Il marito

scritto da Barbara.18
Scritto 3 mesi fa • Pubblicato 3 mesi fa • Revisionato 3 mesi fa
0 0 0

Autore del testo

Immagine di Barbara.18
Ba
Autore del testo Barbara.18

Testo: Il marito
di Barbara.18

Il marito

 

 

 “Tuo marito? Tutto bene?”

La vicina di casa era curiosa, a Miriam non dispiaceva la sua curiosità, per lei era una forma di interesse e l’interesse, comunque fosse e per qualunque ragione si manifestasse, la lusingava.

“Sì, sì, tutto bene. E’ appena ripartito, torna fra quindici giorni, stavolta, perché deve fare un viaggio di lavoro”.

La vicina trovò esaustiva la risposta di Miriam, e si ritirò nel suo bilocale più resede con l’aria soddisfatta.

“Vieni Russel, rientriamo. Fa un certo freschetto a quest’ora, meglio mettersi in poltrona, davanti alla tv, con un bel plaid sulle gambe”.

Russell roteò le orecchie verso un rumore che proveniva dalla casa.

“Gigio… è lui, sta rovesciando qualcosa. Vuole mangiare, dai Russel, andiamo a domare la fiera”.

Russel la seguì trotterellando, era un gatto anziano ma aveva ancora qualche guizzo di gioventù che veniva fuori nei momenti più inaspettati. A Miriam sembrava che succedesse soprattutto quando scattava il confronto con Gigio, il gattino di tre mesi che aveva adottato da poco. Praticamente un rivale per il vecchio Russel, che pareva voler dimostrare di avere conservato una certa agilità giovanile.

Gigio aveva tirato giù una pila di libri da una mensola in cucina, forse camminandoci in mezzo per acchiappare un’improbabile preda.

“Ecco, lo sapevo! Gigio, sei piccolo ma peggio di un tornado”. Miriam raccolse i libri e li dispose di nuovo sulla mensola, Gigio e Russel giocavano con un pupazzo di stoffa, mentre nel cielo sopra di loro il tramonto lasciava spazio alla notte autunnale.

“Ecco, qua, disastro rimediato. Bene, ragazzi, ora ci mettiamo tutti comodi in poltrona”.

Squillò il telefono.

Era Marilena, sua cugina.

Voleva sapere questo e quello mentre cinguettava delle ultime imprese del marito e del figlio. Alla fine del lungo discorso, che Miriam aveva ascoltato senza interrompere, tirò fuori il vero motivo della telefonata: Gianni? Come stava, quando tornava, come andava il lavoro…perché lei, purtroppo, non poteva parlarci visto che avevano litigato ben sei anni prima e non si erano ancora riappacificati. Tutto per i soldi, la vendita di quella casa di famiglia andata storta. Non poteva parlarci ma non gli voleva male, le interessava sapere sue notizie e, chissà, magari un giorno avrebbero fatto pace.

“Oh, lo sai, lui sta bene quando lavora. Sì, sì, torna ogni venerdì sera e riparte la domenica. Come sempre, solo che è stanco. Ci sentiamo, Mari, ora ho il latte sul fuoco, devo proprio salutarti”.

Che lei fosse intollerante al lattosio Marilena non lo ricordava di certo: il latte che stava per versarsi sul fornello era un’ottima scusa, a quell’ora della sera, per chiudere quella telefonata prima che Miriam perdesse la pazienza. Sua cugina sapeva essere davvero petulante, a volte.

La tv mandava in onda il suo telefilm preferito, un giallo con una buona dose di humor, proprio come piaceva a lei. Mentre Gigio e Russel si contendevano il posto sulle sue ginocchia,

Miriam si godeva il casalingo relax di quel momento, così intimo e sereno.

Quando qualcuno le chiedeva se le pesava la solitudine, con quel marito che lavorava in un’altra città e tornava solo il venerdì, rispondeva che ci si può abituare a tutto e che lei era capace di stare sola, anche in una casa così grande.

“Come fai, con questo silenzio? Io non potrei, avrei paura”.

Miriam poteva temere tante cose, ma certo non il silenzio.

Non aveva bisogno del rumore o del mormorio della gente intorno per sentirsi meno sola.

Alla tv stavano trasmettendo le notizie sul meteo quando riaprì gli occhi.

“Mi sono addormentata…accidenti, praticamente non ho visto il finale. Sarà meglio che vada a letto, a questo punto”.

Russel e Gigio dormivano già sul divano, erano un invito al sonno.

Si trascinò su fino alla camera da letto, vinta da un piacevole senso di stanchezza, e si lasciò andare ad un sonno profondo e scuro, come la notte intorno.

Alle sette e quaranta suonò la sveglia, come al solito. Miriam si alzò con gli occhi ancora chiusi, infilò le pantofole e scese in cucina a prepararsi un caffè. Doccia, pappa ai gatti, un rapido esame ai vestiti nell’armadio per decidere quale indossare, ed era pronta ad affrontare l’ufficio.

Lavorava part time, solo la mattina, andava d’accordo con la collega e il principale non era poi malaccio. Non aveva di che lamentarsi.

Uscendo lanciò un’occhiata al giardino: un manto di foglie rossastre aveva già coperto il vialetto e le aiole. L’autunno era anche questo, dopotutto. Nel pomeriggio avrebbe pensato a liberare almeno il vialetto da tutte quelle foglie. Il rastrello era quello di suo padre, la faceva sentire bene sapere che usava qualcosa che era appartenuto a lui.

La mattinata scivolò via senza intoppi, tutto nella più piatta normalità.

Una volta a casa, mangiò in religioso silenzio il pranzo preparato la sera prima e, dopo un breve riposo sul divano, uscì in giardino.

