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Piove stamattina, in questo venerdì di luglio che volge al termine. È una pioggerellina sottile, gentile, quasi avesse paura di disturbare il mondo che si è svegliato da poco.
Uscendo di casa non sorrido e non abbraccio le mie bambine come al solito, le saluto soltanto, frettolosamente, un po' sfuggente. Sono molto dolorante, scoraggiata e rabbuiata, dalla mia bocca esce una frase per niente luminosa: “Che schifo di vita...". Mi pento immediatamente e immensamente di aver reso udibile un simile pensiero, ma è troppo tardi, la mia bambina di 11 anni mi ha sentito, lo vedo nel suo viso, nei suoi occhi interdetti e preoccupati.
Entro al lavoro col cappuccio in testa, sbatto e strofino forte i piedi sul tappeto d'ingresso. Passo il tesserino magnetico e incontro subito il mio responsabile.
- Ciao Sam. Piove tanto fuori?
- Ciao! No dai...
Piove molto di più dentro... (sussurrato)
- Come dici?
- Nulla, nulla d'importante.
La mattinata scorre, con le solite mansioni da svolgere ed io che non vedo l'ora che finisca: è una fatica erculea fingere la normalità.
Quando finalmente termina il mio turno di lavoro, me ne torno a casa come una che ha un'impellenza urgentissima da sbrigare.
Entrando in soggiorno noto un piccolo biglietto sistemato sopra il tavolo. Sul davanti recita: “Per la mamma migliore del mondo". Lo apro e vi trovo scritto:
“Cara mamma, spero sia stata una mattinata non troppo faticosa. Ti voglio tanto bene dalla tua Aghy" con cuoricini e smile sparsi negli spazi vuoti del foglio.
Mi siedo sul pavimento, con le spalle appoggiate al muro, le mani che stringono forte il biglietto e tante lacrime rumorose di vergogna, mescolata a gioia, sul viso.