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Fu una donna a incrinare la sua corazza di cemento.
Era un medico, e questo era già un universo intero. Non era solo il mestiere, ma la sua essenza: una che aveva passato la vita a ricomporre pezzi rotti, corpi, cuori, storie, senza mai attendersi un grazie, tanto meno una ricompensa. Portava addosso il peso inconfondibile di chi conosce la vera fatica: il silenzio ovattato e sfiancante dei corridoi d’ospedale dopo mezzanotte, la furia cieca e ingiusta dei giorni storti, ma anche l’improvvisa, lacerante gioia del sorriso di un sopravvissuto. Aveva navigato mari di dolore e di speranza, e aveva visto più arcobaleni di quanti potesse contare, ciascuno pagato con la stanchezza profonda dell’anima.
Gli raccontò non una teoria, ma una ferita: la perdita di un amico, morto troppo presto. Non era un racconto per commiserazione, ma per insegnamento. Gli confidò come quell’uomo, prima di andarsene, l'avesse costretta a guardare il mondo da un angolo diverso, più spoglio e più profondo, un luogo dove le cose non chiedono di essere afferrate e possedute, ma semplicemente comprese nel loro fluire. Non diede a questa cosa un nome altisonante. Nessun dogma, nessun indottrinamento, nessuna bandiera. Solo la silenziosa, difficile necessità di un cammino interiore, un varco che si apriva solo nel momento esatto in cui si smetteva, finalmente, di opporre resistenza al dolore.
Quella notte, Loris tornò nella sua stanza come chi rientra non in una casa, ma in un tempio sconosciuto e temuto. La libreria di pietra lo attendeva, come sempre, non solo immobile ma ostinatamente muta, specchio della sua stessa testardaggine. E in quell’angolo basso, il bagliore era di nuovo lì.
Loris non la interpretò come una luce religiosa, né come una facile visione mistica. La percepì come un’eco della sua vita non vissuta.
Era una chiamata che aveva paura di riconoscere.
Una piega segreta del mondo e del tempo che si allinea soltanto quando si è così svuotati dalla disperazione o così traboccanti di vita da essere in grado di scorgerla.
Sedette a terra, il peso della sua intera esistenza premeva sulla schiena. Inspirò lentamente, lasciando che l’aria pesante della stanza entrasse nei suoi polmoni. E, con una fermezza che non sapeva di possedere, sussurrò al silenzio: “Basta scappare da me stesso.”
La luce tremò, come se la stanza stessa, e l’ostinata libreria, avessero compreso la portata di quella resa.
Fu in quell’istante che Loris smise di essere semplicemente un uomo che si era aggrappato alla sopravvivenza e divenne qualcosa di radicalmente diverso. Non un santo, non un illuminato che aveva trovato la risposta. Ma un uomo che, con uno sforzo immane eppure liberatorio, si era trascinato oltre la riva rocciosa della propria vecchia esistenza per intraprendere un altro, incerto pezzo di strada.
Uno che finalmente si era dato il permesso di respirare.
Uno che si abbandonava senza difese al suo fiume interiore, dove le verità non si urlano per farsi sentire, ma emergono dolcemente, da sé.
Quella fessura di luce non gli aveva promesso la salvezza o la fine delle sue pene.
Gli aveva promesso solo un passaggio oltre il muro.
E, per Loris, questo era, finalmente, più che sufficiente.
2025