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Tutti hanno uno scheletro nell'armadio; qualcuno anche più di uno. Ma nessuno è così scemo da non nasconderli per bene. Amanda Thornton, trentacinque anni, capelli corvini e occhi di giada, ripeteva questo mantra mentre fissava il suo vicino di casa, Joe Mancini, un uomo sulla cinquantina con una prominente calvizie e un ventre che traboccava dalla cintura logora.
"Non ne posso più, Amanda! Ogni dannata notte è la stessa storia!", tuonava Joe, il volto paonazzo e le vene del collo pulsanti come corde di violino troppo tese. "Rumori, rumori rumori... cosa diavolo combinate il pomeriggio?!"
Amanda, in piedi sulla soglia del suo appartamento, indossava una vestaglia di seta che accarezzava le sue curve sinuose. Con un sorriso enigmatico sulle labbra color ciliegia, rispose con voce melliflua: "Joe, forse dovresti farti una vita. O almeno, comprare dei tappi per le orecchie. La tua ossessione per i miei affari privati sta diventando... imbarazzante."
Le narici di Joe si dilatarono come quelle di un toro infuriato. "Tu... tu...", balbettò, troppo furioso per articolare una frase coerente. Con un ultimo sguardo carico d'odio, si voltò e sparì nel suo appartamento, sbattendo la porta con tale forza da far tremare i muri.
Amanda chiuse la propria porta con un sospiro di sollievo. Il silenzio dell'appartamento l'avvolse come un mantello confortante, interrotto solo dal ticchettio dell'orologio a pendolo nell'ingresso. Si diresse verso il soggiorno, una stanza arredata con gusto sofisticato, dominata da un ampio divano in pelle color crema. Affondò nei cuscini morbidi, godendosi la sensazione del tessuto fresco sulla pelle. Con movimenti lenti e deliberati, prese il suo smartphone dall'ultimo modello e aprì la chat con Kevin.
A: Ehi, bel tenebroso. Che fai di bello?
K: Penso a te, ovviamente. E tu?
A: Anche io penso a te. Molto.
K: Davvero? E cosa pensi, esattamente?
A: Oh, tante cose... Tutte molto poco innocenti. Vuoi un assaggio?
K: Non chiedo altro. Racconta, sono tutto orecchi.
A: Immagino le tue mani su di me, che esplorano ogni centimetro della mia pelle...
K: Continua...
A: Le tue labbra che tracciano un sentiero di fuoco sul mio collo...
K: Dio, Amanda, mi stai facendo impazzire. Dobbiamo vederci.
A: Forse si può organizzare. Che ne dici di un caffè domani?
K: Non vedo l'ora. Il solito posto?
A: Perfetto. Alle 15. Non farmi aspettare.
Amanda posò il telefono, il cuore che batteva più veloce, come un uccellino intrappolato in una gabbia troppo stretta. L'eccitazione per l'incontro imminente si mescolava a una strana inquietudine, come se una parte di lei sapesse che stava camminando sull'orlo di un precipizio. Lanciò uno sguardo alla foto sul tavolino: lei e Andrew il giorno del loro matrimonio, cinque anni prima. Gli occhi di suo marito sembravano fissarla con rimprovero dalla cornice d'argento.
Si alzò per versarsi un bicchiere di vino, quando un fruscio attirò la sua attenzione. Uno strano foglio era stato infilato sotto la porta d'ingresso. Con il cuore che accelerava, si avvicinò e lo raccolse. Era un biglietto, composto da lettere ritagliate da giornali e riviste, come nei vecchi film noir che tanto amava. Il messaggio, tuttavia, non aveva nulla di romantico:
"SO TUTTO. È ARRIVATA LA TUA ORA."
Un brivido gelido le percorse la schiena. Chi poteva averlo mandato? Joe, il vicino ficcanaso? Uno degli amanti passati? O forse... no, era impossibile che Andrew sapesse qualcosa.
