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Chinato allo stilar l’novello mio diario,
Col ardo sol su testa,
Decisi di dar riposo a carte e mani,
E per questa mia gesta,
Alzai l’guardo: poi luce.
Sì chiesi come Dante:
Ché ti mostri a noi, o Angelo brillante?
Ricordo l’tuo fascino:
Sorgevi da la schiuma del greco mar
Per approdar su piaggia,
Ogne volta ch’emergevi da le acque,
Come Venere nacque.
Nel mare eri sirena;
Del suol, Natura fragrante d’amarena;
Nel Cielo, la più pura tra Muse e Dee.
Ma è ne le sacre e preziose maree
Che ‘l tuo corpo scolpito
E agile, divin, perfetto e terso,
Da chiome a lunghe gambe,
Minava invidia a ogni tempo e universo,
Pel suo sol esibito.
Ma a cotanta bellezza v’era un problema:
Quel tuo viso superbo,
Tal splendea ed irradiava di lucente
Che mai potei ben amarlo veramente.
Meco v’ho tentato una volta sola;
In seguito all’evento,
Cui ti rivolsi la mia scortesia,
Pel mancato momento.
M’avvicinai a te serena sulla panca,
Pronto a chieder perdono, e t’osservai,
Sì tosto mi bloccai.
Ma m’è bastata un’unica vision lieta,
E ho visto la ragazza
Più bella del pianeta.
Rimembro l’immagine:
Quel tuo unico silenzio assordante;
Leggevi prona quel tomo abbondante
Per pagina e pagine,
Esalando respiri.
Sì ch’io ti raccontavo,
E miniavo sui miei tristi papiri:
“Quanta bellezza! Cresce ogni secondo!
Ogne suo fiato è dono…
Che lieto ora è l’mondo!”
E più leggevi, e più fiorivan carte;
Come se dipingessi
Su cornice, la fusione nell’arte,
Di Minerva e Venere.
Ma ti dissi nulla, e ciò ancor mi duole,
Sì scrissi una lettera,
Con tutte le parole.
Ma dopo un anno, ancor non so l’destino,
Di quella busta pien di speme e lodi.
Ergo ho atteso, e attendo,
E in dolor poesie ho scritto e vo scrivendo;
Questo grazie a te solo.
M’hai donato una cura,
Che m’ha plasmato l’duolo,
O Musa di scrittura.
Tuo splendore ha dato vita a un poeta,
Sì t’esalterò in versi eterni, o Greta.
E quando, e se mai ti rivedrò, chiederò:
L’tuo nuotar m’insegni?
È vero che sei Dea di tutti i Regni?
Poi altre ne avrei in mente…
M’aspetterò un anno, o Angelo splendente.