il giorno dopo

A volte ti sembra di essere in un baratro, all'interno di un buco nero dal quale non ravvisi alcuna via d'uscita.

A quel punto,  inspiegabalmente, ti imbatti in determinati posti che in realtà già conosci, ma ai quali non hai mai dato peso alcuno e
incroci, per qualche interminabile secondo, gli occhi spenti e soli di un ragazzino di vent'anni chiuso in una struttura.

Chiedi, ti informi se li portano almeno una volta a vedere il mare d'estate,  se passeggiano la domenica mattina quando c'è il sole
d'inverno e sembra tutto più luminoso, se escono, anche solo qualche volta, da quella piccola gabbia dorata.

Allora resti li dentro una mezz'ora, ti sembra tutto molto soffocante, percepisci le stanze sempre più piccole ed i volti sempre più
inespressivi.

Ti imbatti di nuovo in quel ragazzino, ma ce ne sono tanti altri, lo guardi, ti chiedi se capisce, di non avere una vita davanti, quantomeno come la intendi tu Paradossalmente a vent'anni non ha una vita davanti, e speri di cuore che non si renda conto di essere prigioniero di se stesso, ben più di quanto lo sia tu.

Esci, finalmente, da quel posto, e la prima sensazione che provi è di essere libero.

Hai presente quegli sprazzi di vita quotidiana, talmente scontati, per i quali non si riesce a provare alcun piacere o sentimento? Bene
riflettici, provalo il piacere di essere libero.

Risali in macchina, puoi andare dove vuoi,  cambiare strada, restare fermo, andartene, sta a te.

E l'essere solo o  senza meta non ti desta più preoccupazione alcuna e tutto quello che ti assillava e ti rodeva dentro, per un momento,
sembra non pesarti più.

Il ragazzino, invece, lo hai lasciato in quella stanza, dove lo ritroverai tra un anno, quando dovrai ripassare e quando ti ricorderai
di nuovo di quanto tu sia fortunato.