Amanda accartocciò il biglietto e lo gettò nel cestino, cercando di scacciare il senso di inquietudine che l'aveva assalita. Doveva solo essere più cauta, si disse. Niente più incontri in luoghi pubblici, niente più rumori molesti il pomeriggio.
Il giorno seguente, il café nel centro della città era un brulicare di voci e il profumo del caffè appena fatto saturava l'aria. Amanda, seduta a un tavolino appartato, scrutava la folla con occhi da predatore. Indossava un abito nero aderente che metteva in risalto la sua figura slanciata, attirando sguardi ammirati.
Fu allora che lo vide: Kevin era uno spettacolo di uomo. Alto, spalle larghe, capelli castani arruffati con studiata noncuranza e occhi di un azzurro intenso che sembravano penetrare nell'anima.
"Amanda?", chiese con voce profonda, avvicinandosi al tavolo.
"Kevin", rispose lei, sentendosi improvvisamente senza fiato. "Finalmente ci vediamo, stavo impazzendo "
Lui si sedette, emanando un'aura di sicurezza che Amanda trovò irresistibile.
La conversazione fluì naturalmente, passando da argomenti leggeri a confessioni più intime. Il vino rosso scorreva nei bicchieri, denso come sangue.
"Sai, Kevin", disse Amanda, la voce leggermente impastata dall'alcol, le dita che giocherellavano con lo stelo del bicchiere, "mio marito... è come se non esistessi. Mi sento invisibile, come un fantasma nella mia stessa casa."
Kevin la guardò intensamente, incoraggiandola a continuare. I suoi occhi brillavano di una luce che Amanda non riusciva a decifrare completamente.
"Ma ho una strana sfortuna con gli uomini che incontro", proseguì lei, un'ombra di tristezza negli occhi verdi. "Dopo una notte di passione, spariscono nel nulla, come inghiottiti dalle tenebre. È... inquietante."
Kevin sembrò riflettere su queste parole per un momento, un'espressione indecifrabile sul volto scolpito. Poi, come scuotendosi da un pensiero molesto, cambiò argomento con un sorriso disarmante. "Beh, io non ho intenzione di sparire", disse, prendendole la mano. Il suo tocco era caldo, rassicurante.
Amanda si morse il labbro, esitando per un momento prima di confessare: "C'è un'altra cosa... Ho sempre avuto questa fantasia. Mi piace... mi piace farlo con i coltelli. Non per farsi male, ma per il brivido, capisci?"
Kevin la fissò per un lungo momento, poi annuì lentamente. "Capisco. È... interessante. Proveremo"
Quella sera, Andrew tornò prima del solito dal lavoro. Amanda era in cucina, intenta a preparare la cena, quando sentì le sue braccia circondarle la vita.
"Ehi, Amanda," sussurrò lui al suo orecchio, il suo alito caldo sul collo di lei. "Che ne dici di lasciare perdere la cena e andare direttamente al dessert?"
Le sue mani cominciarono a vagare, cercando di insinuarsi sotto la camicetta di Amanda. Lei si irrigidì, cercando di allontanarsi delicatamente.
"Andrew, io... ho un terribile mal di testa. Non me la sento stasera."
Il marito la lasciò andare, facendo un passo indietro. Il suo viso si contorse in una smorfia di frustrazione e delusione.
"Ancora? Amanda, è la terza volta questa settimana. C'è qualcosa che non va?"
Amanda si voltò, evitando il suo sguardo. "No, caro. Sono solo stanca. Il lavoro, sai..."
"Il lavoro," ripeté Andrew, la voce carica di sarcasmo. "Sempre il lavoro. O il mal di testa. O le tue emicranie. C'è sempre una scusa, vero?"
"Non è una scusa!" esclamò Amanda, sentendosi messa alle strette. "Cosa vuoi che faccia? Che finga di volerlo quando non è così?"
Andrew la fissò per un lungo momento, i suoi occhi scrutavano il viso di lei come se cercasse qualcosa. Alla fine, scosse la testa.
