Come salvare un mondo in fiamme? Una pace stabile e globale è un obiettivo da raggiungere e che interessa tutti, per cui ognuno di noi, nel suo piccolo, deve compiere la propria parte e divenire operatore di pace. Anche chi scrive fa la sua.
Per prima cosa, i nemici non andrebbero criminalizzati, a maggior ragione quando sono capi di Stato. Definendoli criminali, si pongono seri ostacoli al lavoro delle diplomazie che eroicamente si occupano di trovare accordi per risolvere i conflitti in essere; si alimenta un clima di accuse reciproche, si tende quindi a giustificare la propria violenza perché condotta contro un presunto “criminale”; si erige un muro invalicabile fra noi e i nostri avversari, impedendo così la riappacificazione. Occorrerebbe al contrario promuovere sempre il dialogo, costruire solidi ponti per provare a favorire comprensione e vicinanza fra le parti in causa; e ricordarsi che i capi di Stato rappresentano bene o male delle Nazioni intere. Peraltro, si può ritenere che spetti al popolo libero il compito di deporre ed eventualmente processare i propri leader più invisi, non certo a incaricati delle potenze straniere.
La pace è completa e più duratura allorché colloca il proprio fulcro nella riconciliazione dei popoli piuttosto che in atti di forza. Anche il momento in cui si vince una guerra è decisivo per inaugurare un periodo di pace stabile. I vinti non dovrebbero mai venire umiliati e vessati; bisognerebbe viceversa prodigarsi in gesti, anche simbolici, di comunione e di solidarietà, al fine di riallacciare subito rapporti improntati alla fiducia. Al termine della prima guerra mondiale, alla Germania sconfitta vennero imposte delle condizioni talmente dure da ingenerare un diffuso e radicato malcontento nel popolo tedesco, un senso di frustrazione e di ingiustizia. Anni dopo, Hitler ebbe dunque gioco facile nel fare leva su tali sentimenti per instaurare la dittatura nazista e scatenare in seguito una guerra ancora più terrificante di quella precedente. I popoli in quell’occasione non si erano riconciliati.
La via più sicura per limitare le guerre non è quella di imporre dall’alto una pace globale, bensì quella di individuare, di volta in volta, le cause più pericolose che dal basso inducono all’odio e alla violenza fra gli Stati, e disinnescarne i meccanismi con equità e giustizia.
All’interno di una comunità, a sostenere prosperità e pace contribuiscono senza dubbio la libera espressione dell’individuo, il rispetto della diversità e la coscienza della propria identità. Una comunità confusa, poco consapevole delle proprie peculiarità, farà molta più fatica a lavorare coesa al suo interno in vista del bene comune. Quando mancano conoscenza di sé e coesione sociale, sorgono malumori, egoismi e sopraffazioni, personalismi, discriminazioni e intolleranze varie; perché gli individui necessitano come loro nutrimento di riconoscersi come gruppo, e un gruppo strutturato di valori fondanti i quali definiscano la cultura. La scuola serba a tal riguardo un ruolo cardinale nell’educare le giovani generazioni ai valori culturali fondanti della propria Società, e anch’essa deve essere libera, rispettosa e consapevole.
Privati della consapevolezza di sé, risulta assai più problematico rispettare la diversità, e senza rispetto può venir meno la libera espressione dell’individuo. La libertà, la quale del rispetto si sostenta, consente spesso di prevenire le forme di ingiustizia, e di qui le rivendicazioni violente. In assenza della libertà, si riproducono facilmente i germi della paura e dell’odio, attraverso cui si possono creare le condizioni favorevoli all’avvento di un regime ancora più autoritario, concepito come salvifico e risolutore dei problemi.
Parte integrante della libertà è l’autodeterminazione di un popolo. Autodeterminazione significa piena autonomia nello stabilire i diritti costitutivi dei propri singoli, e libertà di riflettersi in una determinata cultura ed entità territoriale, quest’ultima basata però non astrattamente sulla geografia, ma sulla volontà e sul sentimento di appartenenza dei cittadini a una Nazione piuttosto che a un’altra. Da che non è la terra in quanto tale a generare una Nazione, bensì gli abitanti che la occupano.
Come salvare allora il mondo avvolto dalle fiamme? Libertà, rispetto e coscienza dell’identità. Perseguendo fermamente tali ideali, approderemo forse all’utopia della pace perpetua.
L'Utopia della Pace Perpetua testo di Gallerani Gianluca