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Questa poesia è dedicata a uno dei flagelli più letali che l'America abbia mai affrontato: il Fentanyl. Si tratta di un oppioide sintetico usato in modo controllato in circostanze specifiche in sanità. Da alcuni anni ha preso piede nei mercati illeciti provocando un'impennata della dipendenza e dei decessi per overdose. Mi colpisce come l’uomo sia in grado di costruire grandi successi, ed essere al contempo così vulnerabile.
Luci prorompenti
grattacieli imponenti
mi accolgono in una New York vociante
la gente si muove incessante.
Scorgo zombie ai margini dei muri:
un brivido mi percorre la schiena
emergono dalla terra fredda.
Mi penetrano con i loro sguardi
a punta di spillo,
implorano aiuto e qualche quattrino.
Cercano un piacere
ingannevole ed effimero.
Dondolati son dal fievole vento
come fossero gambi secchi nel deserto.
Stridono le loro ossa
come corde di un violino consumato,
ogni dolore è dimenticato
il morso della fame ingoiato.
Sfidano la morte ad ogni dose
accartocciati
smarriti in un creato per cui non provano più alcuna meraviglia.
Sul marciapiede un bambino piange sua madre:
sembra una rondine
dispersa tra i rami di un roseto colorato e denso,
trafitta da nere spine nel bianco petto.
Abbandonata
da una società priva di pietà
dilaniata dall’indifferenza
le sto accanto
stringendole la mano…
Debole diviene il suo battito.
Prometto che lenirò le lacrime di tuo figlio,
raccontandogli quanto l’hai desiderato ed amato,
e che la fragilità fa parte dell’umano
pesa meno se la condividiamo.