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Appesi le chiavi al terzo gancio, il cappotto al terzo appendino e mi lasciai cadere sul terzo cuscino del divano, come sempre. Questa era la mia vita: pateticamente prevedibile.
A scanso di equivoci: non avevo problemi con la prevedibilità. Ne sarei stata felice se mi avesse dato abbastanza soldi per pagare le bollette, affittare un appartamento più grande e, ogni tanto, comprare qualcosa di carino… niente di tutto questo. Ma cosa potevo farci? Era qualcosa che andava oltre il mio controllo.
Non mi resi conto che era la vigilia di Natale finchè non accesi la TV: gli speciali natalizi riempivano tutti i canali. Non riuscivo a sopportare di vedere attori dei tempi della Seconda Guerra Mondiale cantare di un "Bianco Natale", o un uomo d'affari di successo trasformato in Babbo Natale. E poi non c'erano regali, sotto l'albero. Diavolo, non c’era nemmeno l’albero. Come prevedibile, la vita si era presa anche quello.
Spensi la TV, presi il telefono e continuai a far scorrere i messaggi, finchè non mi addormentai.
Feci sogni infestati da regali impacchettati. Reagivo aprendoli furiosamente, uno dopo l'altro, solo per scoprire che erano tutti vuoti. Continuavo ad aprirli, augurandomi disperatamente che almeno uno contenesse qualcosa per me; nel turbinio di carta da regalo strappata, ne emerse uno a grandezza naturale. Sapevo che voleva che lo aprissi. Mi chiamava, ripetendo il mio nome più e più volte.
Mi risvegliai all’improvviso, scuotendomi dal sonno, sentendo pronunciare il mio nome: una voce profonda, una voce maschile. Sobbalzai. Davanti a me c'era un uomo corpulento che indossava un abito bizzarro con stampe raffiguranti libri disposti a casaccio su una libreria, un camino in mattoni, una finestra e un cestino. Scossi la testa e gli diedi una seconda occhiata: il suo abito riproduceva esattamente il mio soggiorno.
Provai ad urlare ma non ci riuscii. Riprovai, ma riuscii solo a sentire il mio respiro.
"Non serve a niente. Nessuno può sentirti tranne me."
Stavo ancora sognando? Non poteva essere. Controllai la porta: era ancora chiusa a chiave. Controllai le finestre, prima di rendermi conto che vivevo al ventunesimo piano, e senza balcone. Allora feci l'unica cosa che mi restava da fare: mi diedi uno schiaffo.
"Per favore, non farlo." Fece una smorfia. "Detesto vedere pizzicotti, schiaffi, sfregamenti degli occhi fino a farli bruciare... è tutto così inutile."
Era reale. Il bruciore della guancia lo confermava. Allora perchè non avevo paura di lui? Chi era questo tizio?
"Se non sto sognando, dimmi come sei entrato nel mio appartamento."
"Non è importante, e comunque non mi crederesti." Fece una pausa. "Beh, potresti anche credermi, ma non potresti capire, visto che infrange ogni legge del tuo mondo." Tirò fuori una borsa da dietro la schiena. Anche quella si adattava perfettamente al mio soggiorno, come un camaleonte, rendendola difficile da vedere. Ci frugò dentro, cercando qualcosa. "Sono qui perchè è ora che tu riceva il tuo regalo." Tirò fuori un piccolo pacchetto incartato.
"Che cos'è?"
"Bisogna aprirlo per scoprirlo."
Il sospetto crebbe. "Perchè non puoi dirmelo tu?"
"Rovinerebbe la sorpresa."
Immagini di ragni, gas velenosi, topi e serpenti mi riempirono la mente. Questo intruso si aspettava forse che mi fidassi di lui?
"Preferisco di no." Mi accorsi che lo avevo messo in difficoltà, ma si riprese subito.
"Posso sedermi?"
Feci un cenno verso il mio divano. Rimasi a guardare con stupore mentre l'abito cambiava da caminetto e libri a divano a quadri.
Una volta seduto, si voltò verso di me. Il suo sguardo mi fece sentire di nuovo bambina. "È tuo: puoi ignorarlo se vuoi, ma non puoi rifiutarlo. Una volta donato diventa parte di te, parte del tuo DNA. Nessun rimborso. Nessun cambio."
"E se non lo volessi? Non posso scegliere?"
"Perchè ti comporti come se ti avessi offesa? Non crederai mica di avere il controllo della tua vita." Sorrise. "Vero, Nora Banks?"
Mi conosceva, e non ne fui sorpresa. Mi sembrava di conoscerlo fin dall'infanzia. Incrociai il suo sguardo e lo guardai davvero: sembrava innocuo e spaventoso, allegro e triste, spensierato e saggio. Continuava a cambiare aspetto, da quello di un vecchio a quello di una divinità greca.
Presi la piccola scatola decorata dalle sue mani. In un primo momento pesava quanto un sasso, e un attimo dopo era leggera quanto il mio telefono. La sensazione mi lasciò senza fiato. La spostai da una mano all'altra, sperando che il regalo si stabilizzasse su un peso costante. "Non riesco a capire se è pesante o leggera. Com'è possibile?"
"Potresti rendere il tuo dono pesante, ma spero che tu lo renda leggero. Le persone con un dono leggero lo apprezzano di più."
Ero io che ne determinavo il peso? Com’era possibile? E se ci riuscivo, perchè non potevo rifiutarlo?
"Quindi ora ne ho io il controllo?"
"Certo che sì."
"Ma che dire del fatto che non ci sono rimborsi o cambi?"
