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Non era mai salito a bordo di quel treno.
Aveva lasciato che fosse il suono dei binari, da fuori, ad indirizzarlo sulla destinazione,
Si era sempre chiesto dove portasse, chi ci salisse a bordo,
e aveva paura che qualcuno, da quei sedili, non facesse ritorno.
Aveva notato, il rosso della rugine sulle rotaie dei porta merci,
li aveva visti barcollare, le insegne di carta fare i capricci.
Si domandava, dalla spiaggia del suo lido,
perchè a bordo non avesse il coraggio di stare
se questo fosse un privilegio o la peggiore delle sventure.
E un giorno si rispose, risoluto, che avrebbe dovuto provare.
Così raggiunse la stazione, su una macchina rubata,
mise in spalla uno zainetto e proseguì lungo la strada.
Deserto gli parve, quella stazione,
c'era un solo vecchietto, al bar, dietro al bancone.
Gli porse un caffè, che era marrone,
triste come il mondo, silenzioso e inodore.
Vuoto si sentì, davanti alla tazzina sbeccata,
e riconobbe il suono del treno che arrivava alla fermata.
Corse, veloce, lanciò i soldi all'anziano.
Cadde, a peso morto, sul sedile squarciato,
e si guardò intorno, un euforia bambina,
era sul treno, e non aveva paura di una mina
si sentì vivo, per quel viaggio in solitaria;
il finestrino aperto gli donava respiro,
e una donna, lontana, cantava di un dolce ritiro.
Non aveva finito quel caffè,
amaro e crudo come la morte,
il vecchio barista non gli aveva chiesto come fosse
Ma disse al suo zainetto che andava bene lo stesso,
che vedeva il suo lido, scorrere via, lontano
che non era straziato, impaurito,
al contrario sereno, a tratti divertito
Viaggiava anche lui, non sapeva per dove,
e spariva altrettanto, quel vuoto marrone
Un abbraccio forte, del tutto bonario
e il resto fuori,
dal distrutto binario.