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La felicità è un’arma a doppio taglio.
Viviamo in una società in cui la tristezza non deve esser contemplata; perché la tristezza è la parte più sincera di noi stessi.
Un sorriso può essere beffardo,
falso,
mitomane.
La tristezza no, è una puttana.
Ti attacca quando meno te lo aspetti.
Ed è reale, ti lacera dentro perché nasce dal cuore. Non dal cervello. Non dall’inconscio.
Non la domini: la percepisci e basta.
E siamo in una società che preferisce criticare, sgretolare tutto ciò che ci può esser di più vero, in un qualsiasi sorriso, giurando il falso solo per il puro odio nella felicità di altri.
Criticare per primi così da non poter esser criticati, ingiuriati.
Quindi faresti bene a pensar più volte prima di mostrar la tua allegria, stolto!
Ad ogni sorriso, esponi la tua vulnerabilità.
Ed essi sono ignari del fatto che, per quanto la luna possa brillare, c’è una sua faccia che è sempre al buio.
Fredda, arida, sconosciuta.
Ed ecco che ti estranei da tutti.
Esule persino dei tuoi pensieri più profondi.
Perché è più facile scappare da ogni insidia piuttosto che combatterla per ottenere…
niente.
Il nulla più totale.
È una società strana, che crede più in un sogno che ad un indovino.
Che preferisce il consiglio di una cartomante piuttosto che prender una decisione di propria spontaneità, solo per la paura di affrontare il proprio destino.
Una società che ripudia i mendicanti per adulare politici e santi.
Che cos’altro poter dire?
Siamo intrappolati dal giogo che ci tiene serrati, mossi dalle redini comandate dalle dicerie altrui.
Sono solo due le cose che un uomo deve preoccuparsi di avere: il portafoglio e le palle; tutto il resto è noia.
Diamo fin troppo peso alle dicerie forse perché nemmeno noi ci conosciamo bene ma fingiamo e ci incazziamo soprattutto quando si aggiunge quella pura, insana ed incauta sensazione che il Mondo giri su un asse diverso per ognuno di noi.
E come biasimarci.
Troppi desideri infranti difronte a tanta differenza, al sentirci piccoli agli occhi dei grandi e preferiamo smettere di inseguire, fermarci e prendere un taxi per tornare a casa perché prima di trovare un equilibrio in questo mondo dobbiamo trovare un equilibrio con noi stessi.
Ed è questo che fa più paura.
È la parte più dura.
Vivo la mia vita come se ogni giorno fosse il blue monday, camminando per la strada con una mano in tasca ed una nelle mutande per non rischiare di perder nulla di tutto quello che necessito per vivere.
Che amarezza. Questa non è vita.
Si potrebbe dire che, in un certo senso, non sappia stare lontano da tutto questo dolore, ardore, malumore e che per me non esiste bianco o nero ma solo il grigio…ed odio questo colore.
È una società strana; la mattina ci svegliamo e fissiamo il vuoto cercando di ricordare il sogno che abbiamo fatto la scorsa notte ma senza riuscirci: come facciamo a viverci la giornata così?
Ci sentiamo imprigionati, dietro le sbarre, chiuse da un lucchetto e con un mazzo di chiavi in mano ma che non riusciamo a trovare quella giusta per scappare. Sudiamo, ansimiamo, ci innervosiamo ma non troviamo libertà.
Tutto quello che viviamo sparisce con uno schiocco di dita…
Click…
La luce s’è spenta!
Almeno smettiamo di soffrire.
Per questo sono sempre stato attratto dal buio della notte.
La solitudine di quel momento ti risana.
Il rumore del silenzio echeggia.
La notte è come una madre che ti culla e cura le ferite che il giorno crea sulla tua pelle, nella tua mente, nel tuo cuore.
La notte illumina l’anima di chi porta l’oscurità dentro e
Ti senti così fragile.
Così piccolo.
Così insignificante.
E nulla oltre a ciò ti può rendere più felice.