Nebbia che la scalinata avvolge piano, insinua tra le figure serali e delle inferiate il cigolio a ricordo dei manufatti nuovi.
Non ha bisogno il sognatore di salpare, resta sul molo che ormai è altrove, lo sfiora il pensiero, l’abbandona il raziocinio, stempera i colori di un tramonto al punto giusto di un’opera minimalista.
A quali mete ambisco, con la mia veste a fiori, smunta come degli anni eroici la pellicola di un film, bianco e nero soggettivato, aliseo petulante che non fa Marilyn di me.
E quindi dunque ripetitivo aiuta dell’organetto il suono vetusto, ancestrale, che proviene senza saper da dove ed accarezza e mette un brivido e abbraccia di miele e malinconia, striglia il crine dei miei peccati e non perdona e non assolve e mi lascia sola e forse mi ritrova, riversa, arsa, dispersa.
Ho attraversato i confini della Morte e non ho illuminazioni da portare o numeri da rivelare, illusa di mancati riabbracci, ancora in piedi distesa in un letto di acciaio che respira per me, cammina con me, mi affoga come inscindibile zavorra. Scrivo con la bocca e non sono naif, ho dimenticato tutto ma ne sarò ancora capace? di rispettar me stessa, di chiamare vita questa porcheria, di non odiare i sorrisi imbarazzati di chi mi paragona a prima?
Assolvimi se non compongo più, per lunghi mesi di me stessa non ho avuto più contezza, il mio testamento l’avevo già redatto, distribuendo solo dolore e preoccupazioni alle poche persone vicine.
Assolvimi se ho amato e se ancora continuo a farlo, se in un punto opposto al mondo ancora respiro, sibilo, vegeto, raschio il fondo con la voce di metallo…e penso, si certo, penso a quel tavolino che ci aspetta da sempre anche se non lo occuperemo mai, ciondolanti come ubriachi, sorretti uno all’altra, estenuati dalle ombre che percorrono le intercapedini delle nostre anime e urlano in continuazione e ululano in continuazione fino a farci cadere, clochard riversi e totalmente ignari, oggetti inanimati, rifiuto da compostare prima che si riaccenda il giorno…
Nebbia che la scalinata avvolge testo di Nozomi