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Sono da poco passate le sedici di questo venerdì d’autunno e ancora non ha smesso di piovere.
Resto immobile su questa dannata poltrona a fissare le gocce di condensa che colavano lungo il vetro appannato, dall’umidità e dalle sigarette, della finestra di fronte a me.
Penso solo ad immedesimarmi in quelle gocce d’acqua: nati per caso, contro ogni volontà, costretti a correre lungo una linea immaginaria per tutta la durata della propria vita, senza potersi mai fermare o tornare indietro, senza spiegazione logica e razionale e senza una meta ben precisa ma solo con l’obiettivo inconscio di continuare il tragitto per poi trovarsi a morire, alla fine, con l’idea di non aver mai combinato un cazzo della propria vita.
Merda, sono proprio io…
Tutti a dire che “i più grandi sono morti a 27” peccato che io ai 27 ci sono arrivato ma l’unico traguardo raggiunto è forse quello di aver imparato ad allacciarmi le stringhe delle scarpe al primo tentativo.
E pensare che manco sono arrivato alla fine di quella vetrata.
Amo queste giornate piatte e cupe perché si riesce sempre a trovare uno spunto, un momento di riflessione che, normalmente, non si riesce a trovare perché ci troviamo incastonati nei ritmi insidiosi ed opprimenti della società. Fare le coda in macchina quando ci si reca e si ritorna da lavoro, fare la coda al supermercato per dei rotoli di carta igienica, dal giornalaio, barbiere, panettiere, benzinaio, dalle puttane.
La vita dovrebbe essere sempre più fluida come se, appunto, fossimo trasportati dalla gravità lungo quel vetro liscio ed appannato; anche se poi non apprezzerei questi momenti di tranquillità e monotonia. Questo momento di auto considerazione e chiusura in me stesso. Per quanto un uomo (inteso come uomo o donna, sia chiaro) possa amare una bella scopata, necessita di pace e tranquillità e di potersi soddisfare da solo.
Nessun problema.
Nessuna preoccupazione alcuna.
Forse è l’unico momento in cui posso davvero decidere se continuare o fermarmi.
Nessuno conosce bene se stesso come…se stesso, appunto.
Ma non mi conosco affatto.
Non so nemmeno come reagirei in determinate situazioni tanto che cerco di evitarle come evito i passanti in strada che chiedono l’autostop: fingo di non vederli.
Ogni tanto penso a come mi sentirei io se fossi nella loro situazione, sotto la pioggia battente, senza la certezza di arrivare a casa e buttare quei vestiti fradici, fare una doccia calda, sedermi a mangiare a tavola mentre guardo i risultati delle partite alla televisione. Sarebbe davvero snervante.
Fanculo potrebbero togliermi anche la casa ma la macchina mai! Almeno avrei le chiappe appoggiate su un sedile comodo e avrei anche la scusa per andarmene altrove se dove sono non ci fosse altra ragione di vita: non avrei orari dei treni o aerei da rispettare, mi fermerei a bere negli autogrill ogni volta che ne ho voglia, ci posso dormire o scopare e starei sempre all’asciutto.
Ma credo che forse ogni tanto, anche se non nella stessa situazione, un po’ tutti siamo come quegli autostoppisti che cerchiamo, anche inconsciamente, un aiuto da qualcuno. Spesso basta un gesto per far capire che ne abbiamo bisogno perché le parole fanno paura e male e ci imbarazza pronunciare la parola “aiuto!” quasi come se fosse strano doversi trovare in difficoltà. Si rischierebbe poi di trovarsi seduto su una poltrona qualsiasi, in un appartamento qualsiasi a fissare una dannata finestra che dà sulla Ocean Drive.
Che fine…quasi come morire.
Forse quelle gocce non aspettano altro che qualcuno le fermi prima di schiantarsi al suolo ma io le ignoro come sempre faccio con tutti, anche con me stesso.
Ogni tanto vorrei solo che qualcuno bussi con veemenza alla mia porta pronunciando magari parole tipo “aprimi, so che sei lì dentro! Ho bisogno di parlarti” invece, spesso, si presentano per chiedermi gli arretrati dell’affitto. Ma con che coraggio puoi venire a chiedermi dei soldi? Al massimo posso offrirti un bicchiere di gin e tonica ed una sigaretta.
…
*glu glu glu*
AAAAHHHHH
…
Anzi, fai solo una sigaretta visto che il gin l’ho finito!
È questo ciò che ti meriti per la tua indifferenza.
Non vedi che sono qui a bordo della strada, scalzo e sotto la pioggia battente, col braccio teso ed il pollice alzato?
Sono arrivati i 27
e la corsa è finita.