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E malgrado quel cambio di regime
e senza più del gallo il canto gaio,
galline sempre in cerca di becchime
si beccavan l’un l’altra nel pollaio.
Galline reclamanti ghigliottine
in pubblico ludibrio della piazza
non già a mozzar la testa alle vicine
ma a dir: “le uova tue son da ramazza,
vuoi metter quanto è meglio l’uovo mio?”
Sicché di ghigliottine a tagliar creste:
in tutte nacque un vivido desìo
(ripeto: tagliar creste, mica teste!).
Nel frattempo che fecero i galletti?
Chi fe’ il pesce in barile qual salmone,
chi, come un dì fu scritto sui muretti,
forse pensò “aridàtece er puzzone”, (1)
qualcuno si schierò con chi pensava
offrire gli potesse miglior grazie,
ma fu più saggio chi internavigava,
pur sapendo d’aver le palle sazie,
chicchirichì ignorando e coccodè
di chi la parte fa d’albatro umano
“poète semblable au price des nuées” (2)
che tra gli scherni sfida l’uragano.
Ma un poeta non resse ai battibecchi
che provenir sentiva d’ampio stuolo,
polli e pavoni innazi ai loro specchi,
così l’Ali spiegò spiccando il volo.
(1): Scritta che comparve su un muro di Roma non molto dopo la caduta di Mussolini, espressione proverbiale ancora in uso, della serie: si stava meglio quando si stava peggio.
(2): da “L’albatros” di Charles Baudelaire.
(Sisifo Gioioso, 25.08.2025)