Capri

Lo incontrai una notte a Capri. Il porto era silenzioso. Il mare era turchese anche se baciato dalla luna. In lontananza si potevano udire le canzoni popolari che regalavano all’isola il giusto tocco napoletano. Me ne stavo seduta ad osservare il mare infrangersi sugli scogli e le barche dondolare dolcemente. L’odore di salsedine era una delizia, unito ai profumi del cibo locale che ancora oggi porto nel cuore. Un leggero venticello contrastava il caldo di fine luglio. Quell’isola mi apparteneva. Solo in sua compagnia riuscivo a vivere. Solo il suo mare cullava i miei pesi. Stavo per andar via quando lo vidi: il colore dei suoi occhi ricordava la grotta azzurra, le sue braccia forti come i faraglioni, il suo sguardo luminoso come il grande faro di Capri. Stava legando la cima di una corda per tenere attraccata una barca. Doveva essere un marinaio. Quando posò il suo sguardo su di me, tutto si immobilizzò. Il fruscio del mare era l’unico suono che spezzava quel silenzio eterno fra me e lui. Ci leggemmo dentro in un istante. Non dicemmo neanche una parola perché le nostre anime stavano già chiacchierando. Per un attimo, solo per un attimo, volevo abbandonare tutto e fuggire via con quel misterioso marinaio dagli occhi blu. Le mie amiche chiamarono a gran voce il mio nome, mi stavano cercando per un bagno di mezzanotte. Il cuore mi diceva di non rispondere a quella chiamata, mi diceva di continuare quel viaggio in barca nei suoi occhi, ma tornai in me. Mi voltai verso di loro facendo un gesto della mano e quando rivolsi timidamente di nuovo lo sguardo sul marinaio, era sparito. Non lo incontrai mai più. Dopo quella notte, ho iniziato a credere alle storie sulla magica isola di Capri, dove forse avevo incontrato – seppur per pochi eterni secondi- l’altra parte di me.