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Dove Non Ho Nome – Viaggio di una Rinascita
Pagina 1 — Quando Non So Chi Sono*
(parte del diario poetico “Dove Non Ho Nome – Viaggio di una Rinascita”)
*Quando Non So Chi Sono*
Non so più come chiamarmi
quando nessuno ha bisogno di me.
Quando il giorno non chiede la mia voce,
e la notte non porta pianti da cullare,
resto…
come un nome scritto nella sabbia
prima che arrivi il mare.
Ero madre—
con le mani pronte,
con il petto casa,
con gli occhi che leggevano
fame, febbre, felicità.
Ero nonna—
la storia con le rughe dolci,
il rifugio sotto le coperte,
la risposta anche quando
nessuno domandava.
Ero insegnante—
fiera, inflessibile, paziente,
tra formule e silenzi adolescenti.
Davo ordine al caos,
risposte al dubbio.
Ora—
sono silenzio senza domanda.
Sono stanza senza passi.
Sono tempo senza urgenza.
Mi alzo lo stesso,
guardo fuori come
se il mondo sapesse
che dentro me qualcosa
si è rotto piano.
Ogni giorno mi chiedo
cosa potrei diventare
se non avessi paura
di scoprirmi.
Sento una voce
che non è figlio, né nipote, né alunno.
È mia.
Sommessa, incerta,
ma tenace.
Mi chiede chi voglio essere.
E io tremo,
perché non so rispondere
senza rubare parole al passato.
Non voglio più essere utile—
voglio essere viva.
Non voglio più “servire”—
voglio “sentire”.
Ma come si diventa
ciò che non si è mai stati?
Guardo le mie mani:
sono libere.
Guardo il mio cuore:
è stanco, ma sveglio.
E nel fondo di me
qualcosa canta piano,
una canzone nuova
che non conosco,
ma che forse
ha sempre aspettato me.
Camminerò.
Anche se inciampo.
Anche se indietro ho
lasciato nomi, ruoli, titoli
che mi davano senso.
Camminerò
verso un volto che ancora non ho visto,
ma che un giorno, allo specchio,
chiamerò “io”.
Pagina 2 — Quando Non So Chi Sono*
(parte del diario poetico “Dove Non Ho Nome – Viaggio di una Rinascita”
Non so più come chiamarmi
quando nessuno ha bisogno di me.
Quando il giorno non chiede la mia voce
e la notte non mi cerca per farsi cullare,
resto...
come un nome smarrito in mezzo al silenzio.
Ero madre,
ero guida,
ero casa.
Ora sono presenza che non si vede,
eco senza pareti,
tempo che si siede.
Mi vesto di giorni vuoti
e mi guardo le mani:
libere…
ma spaventate di toccare il nuovo.
Vorrei chiamarmi artista,
viaggiatrice, sognatrice,
ma ho paura
che quei nomi non mi riconoscano.
Che io li indossi e mi senta ancora nuda.
C’è una voce dentro di me,
una musica senza parole.
Non è il passato,
non è memoria,
è battito.
È qualcosa che pulsa
senza chiedere il permesso.
Cammino lungo il bordo
delle mie paure,
spio i desideri come
dietro una tenda,
mentre dentro—
una parte di me
ha già iniziato a sbocciare.
Non so chi sono
ma comincio a intuire
che in questa confusione
c’è un seme.
E io,
nonostante tutto,
sono terra che vuole accoglierlo.
Pagina 3 — Il Primo Gesto*
(dal diario poetico “Dove Non Ho Nome – Viaggio di una Rinascita”)
Mi sono svegliata più tardi,
non per stanchezza—
ma per ascoltare il silenzio
senza paura.
E il caffè era più amaro del solito,
ma non l’ho corretto.
L’ho bevuto così:
com’ero io.
Ho preso un libro
che non parla di figli,
né di scuola, né di ricordi.
Parla di luoghi che
non ho mai visto.
E l’ho letto ad alta voce,
come se volessi sentirmi vivere.
Ho aperto la finestra
non per arieggiare la stanza,
ma per guardare il cielo.
E mi sono chiesta se anche lui,
ogni tanto,
si senta vuoto eppure infinito.
