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La guardavo, la ammiravo, riuscivo a cogliere ogni dettaglio del suo viso, sembrava disegnata. I lineamenti al posto giusto, il colore degli occhi della giusta tonalità, le sopracciglia perfettamente disegnate, le labbra piene e carnose, i capelli biondi leggermente ondulati a fare da cornice, gli zigomi alti e le lentiggini messe esattamente al posto giusto, quasi a voler completare quel quadro eccezionale, quasi come fossero la firma dell’artista. Era bella anche dentro, simpatica, educata e giusta nei modi, empatica, si ambientava bene nei contesti sociali, mai una parola di troppo, mai un eccesso, era perfetta. La guardavo, e più lo facevo più mi rendevo conto di quanto fosse esattamente ciò che tutti avrebbero desiderato, più lo facevo e più mi rendevo conto di quanto fossi fortunato, di quanto la vita stesse tentando di aiutarmi, di quanto il destino mi stava dando una nuova possibilità tendendomi la mano, più lo facevo però più mi rendevo conto di quanto a me la perfezione non piacesse, di quanta stima provassi nei suoi confronti, di quanto però alla volte le fossi indifferente, di quanto la considerassi così lontana da me, senza un punto di intersezione che potesse effettivamente legarci, di quanto stessi provando a convincermi che mi piacesse davvero. Più la guardavo e più mi rendevo conto di quanto non fosse semplicemente lei e di quanto la sua mancanza mi stesse logorando.