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Il cielo plumbeo incombe sulla casa dei Mitchell come un presagio funesto mentre mi avvicino alla porta scrostata. Il vento gelido mi trafigge le ossa, quasi volesse dissuadermi. Esito un istante, poi busso.
Padre Mitchell apre lentamente, i suoi occhi sono pozzi di diffidenza. "Chi è lei?" gracchia.
"Steven Clark, padre," rispondo con voce calma. "Sono un prete, un vecchio amico della sua defunta moglie, Rose Sono qui per parlare di Dorothy, sua figlia".
Il suo volto si contorce. "Dorothy è scomparsa. Non c'è nulla da dire." Tenta di chiudere la porta, ma la mia mano la blocca.
"Per favore," insisto gentilmente. "Sono passati vent'anni. Le famiglie meritano risposte, pace."
Un lampo di qualcosa - paura? colpa? - attraversa i suoi occhi. Dopo un lungo momento, si fa da parte. "Entri," mormora. "Ma non so cosa speri di trovare qui."
L'interno è un labirinto di ombre e ricordi. Noto una vasta collezione di fucili alle pareti, ma non commento. Il signor Mitchell mi conduce in un soggiorno polveroso, indicandomi una poltrona logora.
"Cosa vuole sapere?" chiede bruscamente.
"Qualsiasi cosa possa dirmi sulla notte in cui Dorothy è scomparsa," rispondo cautamente.
Il vecchio sospira pesantemente. "Era una notte come questa. Fredda, buia. Dorothy era... inquieta."
"Inquieta?" lo incoraggio delicatamente.
"Sì, da settimane. Pensavo fosse solo l'adolescenza, ma..." Si interrompe, gli occhi persi nel vuoto.
"Ma?" insisto dolcemente.
Padre Mitchell si alza all'improvviso. "Venga con me. C'è qualcosa che deve vedere."
Confuso, lo seguo. Si ferma davanti a un tappeto consunto, lo scosta rivelando una botola nascosta. Il mio cuore accelera.
"Cosa c'è laggiù?" chiedo, la gola improvvisamente secca.
"La verità," sussurra, aprendo la botola. "Dorothy è qui."
Scendiamo in uno scantinato buio e umido. L'aria è densa, carica di un odore che non riesco a identificare. Padre Mitchell accende alcune candele, rivelando un ambiente spoglio. In un angolo, intravedo una forma indistinta.
"Dorothy?" chiamo esitante, avvicinandomi cautamente.
"Non risponderà," mormora il vecchio. "Non è più lei da molto tempo."
Quando la luce tremolante illumina completamente l'angolo, rimango scioccato. Ciò che vedo mi lascia senza parole, un brivido mi percorre la schiena.
"Cos'è successo?" sussurro, incapace di distogliere lo sguardo.
Padre Mitchell si avvicina alla forma, iniziando a mormorare in latino: "Exorcizamus te, omnis immundus spiritus..."
"Perché sta facendo questo?" chiedo, confuso e allarmato.
"Devo provarci ancora," risponde, la voce rotta. "Devo salvarla."
"Salvarla da cosa?"
"Dal demonio," sibila. "Era posseduta. Lo capisce? Dovevo fare qualcosa!"
La sua voce cresce d'intensità: "In nomine et virtute Domini Nostri Jesu Christi..."
I minuti passano, la tensione cresce palpabile.
"Non funziona," geme infine. "Non funziona mai."
"Cosa intende?" chiedo cautamente. "Da quanto tempo sta facendo questo?"
Il vecchio crolla a terra, singhiozzando. "Da quella notte. Oh Dio, da quella terribile notte."
"Cosa è successo quella notte?" incalzo gentilmente, sentendo che siamo vicini alla verità.
"Lei... lei mi disse..." balbetta tra le lacrime. "Mi disse che non era più pura. A tredici anni! Capisce? Il demonio l'aveva corrotta."
Il mio sangue si gela. "Cosa ha fatto, Padre Mitchell?"
"Dovevo salvarla," sussurra. "Ero il sagrestano, conoscevo i rituali. Ma qualcosa è andato storto. Le mie mani... erano sul suo collo... Non volevo... Oh Dio, non volevo!"
Mentre il suo pianto riempie lo scantinato, la terribile verità si fa strada nella mia mente. Guardo di nuovo l'angolo, e ora vedo chiaramente: non è Dorothy, ma un mucchio di ossa ingiallite.
Lentamente, estraggo il registratore dalla tasca.
"Padre Mitchell," dico con voce ferma. "Devo dirle una cosa. Non sono un prete. Sono un investigatore in pensione. Ho registrato tutto."
Il suo volto si contorce in una maschera di orrore. Prima che possa reagire, si alza di scatto e corre su per le scale. Lo inseguo, il cuore in gola.
Lo trovo nel soggiorno, un fucile tra le mani tremanti. "Mi dispiace, Dorothy," mormora.
"No!" grido, ma è troppo tardi. Lo sparo risuona come un tuono, e il corpo di Padre Mitchell cade pesantemente.
Rimango immobile, fissando la scena, mentre il silenzio scende come un sudario sulla casa dei Mitchell. Lentamente, mi avvicino al corpo, la mente che fatica a processare gli eventi delle ultime ore.
"Il demonio," mormoro infine, masticando ogni parola come un chewing gum, "si è davvero impossessato di questa casa."