Poi ho fatto una cosa
che non facevo da anni:
ho scritto il mio nome su un foglio,
senza ruoli, senza titoli.
Solo il mio nome.
E l’ho guardato a lungo,
fino a quando ha cominciato
a sembrarmi nuovo.
Non so se questo è un inizio,
ma è qualcosa.
È un fiore nato in una crepa,
un respiro più lungo,
una piccola, tenera rivoluzione.
Pagina 4 — Quel Quasi Nulla che Cambia Tutto*
(dal diario poetico “Dove Non Ho Nome – Viaggio di una Rinascita”)
Ho sfiorato l’idea di cambiare
con la stessa esitazione
con cui si tocca una ferita
per sentire se fa ancora male.
Non ho urlato rivoluzioni,
non ho preso a pugni il destino.
Ho solo scelto il silenzio
di una piccola differenza.
Ho camminato per una strada diversa,
non lontana—
solo mai scelta prima.
E il mondo sembrava lo stesso,
ma io…
io ero un battito più viva.
Ho tolto dalla libreria un libro
che non parlava di me.
Ma in fondo,
forse sì.
Ho scritto una frase
senza sapere a cosa servisse.
Ma mi ha fatto
compagnia per ore,
come un vecchio amico
che non ti chiede niente.
Ho guardato il mio riflesso
non per giudicare,
ma per ascoltarlo.
E mi sono accorta
che quel quasi nulla,
quel gesto impercettibile,
aveva incrinato la parete,
e dalla crepa filtrava luce.
Non ho ancora trovato me stessa,
ma ho smesso di evitarla.
Pagina 5 — Il Desiderio che Non Ho Più Vergogna di Avere*
(dal diario poetico “Dove Non Ho Nome – Viaggio di una Rinascita”)
C’è un desiderio che
mi abita, da tempo,
ma ho finto di non vederlo.
Lo tenevo nascosto
come un segreto indegno,
come si nasconde un amore tardi,
un sogno fuori stagione.
Non lo dicevo ad alta voce,
chi avrebbe capito?
Chi avrebbe preso sul serio
questa voglia che mi brucia,
ora che non ho più vent’anni
né doveri da compiere?
Eppure è lì,
si sveglia con me,
respira nel fondo della gola
quando guardo fuori
e penso che il mondo
non sia ancora tutto visto.
Voglio scrivere, forse.
O viaggiare da sola,
con lo zaino leggero
e la mente affamata.
Voglio sentire il corpo muoversi
non per dovere,
ma per gioia.
Voglio imparare qualcosa
che non serve a nessuno,
tranne che a me.
Non è grande questo desiderio,
ma nemmeno piccolo.
È mio.
E per la prima volta,
non chiedo permesso per volerlo.
So che il tempo mi osserva,
con occhi gentili ma impazienti.
E io—
io gli sorrido
mentre stringo
questo desiderio al petto
come una luce portatile
nella notte che ancora mi fa paura.
Pagina 6 — La Paura Quando Sembra Tutto Possibile*
(dal diario poetico “Dove Non Ho Nome – Viaggio di una Rinascita”
Ho fatto un passo.
Non un balzo,
non un salto nel vuoto,
solo un passo.
Ma il cuore ha tremato
come se stessi attraversando un abisso.
Avevo pensato
che desiderare fosse già rinascere,
che accendere una voglia bastasse
a illuminare la strada.
Invece oggi
la luce mi punge gli occhi
e la vertigine mi chiude la gola.
Mi domando se non sia troppo tardi.
Se non stia offendendo il passato
cercando un futuro che non conosco.
Se sia egoismo
scegliere finalmente me stessa
dopo una vita spesa
a essere tutto per gli altri.
Mi dico che è solo paura.
Ma la paura è brava a travestirsi:
da giudizio,
da prudenza,
da saggezza.
Eppure,
c’è qualcosa che resiste.
Una parte di me
che non torna indietro,
che non si lascia
più mettere in un angolo.
Oggi ho pianto
non per nostalgia,
ma per un coraggio
troppo grande
per restare nascosto.
E forse è questo,
il primo vero atto di rinascita:
non fingere che non fa paura,
ma scegliere comunque
di attraversarla.