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Javier, luglio 24, 2025
Javier ci guarda, non ci sorride mai e nemmeno noi sorridiamo a lui, ma c’è qualcosa di non detto. L’altro giorno è inciampato che quasi cadeva e abbiamo pensato che fosse perché ci stesse guardando. Si è trascinato dietro tutto l'arredo, è pure caduta la pianta di giada ch'era messa sulla mensola. In qualche modo ci teme, o forse prova un certo imbarazzo quando ci incontra. I suoi occhi sembrano insignificanti occhi scuri, ma sappiamo che nascondono dolore. A noi dispiace ammetterlo, ma di tanto in tanto lo disprezziamo, lo odiamo, lo invidiamo. Non ci sorride perché sa del nostro sentimento. Javier va e viene mentre noi restiamo. Siamo invidiosi del suo volo libero.
Il senso di solitudine, i visi degli altri. Come superate voi questo?
L'ordinario non fa di Javier una persona unica, è l'extra ordinario a renderlo tale. La sua unicità lo dipinge di un colore magico. A noi dispiace ammetterlo, ma di tanto in tanto lo disprezziamo, lo odiamo, lo invidiamo. Come superate voi questo? Non ci sorride perché sa del nostro sentimento. Javier va e viene mentre noi restiamo. Siamo invidiosi del suo volo libero.
Perdonaci Javier, il palazzo in cui viviamo è vuoto, piastrellato di grigio antracite, senza tetto. Sotto la pioggia non siamo davvero tristi, ma abbiamo costantemente paura di morire di freddo. Questo inferno non finisce mai, abbiamo perso la motivazione, arranchiamo verso una salita mentre tu ci appari libero quando vai e vieni mentre noi restiamo.
Il senso di solitudine, i visi degli altri. Come superate voi questo?
Il nostro Dio è come quello di Jung, un bambino il cui pensiero fantastico si dissocia da quello moderno. Il nostro Dio è il pensiero del passato, è il pensiero del selvaggio ed ha il tono affettivo dell'infanzia.
Perdonaci Javier, davvero. Sei un sogno ricorrente, a volte un non luogo, un pranzo, la gineria all'angolo in città. Imparemo ad amarti, Javier, soprattutto quando non ci porti con te nel tuo volo libero e noi da qui restiamo a guardarti.
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