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Mi alzo dal letto, come ogni giorno,
carico di una noia che sa di nebbia.
Mi lavo il viso: nello specchio
un volto che non riconosco.
Bevo whisky, con tanto ghiaccio,
nel silenzio che mi mastica piano.
Quanto ho bevuto, senza di te?
Da nove anni mi segui come un’ombra,
andavi e venivi, instabile come il mare,
ma i nostri corpi si cercavano nel buio.
Scendo in strada,
mi confondo nel traffico della folla.
E tu—sempre tu—
l’unico pensiero che mi trapassa.
Sei dolce e amara come una ferita che sa di miele.
Sei la mia gelosia,
la mia passione,
il mio dolore,
la mia follia.
Distolgo lo sguardo:
provo a cercare altrove.
Rientro a casa,
trascinando il corpo come un’ombra,
il silenzio sulle pareti mi conosce.
Dipingo la mia anima
su una tela bianca,
ma il tuo volto riemerge,
beffardo, tra le pennellate.
L’anima,
ancora,
ti reclama.
Un bacio, una sigaretta,
una vodka che inganna il dolore.
Metto un vecchio disco:
ed eccola—la mia compagna—
la malinconia,
che mi siede accanto.
Pranzo tardi,
quando è già l’ora di cena.
Esco sul balcone,
accendo l’ultima sigaretta,
e guardo le stelle:
sperando che, in una prossima vita,
io possa rinascere
senza questo passato
che ancora mi brucia.