con fiducia i prossimi problemi che la vita avrà in serbo per lei.
Matilde Falco - 20 agosto 2013
Mafalda - Storia di una casalinga disperata. testo di capricorno