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Correva l'anno 19...(così inizia di solito una storia). Avevo vent'anni. Mi trovavo in un paese della valle del Serio, Clusone, paese di origine di mio nonno paterno, oggi sviluppata cittadina turistica. Ero in vacanza, ma convalescente per un intervento invasivo di poliposi nasale (ne sarebbero seguiti altri due) oltre che sofferente di asma bronchiale allergica. Tuttavia il mio morale sotto terra non dipendeva solo dalle mie condizioni di salute, ma essenzialmente dal mio cuore a pezzi dopo avere abbandonato Carla, che per due anni aveva rappresentato per me una Dea dell'Olimpo, un amore adolescenziale senza confini, il sogno d'amore della mia vita. Ho detto abbandonato. Si, perché io l'ho lasciata dicendole "Carla, perdonami, ma piuttosto che soffrire in due è meglio che soffra uno solo. Libera potrai vivere felicemente la tua vita" Ma questa è tutta un'altra storia. Quel mese di luglio appena iniziato offriva solo giornate tristi piovose. In giro per il paese semideserto c'eravamo sotto lo stesso ombrello solo io e Antonietta , spigliata e intraprendente ragazza del luogo. Già, Antonietta, messaggera del destino. Finalmente una mattinata di sole. Domenica sette luglio ore dodici. Stavo salendo verso la piazza principale del paese per raggiungere il solito caffè sotto i portici idove solitamente mi trattenevo seduto ad un tavolino, malinconico e sconsolato, sorseggiando il mio "crodino" e meditando sulle mie penose vicissitudini, quando improvvisamente credetti di avere un'allucinazione. Notai seduti ad un tavolino una Signora ed un Signore distinti ed eleganti e fra loro una fanciulla. Mi parve una creatura discesa dal cielo, un'immagine soave. Graziosa, viso gentile, incorniciato da lunghi capelli biondo cenere, lo sguardo pudicamente abbassato. Indossava un grazioso vestito intero color azzurro cielo, sandaletti bianchi e guanti bianchi di pizzo. Stretta tra le mani la sua borsetta bianca. Giovanissima. Dimostrava 13/14 anni. La Signora e il Signore, entrambi di mezza età, avevano un aspetto austero. Saranno i genitori pensai, una famiglia di un certo livello sociale, il papà ha l'aspetto di un medico, certamente avranno un loro giro di amicizie, di frequentazioni, di ambienti. Difficilmente la potrò incontrare di nuovo in questo paese. Appena rinvenni dallo sgomento, superato il turbamento, cominciai a riflettere giungendo subito ad una conclusione. Niente illusioni. Quella fanciulla per me non può che rimanere un sogno assolutamente irrealizzabile. Com'era capitata una creatura simile in quel luogo? Come avrebbe potuto frequentare la scalcinata compagnia di villeggianti con cui normalmente mi ritrovavo, improvvisando ogni giorno qualche nuovo svago. Nemmeno la sera alla squallida balera dove tra un valzer e un boogie (meglioi il ballo del mattone) si andava alla ricerca di effimere avventure amorose. Mentre nella mia testa rimuginavo questi pensieri mi ero avvivicinato al jukebox, istintivamente avevo inserito una moneta da cinquanta lire ed era partita la canzone di moda quell'estate (tormentone si direbbe oggi). La guardai illudendomi che volgesse il capo verso di me. Rimase immobile stringendo sempre tra le mani la sua borsetta. Deluso e rassegnato mi avviai malinconicamente verso casa. Era stato solo un sogno. Il lunedì appresso riprese a piovere. Come al solito sotto la pioggia incontrai Antonietta e ci sistemammo sotto lo stesso ombrello. Subito le raccontai del sogno infranto. "Ma sai che abbiamo appena affittato una nostra casa per tutta la stagione estiva ad una famiglia di Milano. Sono due genitori con una ragazzina carina, bionda, avrà 13/14 anni. Se vuoi posso chiedere". Il cuore mi sussultò. "Impossibile" dissi "comunque prova a chiedere". Passai la notte fantasticando aggrappato ad un filo di speranza. Al mattino corsi subito in paese a cercare Antonietta. La trovai