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Una palla di metano..
Forse di metallo.
Noia e cosmo che si danno la mano
Che danno il danno
–L' empio danno, immane-
lo donano,
si dannano, lodano e si danno
Danno il danno che hanno tutte le cose in cambio
Che gran danno le zanzare e le femmine celesti che ronzano attorno al paradiso!
In differente modo lo fanno, ma sono ognuno e a loro modo il nodo indifferente dell’ eternità slegata, il nido dell’ assenza, nodo marinaio di speranza
Un marginale bordo gronda di infinito
Come fosse membrana di luce mi commuovo
Dermatiti di infelici raggi svaniti al tempo, prudori di fede che scorticano poesia, pudori e vagiti di un universo a me riflesso che spella l’ anima fino all’ osso, fino quasi a farne carme d’ amore, fino quasi a farmi carne di Dio
Come fossi il loro trasmettitore non trasmesso a nessun segnale, non connesso
Magnetici campi che si infiorano di gerani sulla pelle affiorata di fiori di poesia e ai campi d' anima sterminati vanno come su di un campo di concentramento
Concentrazione di qualcosa, qualcos' altro che non è..
Illusioni magnetotermiche
Che mi fanno simile e prossimo ad un accampamento
Verruche che stanno come all' ombra sulla mia pelle stese
Quasi come fossi un foulard al vento mi dono a loro e raffiche di luci mi percuotono.
Mi penso, declino di me stesso
Mi peso, io senza peso..
Io,
Momento angolare di ogni momento
Io,
forza metallo
Oro che è prezioso cardine perché non luccica di stelle ma si zela di speranza
Metallo muscolare e vertice dell' anima rapita al corpo
Metallo di me tarlo
conduttore di calore, conduttore di un programma che non fa ascolti, che non fa sconti a nessuno
fa che nessuno ascolti la mia sola voce e la mia sola croce
Nell' indissolubile silenzio degli atomi mi è Dio nucleo, centro e sera d' anima, fulcro dell’ attimo che attende d’ essere parentesi del sè infinito breve