"No, non voglio che tu finga. Voglio solo capire cosa sta succedendo. Ci stiamo allontanando, Amanda. Lo senti anche tu, vero?"
Per un istante, Amanda sentì un moto di colpevolezza. Ma lo represse rapidamente. "Forse siamo solo in una fase di stallo. Passerà, vedrai."
Amanda si voltò verso Andrew, mordendosi il labbio. "C'è... c'è un'altra cosa di cui volevo parlarti. Il vicino, Joe. Oggi mi ha affrontata nel corridoio, urlando per i rumori notturni. Sembrava davvero arrabbiato. Sono preoccupata, Andrew."
Andrew la guardò per un momento, poi sorrise rassicurante. "Non preoccuparti per quel vecchio brontolone. Ricordati il detto: can che abbaia non morde mai. E così il nostro caro vicino... È tutto fumo e niente arrosto."
Amanda annuì, sentendosi leggermente sollevata. "C'è un'altra cosa..." Esitò un momento, poi raggiunse la borsa e ne estrasse un foglio accartocciato. Lo aprì e lo mostrò ad Andrew. "Ho trovato questo sotto la porta oggi."
Andrew prese il foglio e lesse il messaggio. Il suo viso si incupì per un istante, ma poi tornò rapidamente alla sua espressione calma. "Non dare peso a questi scherzi di cattivo gusto, Amanda. Probabilmente è opera di quel pazzo di Joe. Non lasciare che ti spaventi."
Amanda annuì, grata per la sua calma. "Hai ragione. Sono solo un po' nervosa ultimamente."
Andrew sospirò profondamente. "Lo spero, Amanda. Lo spero davvero." Si voltò per uscire dalla cucina, poi si fermò sulla soglia. "Sai che ti amo, vero?"
Amanda annuì, sentendosi improvvisamente soffocare. "Lo so," rispose, la voce poco più di un sussurro.
Le settimane passarono in un turbine di messaggi, incontri furtivi e passione crescente. Amanda si sentiva rinata, come se ogni incontro con Kevin le infondesse nuova vita. Finalmente, una sera di fine estate, Amanda decise di fare il grande passo.
"Vieni da me stasera", scrisse a Kevin. "Mio marito è fuori città per lavoro. Abbiamo la casa tutta per noi."
L'appartamento era immerso in una penombra carica di promesse quando Kevin arrivò. Amanda lo accolse sulla soglia, splendida in un negligé di pizzo nero che lasciava poco all'immaginazione.
"Benvenuto", sussurrò, attirandolo in un bacio appassionato.
Quando si separarono, entrambi ansimanti, Amanda gli fece l'occhiolino. "Dammi qualche minuto", disse con voce roca, dirigendosi verso il bagno. "Voglio essere perfetta per te."
Rimasto solo, Kevin vagò per il soggiorno, gli occhi che scrutavano ogni angolo come quelli di un investigatore sulla scena del crimine. Fu allora che la vide: una minuscola lente nascosta tra i libri su uno scaffale. Una telecamera. Un brivido gli percorse la schiena, gelido come un cubetto di ghiaccio lungo la colonna vertebrale. Cosa significava? Chi stava guardando? Forse Amanda voleva registrare il loro amplesso coi coltelli?
Non ebbe il tempo di riflettere oltre. Amanda tornò, splendida come Venere emersa dalle acque, e ogni dubbio svanì nella passione del momento. I loro corpi si intrecciarono sul letto king size, le lenzuola di seta un oceano in cui annegare. I coltelli che accarezzano pericolosamente i corpi pulsanti e sudati.
Il tempo sembrò fermarsi, fino a quando...
Lo scatto della serratura risuonò come uno sparo nella quiete della stanza. Andrew, il marito di Amanda, era sulla soglia, una figura scura contro la luce del corridoio. Alto, robusto, con occhi che brillavano di una furia gelida.
Amanda balzò in piedi, il terrore dipinto sul volto come una maschera grottesca. "Andrew! Non è come pensi... è la prima volta, te lo giuro!", gridò disperata, le parole che si accavallavano come onde in una tempesta.
