One Pizz

scritto da Nube di Oort
Scritto 27 giorni fa • Pubblicato 27 giorni fa • Revisionato 27 giorni fa
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Testo: One Pizz
di Nube di Oort

 

"Oggi è un ottimo giorno per essere me"

 

I pensieri di Farouk naufragavano placidi in quella direzione. Un sorriso a ventinove denti gli illuminava il viso; giusto perché tre dei trentadue nella sua dotazione iniziale si erano persi chissà dove, chissà come. Farouk non li rimpiangeva, non era tipo da vivere nel passato. Le sue mani volavano: un coltellino a seghetto nella sinistra, un pomodorino pachino dopo l'altro nella destra, una danza prevedibile ma ipnotica nella quale il primo faceva a rondelle senza pietà il secondo. Tatatac, e poi slap, dal tagliere alla ciotola. Pensava che la felicità non dovesse avere un odore tanto diverso da quello che il pachino regala al mondo quando viene a mancare così maturo, così violentemente: l’aria era piena del loro aroma al contempo acidulo e floreale.

 

Era una bella giornata, una di quelle giornate graziose senza alcun motivo in particolare. L'unica finestrella della cucina era inondata di luce: un sole splendente che faceva a braccio di ferro col freddo del mezzodì invernale, ammorbidendolo . Astro in campo azzurro terso, chiaro come un arazzo medievale.

A volte l'idea di spiare il mondo al di fuori della cucina per mezzo di una sola (e pure piccola) finestrella per dodici ore filate intristiva parecchio Farouk, ma non quel giorno. Decise, o forse fu costretto, ad abbracciare la caotica energia di cui la vita lo investiva in quell' esatto momento; e l'umanità tutta, a sorpresa, ne giovò grandemente.

Come posseduto, ciondolando allegro, Farouk tagliava i pachino.

 

La stampa-comande gracchiò, e la leggenda ebbe inizio. Il nostro alzò lo sguardo, si spalmò allegro le mani sporche sul grembiule mediamente pulito, e pescò il Sacro Biglietto che gli comandava di eseguire, come tutti sanno, la  famosa pizza ai Wurstel col Bordo Alto ripieno di Stracciatella di cui tantissimo si è speculato nel corso degli anni. Diffidate dai falsi profeti, so io come è andata.

Seguitemi mentre il Nostro rapisce con mani esperte l'impasto morbido e gonfio di vita, come un bel seno candido. Lo schiaccia, Farouk, lo tuffa nella semola dorata e immerge il taglio della mano nel solco che ha tracciato coi polpastrelli. Gira e allarga, coccola e schiaffeggia; la fa volteggiare nell'aere e piano piano, allo stesso modo in cui si posa la rugiada, la posa sul marmo del bancone.

Dolce la spirale che traccia col pomodoro spalmandolo col mestolo, giusta è la mano che dispensa la mozzarella. Gagliarda, invece, quella che dona i wurstel e la stracciatella a guarnire. Fortunata oltre ogni logica, anche se ancora né sa né può sospettare, la signora Maria, che presto riceverà il suo miracolo. Non ci pensa, e a dire il vero non ci pensa nemmeno Farouk, sicché a volte la spensieratezza è madre delle cose buone tanto quanto lo è la assoluta serafica concentrazione. Voglio che sia su questo paradosso che vi abbrustoliate il cervello mentre Farouk posa la Pizza sulla bocca del forno e, distratto come un innamorato, torna ai pomodorini. Ma non temete, la tirerà fuori al momento propizio. Preciso al millisecondo, perché un vero pizzaiolo nel profondo sa sempre quando è ora di lasciar andare in sala la sua creatura.

 

La signora Maria capì che le stava venendo incontro un raggio di sole profumato. Ridestatasi dal suo torpore da cliente triste e solitaria, pregò ogni divinità nota ed ignota che il cameriere non facesse danni. Costui, in effetti, sembrava turbato dal peso mistico di ciò che portava tra le mani. Tremò, ma concluse l'operazione. La sala era quasi piena, ma per qualche secondo il vociare ed il dondolare della gente cessò. Sospese come in sogno, senza capirne la ragione.

 

Erano in presenza del One Pizz.

 

Lei, che alla Piccola Piramide di Egitto c'era entrata solo per noia, perché non aveva voglia di cucinarsi una vigliacca pasta col tonno, era di fronte a ciò su cui le generazioni future avrebbero fantasticato, cantato, vaneggiato e cercato senza posa.

C'è chi dice che la signora Maria cominciò a urlare dal primo assaggio. Altri che la divorò, svenne e si ridestò tra le grida dell'estasi. Niente di più falso. Maria mangiò ben metà del One Pizz in assoluto silenzio, con commossa ed incredula concentrazione.

Poi, quando non le fu più possibile andare avanti, sconfitta dalle lacrime, gridò.

 

Il parapiglia che ne seguì fu memorabile. Farouk, mettendo per un attimo in soffitta i pensieri di idillio che lo cullavano, e sapendo in cuor suo di esser l'unico responsabile del patatrac, uscì in sala con le mani in alto, forse immaginandosi che la giustizia terrena o quella divina, o entrambe, l'avessero finalmente raggiunto.