"Sei tu a controllare cosa fai con il tuo dono. Sei tu a decidere se il tuo dono è un peso o una benedizione. Resterai sorpresa da quanto controllo hai."
Studiai il vecchio/dio greco, seduto nel suo costume camaleontico. Per qualche inspiegabile ragione, decisi di fidarmi di lui.
"Questo cambierà tutto?" Indicai il mio appartamento.
"No. È solo un dono. Tu sei l'unica che può cambiare la tua vita. Forse userai questo dono per cambiarla, ma il dono fa solo ciò che tu gli dici di fare."
Il risentimento ribolliva dentro di me. Mi stava incolpando per come era andata la mia vita? Glielo leggevo in faccia. Che ingiustizia! Credeva davvero che avessi scelto io di vivere in questa topaia? Che avessi scelto io il mio schifoso lavoro? Che avessi scelto io di stare da sola?
"Quindi è tutta colpa mia?"
"Non ho detto questo."
"Lo hai insinuato."
"Esistono poteri in grado di spingerti in situazioni indesiderabili. Ma tu hai un potere più grande dentro di te: puoi reagire. Puoi cambiare la tua situazione."
"Vediamo se ho capito: non mi stai dando la colpa per essere qui, ma solo per essere ancora qui?"
Lui rise. Una risata allegra, simile a un'altra risata popolare nel periodo natalizio.
"Sei speciale. Sei molto sveglia. Mi è sempre piaciuto questo di te." Si alzò. "Devi scusarmi, ho ancora qualche tappa stasera."
"Aspetta… non vuoi restare mentre apro il mio regalo?"
"Non funziona così: anche se restassi, io non potrei vedere il tuo dono. Solo tu puoi vederlo. Anche se vedo ogni percorso che il tuo dono potrebbe farti intraprendere."
"Cosa vuoi dire?"
Tornò al camino. "Potrai portare il tuo dono quasi ovunque: alcuni sentieri saranno oscuri e tetri, altri luminosi e felici, e ce ne sono centinaia nel mezzo. Li posso vedere, ma non riesco a vedere quale sceglierai. Comunque, se posso darti un suggerimento, scegline uno luminoso e felice."
Mi sorrise, e aveva l'aspetto di un vecchio. Mi guardò dall'alto in basso, e improvvisamente assunse quello di un dio greco. Gli sorrisi di rimando, e rabbrividii nel vedere il suo abito cambiare e riflettere il mio caminetto, al punto tale che non riuscii più a vederlo. Mi alzai e andai verso il camino: se n'era andato.
Tornai al divano e vidi il mio regalo sul terzo cuscino, dove l'avevo appoggiato: sempre il terzo cuscino, sempre prevedibile.
Lo presi, e lo spostai sul cuscino centrale.
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Questo è il 93° testo che pubblico qui: ho intenzione di arrivare a 100, e poi smetterò. Non ho intenzione, almeno per il momento, di cancellare il mio account, nè di eliminare i testi: che rimarranno lì, se qualcuno un giorno vorrà leggerli. Ma ho raggiunto il mio obiettivo, e non saprei cos'altro scrivere. Davvero.
Mi sono registrata qui con lo scopo di imparare il meglio possibile la vostra lingua: inizialmente per ragioni personali (mio marito parlava perfettamente l'italiano, e ho anche vissuto per circa due anni e mezzo nel vostro paese, che è semplicemente magnifico, forse il luogo che amo di più al mondo dopo la mia Finlandia: accidenti, mi sono persino sposata lì, in una cornice da favola), poi perchè ho mantenuto alcuni amici/che in Italia, e infine perchè mi è sempre piaciuto imparare nuove lingue. Ma a costo di apparire presuntuosa, credo di essere ormai arrivata persino oltre quelle che erano le mie aspettative iniziali: e questo grazie anche (soprattutto) a tutti voi, e tutti gli utenti del sito in cui mi ero iscritta in passato (quando il mio matrimonio andava a gonfie vele... un'era geologica fa). Ho ancora qualche difficoltà nella costruzione di alcune frasi, e ancora non conosco ovviamente molti termini, ma ormai so come aggirare questi ostacoli, quando li incontro. Adesso vorrei ripetere il percorso fatto con l'italiano con la lingua francese: sarà più lungo e complicato, perchè non avrò gli aiuti di cui ho potuto usufruire con l'italiano, ma ci voglio provare. Non parto da zero, ho già una discreta conoscenza, che desidero perfezionare.
Ho provato a scrivere di tutto, in tutti i modi possibili: alcune ciambelle sono uscite con il buco (dite così, giusto?), altre meno, ma questo è inevitabile. Ringrazio tutti coloro che mi hanno mandato messaggi privati per indicarmi le correzioni (alcuni implacabili: vero ioffa?), e tutti quelli che mi hanno fatto rilievi e/o osservazioni, in pubblico e non: è l'unico modo per migliorarsi, come fai ad imparare se nessuno ti dice dove sbagli? Qualche volta ho recepito i suggerimenti, altre volte non l'ho ritenuto necessario, ma è stato utile comunque. Perciò, grazie. Ho intenzione di frequentare ancora AdC, anche solo per leggere, altrimenti perderei quanto imparato... ma naturalmente non con l'assiduità di prima. Mi mancherà proprio il tempo materiale per farlo.
Oh beh, non sono mai stata molto brava in queste cose, ma... grazie a tutti, di nuovo. E come disse Tom Hanks, in "Apollo 13"...
"Signori... volare con voi è stato un privilegio."
(Ehi... mancano sette racconti, divertiamoci ancora un po'!)