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Celo dietro le luci dei lampioni sguardi amari. Se fossi cencio, rondine al ritorno, acqua che scorre dalle fontane, in un angolo di una via remota, saprei che i bagliori sulla collina mi stanno parlando.
Non rinnego questo agosto che non scalda, rinnego di non essere angelo che tocca i tetti con i piedi.
Ma non avverto l’odore di alibi mai mostrati per dirmi che l’abbandono esiste.
Piango perché mi dissi addio, addio ai piedi scalzi sulla ghiaia, a sentire ogni singolo sasso sulla pelle nuda, addio a me stessa.
Non sono mai rincasata: nascosta dietro fumo, cenere che vola in alto.
Sento lo sterno che si comprime nel pensare che non ci sarei stata in questo agosto che non mi scalda.
[…]
Ora una falena falciata dalla luce della luna, i comignoli zitti, un libro di poesie mai aperto– tutto ciò che è lì aspetta che ritorni.
Mi dissi di ritornare, ma il ritorno è un io che muove i suoi passi all’indietro.
Mi cucio addosso gli amori finiti, i tentativi di fuga, ma non esiste una fuga, non esiste un ritorno.
Esiste uno stare, con i piedi a mollo, nell’acqua sapendola navigare nei quattro giorni prima dell’abisso.