Cuori sanguinanti

scritto da Simona Antares
Scritto 7 anni fa • Pubblicato 7 anni fa • Revisionato 7 anni fa
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Autore del testo Simona Antares

Testo: Cuori sanguinanti
di Simona Antares

Silvia si era dimenticata di tutto, dei suoi guai, del suo lavoro, del suo compagno che aveva lasciato da poco più di un mese, si era dimenticata di telefonare a sua madre come faceva ormai ogni sera da quasi dieci anni, si era dimenticata di far uscire il cane, si era dimenticata di tutto, aveva deciso di dimenticare tutto.
Era nella sua camera, si era spogliata e sdraiata sul suo letto, letto che aveva il potere di farle dimenticare tutto, di donarle l’oblio. Pensando all’oblio, a Silvia venne in mente Ulisse e l’ammaliante canto delle sirene.
Stava sempre più sprofondando nel torpore quando l’improvviso squillo di un telefono destò i suoi sensi.
Driiiiiin!
“Maledetto telefono” pensò tra sé.
Driiiiin!
“Chi diavolo sarà adesso?” disse tra sé mentre afferrava stancamente la cornetta.
“Pronto?”
Nessuna risposta. Solo un respiro affannoso.
“Pronto? Chi c’è lì?”
Nessuna risposta. Di nuovo il respiro, sempre più affannoso, accompagnato da una flebile risata.
“Si può sapere chi sei?”
“Cos’è, non mi riconosci più?” chiese la voce misteriosa.
“No. Chi diavolo sei?”
“Beh, diciamo che sono una persona che tu conosci molto bene”
“Senti, io sono stanca e non ho assolutamente voglia di giocare, per cui sei pregato di...”
“Hai quattro ore di tempo” la interruppe la voce.
“Quattro ore per cosa? Pronto? Ma chi parla? Pronto? Pronto?”
“Vai in salotto” disse la voce. Poi riattaccò.
Silvia era in preda al terrore. Chi era quello psicopatico? Perché doveva andare in salotto? E quattro ore per cosa?
Si alzò dal letto e uscì dalla camera. Mentre attraversava il buio corridoio, sentiva dentro di sé una paura crescente, una paura a lei estranea e non riusciva a capire il perché.
“Non posso crederci, tutto ciò non ha senso”
Continuava a camminare; le gambe le tremavano a ogni passo, il freddo pavimento sotto i suoi piedi la faceva rabbrividire.
La porta del salotto era in fondo al corridoio. Era chiusa e dall’interno provenivano strani rumori. C’era per caso qualcuno in casa? Si, qualcuno era entrato in casa sua.
Afferrò un coltello dalla credenza della cucina, girò la maniglia e spalancò la porta del salotto.
“Oh mio Dio, Francesco!” Silvia urlò. Un uomo pendeva dal soffitto impiccato a una corda di nylon, il suo viso era bluastro e la lingua pendeva penzoloni. Era il suo compagno, Francesco.
Cassandra cercò di avvicinarsi al cadavere, ma il terrore glielo impedì. Corse in camera sua, doveva assolutamente chiedere aiuto.
Aprì la porta della sua camera, corse verso il telefono, compose il numero e, proprio mentre stava per schiacciare il pulsante di invio, una mano le bloccò il polso.
Silvia non fece in tempo a schivare il colpo dell’uomo che l’atterrava. Tutto divenne buio.
Quando rinvenne, si ritrovò distesa sul letto. Era stordita e aveva un forte dolore alla mascella destra. Tutto era sfocato intorno a sé, come una specie di sogno lontano.
Provò ad alzarsi e vide sotto di sé una scritta in rosso. Era sangue. Disperata, lesse il messaggio:
“Nella brughiera inglese c’è il paradiso del perfetto misantropo”.
Che razza di messaggio era quello? Silvia era sempre più spaventata, qualcuno era entrato in casa sua, aveva ucciso e appeso il suo compagno a una corda nel suo salotto e l’aveva colpita al volto, lasciandole poi un messaggio sul letto scritto con il sangue.
Riguardò la scritta. Che cosa voleva dire? Nella brughiera inglese. Era tutto così vago.
Poi un lampo di luce passò nella sua mente.
“Brughiera” disse tra sé “Il paradiso del perfetto misantropo. Ma certo!”
Alzò lo sguardo verso la grande libreria difronte al suo letto. Si alzò e prese un volume. Lo rigirò tra le mani.
“Cime tempestose” disse tra sé. E poi quella frase ritornò alla sua mente “Hai quattro ore”
Lo aprì. Nel centro c’era un grosso pezzo di carta strappato. All’angolo c’era il ritaglio di una foto. Ritraeva un fiore, un gladiolo rosso.
“Questo fiore è così splendido”
“E io te lo donerò, mia affascinante principessa, te lo donerò affinché tu non possa mai dimenticarmi”
I ricordi riaffiorarono nella sua mente impetuosi come un fiume in piena.
“Cime tempestose" mormorò “il mio romanzo preferito”
Comprese tutto. Era lui, era Luca, il suo ex fidanzato. Ma come era possibile? E perché?
Con la mente confusa si sedette sul letto.
“Luca, è lui”
“Si, sono io!” Una voce apparve all’improvviso. Sinistra, oscura, malefica.
Silvia alzò lo sguardo e vide un ragazzo dai capelli neri e dai profondi occhi chiari che la guardavano sorridenti.
Silvia urlò ma lui si precipitò su di lei tappandole la bocca con la mano destra.
“Zitta, nessuno deve sentirci” Poi, accarezzandole dolcemente i capelli “tu mi hai lasciato, non dovevi farlo” Poi, in tono minaccioso aggiunse: “mi dispiace per te ma il tempo a disposizione è scaduto. Ricordi il ragazzo per cui mi hai lasciato? Hai visto, pende come un prosciutto in salotto!” disse con una risatina stridula.
Cassandra cercò di urlare, di mordere la sua mano ma non ci riuscì, il suo palmo era troppo forte e gli stava coprendo il naso e la bocca. La stava soffocando.
Lei si agitava ma lui la teneva ferma, la sua presa era d’acciaio. Si agitava sempre di più ma alla fine cedette.
Tutto intorno a lei si fece sfuocato, suoni, odori, rumori, l’aria le mancava sempre di più, i suoi polmoni la imploravano.
Ci impiegò più di dieci minuti a morire. Non poté sentire il sangue del suo fidanzato bagnargli la testa.
Entrambi erano morti e quando la polizia li trovò erano abbracciati come due ragazzi che si erano amati da poco e ora riposavano in un sonno eterno.
Due volti pallidi, due cuori sanguinanti.
Cuori sanguinanti testo di Simona Antares
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