Il rastrello era nella casetta degli attrezzi, lo prese con delicatezza, come fosse una reliquia, e cominciò a pulire il vialetto.

“Miriam, sei al lavoro? Eh, le foglie in questo periodo…ne so qualcosa, non faccio altro che pulire.”

Elena portava a spasso il cane sempre alla stessa ora, passava davanti al giardino di Miriam e se la trovava fuori coglieva l’occasione per fare due chiacchiere. Vedova e senza figli, non aveva nessuno con cui parlare, a parte Bobby, il cane. In casa, intavolava lunghe discussioni con lui. Fuori, approfittava della presenza dei suoi simili per conversare, più o meno amabilmente. Bobby, ne era convinta, poteva capire.

“Elena, sì, sto facendo pulizia. Vuoi entrare a bere un caffè?”

“Oh, no, non vorrei disturbare…Bobby, no, fermo!!

Bobby era entrato in giardino e si era diretto sotto l’albero del cachi per scavare furiosamente.

“Non preoccuparti, non è grave.”

“Invece sì, la deve smettere una buona volta.”

Elena afferrò il cane per il collare e lo trascinò fuori a fatica. La scena si ripeteva ogni giorno, le due donne, poi, ne ridevano insieme, anche se Miriam a volte nascondeva a fatica un certo fastidio.

Di solito, per farsi perdonare, Elena portava a casa il cane e poi tornava con qualche manicaretto sfizioso per la sua amica. Le piaceva in particolare fare dolci, le sue torte erano famose in tutto il vicinato, anche Miriam ne andava ghiotta. Elena lo sapeva e ne approfittava per chiedere scusa per il suo Bobby nel modo che credeva migliore.

Era una delle poche persone con le quali aveva stretto, se non una vera e propria amicizia, perlomeno rapporti amichevoli. La donna si era trasferita da poco in città, e soffriva ancora, come lei all’inizio, di una nostalgia struggente per il paesino dal quale proveniva. Non le aveva mai chiesto perché lo avesse lasciato, non era il tipo che si impiccia degli affari altrui. In quella piccola città dove lei e il marito, appena sposati, erano piovuti come meteore una seera di fine agosto di dieci anni prima, non era difficile trovare chi coltivava l’arte sottile del pettegolezzo. Anche per questo Miriam si teneva lontana, forse con qualche pregiudizio di troppo, da quella gente apparentemente così garbata. Non le costava molto, visto che non era particolarmente socievole. Nemmeno Gianni era un campione di socievolezza, si erano trovati così, sulla stessa linea, per così dire e avevano limitato i rapporti ai soliti “Buongiorno” e “Buonasera”, tenendosi strette solo le relazioni di lunga data che appartenevano, però, al paese e soffrivano per la lontananza.

Poco dopo il loro arrivo in quella cittadina, il marito aveva avuto una promozione dalla società per la quale, ed era stato trasferito in una sede più grande, a ben trecento chilometri di distanza. Questo aveva contribuito a fare di lui un nome, per la cittadinanza, più che una persona in carne ed ossa.

Entrambi i coniugi avevano accusato il colpo, all’inizio era stata contemplata l’ipotesi che Miriam lo seguisse ma lei non se l’era sentita: aveva fatto già un passo da gigante accettando di vivere in una piccola città, la metropoli era troppo per lei.

Era cominciata così la loro vita separata dal lunedì al venerdì, alla quale si erano ormai talmente abituati che sembrava loro normale stare insieme solo il fine settimana.

La sera era scesa giù dolce e inesorabile, come sempre in autunno. L’orizzonte indorato da un sole tiepido tingeva le case più lontane di un rosa pallido. Le giornate erano più corte ma a Miriam non dispiaceva, non amava la luce chiassosa dell’estate, sentiva più sua l’intima riservatezza dell’autunno che faceva calare il sipario sul giorno come una mano affettuosa chiude le tende di una camera dove riposa un bambino.

Dalla finestra lanciò un’ultima occhiata al giardino prima di chiudere le persiane, quasi le fosse difficile lasciarlo anche solo poche ore, in attesa del mattino.

Anche dopo aver chiuso la finestra, continuava a immaginare il suo fazzoletto di terra verde e immaginandolo vedeva il marito attraversarlo correndole incontro al ritorno dalla città. In autunno, poi, il cachi era pieno di frutti, Gianni ne andava ghiotto, aveva adorato anche la marmellata che lei aveva fatto quell’autunno di qualche anno prima, seguendo una delle solite ricette su internet. Era una gioia vederlo leccarsi le dita come un bambino goloso dopo averle ficcate nel barattolo.

Venerdì non era poi così lontano, suo marito sarebbe arrivato col sorriso sulle labbra, l’avrebbe abbracciata e lei come al solito lo avrebbe rimproverato per non averla chiamata durante il viaggio: non lo sapeva che stava in pensiero?

 In casa, poi, dopo cena si sarebbero avvolti nel plaid per raccontarsi tutto della settimana, anche i più piccoli dettagli.

Non doveva temere, quindi, la notte che si avvicinava e la trovava ancora sola: questione di pochi giorni e la notte sarebbe tornata amica.

Non considerava, non le sembrava necessario considerare, quel mucchietto di ossa nascoste nella buca scavata sotto il cachi. Quel cane forse le avrebbe trovate, prima o poi, forse sarebbe stato meglio cercare un altro posto prima che le prendesse come un bel regalo, ma a suo marito era sempre piaciuto così tanto quell’albero... cosa ne avrebbe pensato se lo avesse spostato?

 

 

 

 

 

 

 

Il marito testo di Barbara.18
2