sorridente. "E' proprio lei. Ti aveva visto. Aveva notato i tuoi occhi azzurri e i tuoi capelli ricci. M'ha detto che anche lei vuole conoscerti". Il cuore questa volta mi balzò in gola. Antonietta mi disse che i suoi genitori erano molto severi. Non la lasciavano ucire da sola. Frequentava solo compagnie ristrette e controllate di figli di amici o conoscenti della famiglia. Dovevamo assolutamente trovare un modo per incontrarci. "Ci penso io" disse Antonietta ragazza scaltra "con una scusa la porterò fuori con me". Un paio di giorni dopo, pomeriggio verso sera, mentre mi trovavo al solito caffè sulla piazza (si chiamava caffè dell'orologio) intento a giocare a boccette mi corse l'occhio fuori dal negozio e vidi le due fanciulle sul lato opposto della piazza. Al momento cercai di frenare l'entusiasmo mostrando un atteggiamento sostenuto e distaccato. Controllando l'emozione uscii dal locale con le boccette in mano e gridai loro (incredibile) "Voi andate a fare un giretto e poi tornate, io intanto finisco la partita". Dopo un quarto d'ora la partita era finita ed io attendevo sulla piazza l'avverarsi del mio sogno. Quella volta il destino mi fu benevolo. Orchestrò tutte le coincidenze realizzando un sogno che altrimenti non avrebbe mai potuto avverarsi. Dopo alcuni minuti le fanciulle tornarono. Corsi subito loro incontro. Questa volta il suo viso non mi apparve più compassato come la domenica al caffè, ma si era aperto rivelando tutta la sua grazia, illuminato dal suo dolce sorriso. Io mi sciolsi travolto dall'entusiasmo e controllando l'emozione mi presentai. "Mi chiamo Giordana" furono le sue prime parole "ho quindici anni, sono di Milano, mio papà fa il corridore" (in effetti era capo collaudatore dell' Alfa Romeo e copilota in corsa con Taruffi, per lei motivo d'orgoglio). Facendo due passi fuori paese, lontano da occhi indiscreti, iniziammo a raccontarci ognuno le nostre cose. Io ebbi subito la certezza che quelle semplici prime parole pronunciate con emozione sarebbero state l'inizio di un rapporto che sarebbe durato tutta la vita. A questo punto sorgeva il problema di come fare ad incontrarci. Con l'aiuto di Antonietta che si assunse il compito di informatrice e messaggera riuscii a superare i controlli ed entrare con discrezione nella sua compagnia, facendo coppia fissa, protetti dall'omertà dei compagni. Tornati a Milano, nel periodo fino alla successiva estate, eravamo riusciti a sentirci con qualche telefonata di nascosto, talvolta riuscivamo a vederci con discrezione all'uscita della scuola oppure la sera sotto casa attendendo che uscisse per recarsi in latteria (famosa allora la canzone di Gianni Morandi "Fatti mandare dalla mamma a prrendere il latte"). Una sera, già in autunno avanzato, mentre tornavamo dalla latteria, ci riparammo in un portone, al riparo da occhi indiscreti, e mentre lei sorreggeva la bottiglia del latte la strinsi a me con un abbraccio e la baciai sulla bocca. Fu il nostro primo bacio. Gli incontri furtivi durarono fino all'estate successiva quando , sempre in vacanza a Clusone, il destino volle di nuovo darmi una mano. Suo padre arrivando da Milano ebbe un incidente stradale (quando si dice la fortuna) fratturandosi un braccio e danneggiando seriamente l'auto. Io ero arrivato fresco fresco con la mia FIAT 500 nuova di zecca. Il gioco era fatto. "Papà, io ho un amico , anche lui di Milano, che ho conosciuto qui a Clusone che ha una 500 e mi ha detto che se hai bisogno di andare da qualche parte può accompagnarti lui" Avemmo la risposta che agognavamo. "Fammelo conoscere". Mi ricevette una sera a casa assieme alla moglie, che da tempo aveva capito tutto, e da quel momento acquistai un suocero ed una suocera e di conseguenza la compagna della mia vita. Dopo innumerevoli anni trascorsi sempre insieme Giordana ritornava in cielo, in quel cielo da cui avevo immacinato fosse discesa quando la vidi la prima volta. Fine.