Ma nessuno lo guardò. Tutti gli sgaurdi erano per Maria, per quel lamento pieno di dolore e gioia fuse assieme come lo sono la testa e la coda della stessa serpe.

"La pizza! O santissimo Dio, la pizza! È troppo buona, non ce la faccio!"

Queste parole sono accreditate dal culto canonico come il primo insegnamento che la signora Maria, ora Illuminata, dispensò al mondo.

Pochi istanti dopo, fece la sua prima proselita. Una bimbina impertinente di anni sei, appena di ritorno dal bagno, che a sentire quelle parole non esitò un attimo a replicare:

"Ti aiuto io allora, tranquilla"

E ad arraffarne una fetta dal Santo Piatto. Non ci fu il tempo di rimproverarla, perché se la cacciò in gola con violenza; eppure Essa scese giù dolce come un rivolo argenteo può scendere per una fenditura nella roccia.

Anche la bambina allora pianse, con l'enfasi di chi si è potuto togliere dalle spalle un peso portato per secoli, come un Sisifo che finalmente vinca la montagna anziché esserne vinto. Un pianto impossibile.

Fu allora che tutti capirono, in un raro momento di empatia cosmica, ed iniziò la violenza. Prima venne il padre della bimba, che mollato il suo braccino si avventò a due mani con occhi rapaci sul Santo Piatto. La signora Maria, oramai ascesa, tirò una manata alle quattro fette superstiti in modo tale da disperdere i resti del One Pizz il più possibile, sicché solo nella condivisione la gioia umana può dirsi compiuta. Una finì comunque negli artigli del papà, le altre tre si dispersero sul pavimento. Calci, graffi, placcaggi e ben tre colpi di arma da fuoco furono esplosi nella foga del momento, ma la cruda verità è che solo una manciata di eletti che si trovava nel raggio del miracolo poté sperare di esperirlo. Le altre parti del dono furono divorate da chi segue:

 

I gemellini Mimì e Cicciuzzo, che si tuffarono sul pavimento col sincronismo di navigati tuffatori olimpionici cinesi, e finirono per dilaniare la fetta in due esatte metà prima che toccasse terra. Come prevedibile, raggiunsero solo metà illuminazione a testa, e da allora vivono in un limbo improbabile per cui amano tutto l'universo ma pensano anche che sia tutto un po' una merda. Gestiscono un ritiro di meditazione molto esclusivo, Mimì al Polo Nord e Cicciuzzo al Polo Sud, che talvolta si trasforma in sordida bisca clandestina. Così, ex abrupto.

 

L'ultima fetta, e questa è davvero una bella coincidenza, di quelle che ti mette in pace col Destino o col Ka o con la ruota del Dharma o col Grande Spaghetto Volante a seconda dei gusti; insomma l'ultima prova del miracolo la prese l'uomo più adatto a farlo sopravvivere nel tempo. Costui era Billy Vangsta, il grande scienziato svedese, il luminare alimentare già celebre per il suo incredibile contributo nel campo delle polpettine e recatosi alla Piccola piramide per sbaglio, dato che doveva andare a quella Grande (quella che sta davvero in Egitto, per capirsi) a condurre uno studio su certi rari lieviti allucinogeni nel sepolcro di Tutankhamon. Ma tant'è, gli era andata bene lo stesso.

Gli era andata così bene che stentava a crederlo. Mollò il suo kebab mentre l'ultimo ottavo dell'One Pizz attraversava l'aria in una miracolosa parabola proprio di fronte al suo viso, reso pallido dall'esplosione di foga che vi si era generata attorno. Nessuno si accorse del fatto che la fetta sembrasse quasi volersi far carpire da lui solo, guizzandogli davanti agli occhi come farebbe un salmone suicida innanzi ad un grizzly. Billy Vangsta non seppe mai come riuscì ad afferrarla al volo, riporla nella sua ventiquattr'ore, alzarsi da tavola, correre via a perdifiato fuori dal locale mentre tutti gli altri si scannavano per un trofeo che solo lui ora possedeva.

Soprattutto, non aveva idea di come riuscisse a resistere alla tentazione di mangiarsela.  La sua battaglia contro quel basilare istinto oggi è accreditata come la causa principale della tremenda nevrosi che poi lo afflisse negli anni a seguire. A breve scopriremo se le cose stanno davvero così.

 

Gli studi di Vangsta evidenziarono come il reperto culinario fosse in ogni dettaglio perfetto. Non è questa una parola che il nostro amico si sarebbe mai potuto permettere di usare senza una solidissima base scientifica; eppure ogni test condotto non faceva far altro che gridare al miracolo. Per dire, la proporzione di pomodoro con quella di mozzarella era precisa all'atomo, con la seconda che era di esattamente sette parti su dieci parti di polpa, ed ogni quark di ingrediente disposto in un reticolo assurdamente perfetto e armonioso. Modelli matematici altrimenti ritenuti impossibili scaturiscono proprio da lì.

