Una volta, vado a memoria, Oxun in un commento mi ha detto di essere sorpresa dall’uso che faccio delle parole e da quanto mi affido alle parole.
Cosa faccio precisamente io, ?
(parlo di me, ma parlo anche di tutti noi, credo, ognuno con la sua specificità, i suoi obiettivi, le sue aspettative, ma con motivazioni in fondo comuni a tutti, per cui potrei scrivere cosa facciamo, ma non voglio auto promuovermi capofila non richiesto del gruppo di amici, sconosciuti, ma amici comunque per ciò che mi riguarda, con cui condivido questa passione creativa affabulatoria)
quando pubblico i miei scritti?
(Scritti per modo di dire, ormai io scrivo solo sul mio iPad e da lì passano sempre virtualmente in pubblicazione: e gli odori, i suoni, i movimenti della mano a tracciare linee, quasi un disegnare? Bellissimi, quanto mi piacevano,...ma adesso sono entusiasta di questo sistema...virtuale...arido? senza anima? No, no...l’anima siamo noi, il sistema è un medium, come carta e penna, a cui chiedo solo di essere latore fedele di ciò che ci butto dentro)
(Si, mi viene istintivo non definire poesia ciò che scrivo...sono scritti, testi, composizioni, visioni, etc..., lo so che la definizione è quella, ma sono cresciuto con i Poeti delle antologie, sacri e canonici abitatori dell’Olimpo del pensiero poetico, come una popolazione separata, e questa sacralità non mi si spiccica di dosso, quindi non mi sento parte ovviamente di quel mitizzato mondo, per fortuna se no sarei da ricovero, e quello che col touchscreen compongo preferisco non definirlo se non testo...etc....)
(Noto marginalmente che oggi il mio pensiero è spiccatamente digressionale, insomma infarcito di digressioni...devo preoccuparmi? Ci penserò).
Dunque, cosa faccio in fondo?
Traccio parole virtuali, su pagine virtuali, per pubblicazioni virtuali....cioè una serie di simulazioni,....non falsificazioni...che hanno effetti reali su eventuali lettori reali,. ...virtuale dal latino virtus, forza, valore positivo.
Le parole in quello che faccio sono fondamentali.
Si, certo, credo che poesia sia qualsiasi cosa percepita in modo fuori dell’ordinario, anche un gesto, un’azione può essere poesia...sono fermamente convinto che per l’uomo tutto la realtà percepita sia una sconfinata, indescrivibile poesia, se non altro perché rimanda sempre a significati altri da quelli che ci appaiono.
La parola, credo, è come celluloide o materiale, come cemento e gesso, non del tutto solidificato, che si trascina dietro via via, assieme all’originale quando c’è la fa, altri significati, correlati emotivi, sia a livello individuale che di gruppo e di specie.
Io cerco nelle parole questi significati altri, i miei correlati emotivi, e quelli più generali dell’uomo, dispongo le parole scelte come mi suggerisce la mia sensibilità anche musicale in modo da proporre letture che vadano oltre la lettura...naturalmente... avercene risultati così che io chiamo
felicità.
SB
Leggere oltre la lettura testo di serbasciu