Andrew non disse nulla. Con una calma terrificante, estrasse una pistola dalla giacca e sparò a Kevin, il cui corpo cadde dal letto con un tonfo sordo, come un burattino a cui fossero stati tagliati i fili.
Amanda rimase paralizzata, incapace di comprendere la scena che si svolgeva davanti ai suoi occhi. Andrew si avvicinò all'armadio e lo spalancò con un gesto teatrale: poi scostò una parete segreta, rivelando una raccolta macabra di ossa umane.
All'interno, allineati come macabri trofei, c'erano scheletri. Tanti scheletri, ognuno con un piccolo cartellino che pendeva da un osso.
"Vedi, cara", disse Andrew con voce gelida come il vento artico, "ho sempre saputo tutto. Ogni tuo tradimento, ogni tua bugia. Le telecamere non mentono mai."
Gli occhi di Amanda si spalancarono per l'orrore mentre la verità la colpiva con la forza di un treno merci. Non era stata sfortunata con i suoi amanti. Era stata lei a condannarli a morte con la sua infedeltà.
"Andrew... io... Io", balbettò, indietreggiando fino a toccare il muro freddo. Si sentiva come un topo in trappola, il cuore che martellava nel petto come se volesse sfondare la gabbia toracica.
"Oh, cara", disse lui, avvicinandosi lentamente, ogni passo un rintocco funebre. "Pensavi davvero che non mi sarei accorto? Che avrei accettato di essere umiliato così? Ogni uomo che hai portato qui, ogni bugia che hai raccontato... tutto è stato registrato."
"Ricordi il messaggio sotto la porta, cara?" Proseguì Andrew, un sorriso crudele sul volto. "Quello ero io. E ora di porre fine a questa pagliacciata che è il nostro matrimonio".
Gli occhi di Amanda si spalancarono per la realizzazione. "Tu... tu sapevi tutto fin dall'inizio?"
Andrew annuì, avvicinandosi lentamente. "Oh sì. Ogni dettaglio. Compresa la tua... particolare predilezione."
Amanda cercò disperatamente una via di fuga, ma Andrew bloccava l'unica uscita. Il suo cervello lavorava freneticamente, cercando di trovare un modo per uscire da quella situazione.
"Ti prego, Andrew", implorò, le lacrime che le rigavano il viso come rivoli di mascara nero. "Possiamo sistemare tutto. Possiamo ricominciare... Ti amo, lo sai!"
Andrew rise, un suono freddo e privo di umorismo che riempì la stanza come gas velenoso. "Ricominciare? Oh no, Amanda. Questo è solo l'inizio della fine. Sei stata una brava attrice, ma lo spettacolo è finito."
Quindi afferrò uno di quei coltelli con cui Amanda aveva fatto l'amore fino a poco prima. "So che ti piace giocare con questi, Amanda. Che ne dici se giochiamo insieme, un'ultima volta?"
Amanda cercò di scappare, ma Andrew fu più veloce, trasformando il corpo di Amanda, trafitto da ripetute e selvagge coltellate, in un'opera d'arte macabra.
L'ultimo pensiero di Amanda, mentre la vita la abbandonava, fu che aveva sottovalutato l'uomo che credeva di conoscere meglio di tutti. Aveva pensato di essere lei quella con gli scheletri nell'armadio, ma alla fine, l'armadio era di Andrew. E lei stava per diventare l'ultimo scheletro della sua collezione.
Il silenzio calò nell'appartamento, interrotto solo dal ticchettio dell'orologio a pendolo nell'ingresso. Andrew guardò il corpo senza vita di Amanda, poi si voltò verso l'armadio aperto. Con cura meticolosa, cominciò a preparare l'ultimo posto nella sua macabra collezione.
Tutti hanno uno scheletro nell'armadio; qualcuno anche più di uno. Ma Andrew Thornton aveva imparato a nasconderli meglio di chiunque altro.