La stesura della pasta, inoltre, appariva così perfettamente piana da ridefinire in senso geometrico l'idea stessa di 'piatto': semplicemente, nessun test mai scaturito dall'ingegno umano aveva mai dimostrato la possibilità che nell'universo potesse esistere un solido così liscio.

E la cosa incredibile era che appariva chiaro come tutto ciò fosse capitato per caso. O meglio, il nostro Farouq era molto abile con le mani in pasta, ma nessun essere umano ( e nessuna macchina, tra l'altro) avrebbe mai potuto dare vita apposta ad una cosa così. Era semplicemente successo, grazie al grande amore del pizzaiolo per la sua arte e a una sconfinata dose di culo.

Non solo: tutte le materie prime, una volta che se ne studiò a fondo l'origine, rivelarono storie assurde. Per dire, i wurstel (seconda scelta, scontati) erano stati prodotti da un esemplare di maiale che, a detta del suo allevatore, aveva un'aria incredibilmente gioviale e realizzata; o per dirla a parole sue :" come se avesse sempre saputo che il suo destino era quello di farsi tritare in salsicce, e che la cosa gli stesse pure bene, perbacco. Sembrava davvero, davvero felice".

 

Man mano che la fama degli eventi straordinari di quel mezzodì di dicembre si diffondevano, e le scoperte scientifiche di Billy venivano pubblicate, le cose alla Piccola Piramide erano decisamente cambiate. Ora in nostro sorridente Farouk ne era lo chef, e il fu modesto ristorantino si era all'improvviso trasformato in un colosso globale, il cui fatturato pareggiava il pil di un paese scandinavo. Il posto adesso assomigliava davvero ad una piramide, bianca e austera a spiccare nello skyline di Busto Arsizio. Frotte di persone si recavano lì in pellegrinaggio per provare la Pizza ai Wurstel col Bordo Alto ripieno di Stracciatella. Ma, manco a dirlo, un altro perfetto One Pizz non si ripeté mai. Ci furono dei casi di falso allarme, una commissione di esperti di fenomeni ristomistici rimaneva sempre fissa sul posto per accertarsi che nessuno potesse millantare di aver ricevuto nuovamente il miracolo. In tanti ci provavano, qualcuno ci credeva persino. Ma il One Pizz era e rimarrà per sempre impossibile da replicare.

Ai mille giornalisti che nel corso degli anni chiesero lumi a Farouk su come fosse stato in grado di creare la perfezione, lui rispondeva sempre col suo miglior sorriso e ammettendo che non ne aveva idea, ma che previo compenso era disposto a riprovarci fino al giorno della sua morte.

Così non fu. Si ruppe le balle prima, sentendosi troppo ricco per continuare a sgobbare come quando non lo era affatto, e morì che finalmente il suo sorriso era stato riparato nel più competente dei modi, ma quasi non lo sfoggiava più.

 

Billy Vangsta concluse ogni studio possibile sul One Pizz alla fine di quell'inverno. La fetta, come ovvio, non si era mai deteriorata, nè era ammuffita o divenuta in qualunque modo meno attraente. Dopo aver tirato il più profondo dei sospiri di sollievo, lo scienziato la liberò dalla teca di vetro nella quale era custodita, la mise con le mani tremule su di un piatto e si diresse verso al microonde della sala comune del laboratorio, che a conti fatti era divenuto la sua casa, per poterla finalmente scaldare e concedersi la meritata libidine.

Ma le cose non andarono come sperava. Gnegno, il suo crudele micio, unica forma di conforto e calore che avesse ricevuto negli estenuanti mesi di ricerca, sbucò all'improvviso da un angolo, balzò e mangiò l'ultima fetta dell'One Pizz così, fredda, senza manco troppo badare al suo miracoloso sapore.

Inutile dire che il Vangsta cadde in uno stato di disperazione profonda che perdura ancora oggi, e che nei suoi deliri ancora maledice lo scellerato gesto di Gnegno.

Il gatto, al contrario, entrato a contatto con quel simulacro della cosmica perfezione, fu posto sui binari di un treno di pensieri altissimi e completamente alieni alla sua psicologia animale. Travolgendolo, quel treno lo sconvolse per sempre, elevando la sua intelligenza e comprensione delle cose a dei livelli impensabili per un comune gatto (ma tutto sommato medi per un essere umano qualsiasi, va detto). Resosi conto così del dolore inflitto a Billy, lo abbandonò dilaniato dal senso di colpa.

Ora Gnegno è indipendente. Schivo al contatto umano, lavora a tarda notte in un internet cafè, lontano da sguardi indiscreti, come programmatore freelance. Compra da solo le sue crocche preferite e se le gusta da solo, pieno di sensi di colpa.

A volte, per affrontare il dolore, Gnegno si siede al pc e scrive delle storie buffe.

Oggi, Gnegno vi ha rivelato la sua versione dei fatti.

Rispettatele, se potete, giacché Gnegno sa che è l'unica vera versione di questi eventi. L'unica scritta di chi c'era, e che  per sempre rimarrà connesso all'anima di coloro che hanno visto, toccato, fatto e subìto il miracolo del One Pizz.

 

 

One Pizz testo di Nube di Oort
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