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Accarezzo la bambola e canticchio quella melodia che non mi fa sentire meglio, per niente direi, in realtà non fa altro che rendermi ancora più vera l'attesa e, in modo quasi masochista, mi consola. Iniziano a farmi male le gambe per averle tenute incrociate troppo a lungo, con il sedere son diventata un tutt'uno col pavimento che nonostante l'aria calda nella piccola stanza, è piuttosto freddo, la schiena curvata sopra questa bambola che mi fissa e che mi ascolta ma non mi dà risposta mi fa male. Faccio un sospiro e prendo coraggio. Esco dal mio rifugio, mi stiracchio e mi stropiccio gli occhi troppo asciutti. Mi guardo intorno. La stanza in cui mi trovo è completamente rivestita da piccole doghe di legno chiaro, alle mie spalle, al di là del tavolo c'è un mobile che occupa tutta la parete, in basso ci sono dei cassetti e delle ante, sulla sinistra c'è il frigo, in alto le vetrine. Davanti a me invece, sulla destra c'è la cucina affiancata da altri mobili e pensili, frontalmente ma posizionato più a sinistra c'è il lavandino. Alle sue spalle si trova la camera da letto, l'unica di tutta la mia minuscola casa. Di fianco al lavello una piccola porta apre sul bagno. Di fronte al bagno c'è una stufa, di quelle antiche, completamente nera. Non ricordo di averla mia vista accesa. Di fianco ad essa c'è la porta d'ingresso. Non so perché ho impressa questa unica visione della casa, da quest'unica prospettiva di me all'impiedi in quell'esatto punto.
Dalla camera non esce un suono, solo fumo.
"Mamma?" dico con tono talmente flebile che mi sembra di averla chiamata solo nella mia mente. Alzando un pochino la voce riprovo ma non ottengo risposta. Sapevo già che non mi avrebbe ascoltato, la immagino seduta sul letto a mangiarsi le unghie mentre ormai il suo sguardo è diventato di pietra, ha sciolto i suoi bellissimi capelli ricci biondi e ci ha passato le mani talmente tante volte da arruffarli come la criniera di un leone, il mollettone abbandonato sulle coperte e il pacchetto di sigarette con l'accendino sistemati perfettamente sul comodino. Vado verso il lavandino, l'aria qui dentro mi ha seccato la gola, dovrei riuscire ad arrivare a prendere un bicchiere per riempirlo d'acqua. Faccio un passo, le gambe mi tremano ancora per la posizione assunta poco prima, ne faccio un altro, lentamente i battiti del mio cuore si stanno normalizzando. Mi arrampico sul lavandino e dallo scolapiatti riesco a prendere un bicchiere mi siedo sul bordo, gambe penzoloni e mi verso da bere.
Bevo avidamente, tanto che rischio di soffocare almeno un paio di volte. In quel momento mi torna in mente quando ho detto che ho paura di morire. Ma poi mi chiedo come possa far paura l'addormentarsi per poi svegliarsi in un posto bellissimo pieno di luce e giochi. Così mi è stato spiegato. Forse la mia paura dipende dal fatto che si possa soffrire in qualche modo. Ma io cosa ne posso sapere? Vorrei chiedere, ma forse meglio di no perché le mie domande sono prive di senso. Poggio il bicchiere a testa in giù nel lavandino proprio sul filtro dello scarico. Sto per scendere quando sento un suono che mi fa rizzare i pochi peli che ho su tutto il corpo. In questo istante vorrei essere in strada, anche se fuori è buio, vorrei essere lì davanti la Chiesa di fianco casa, vorrei correre tra la gente confondermi tra di loro e sparire. Sparire per sempre. Tante volte dal balconcino della camera ho osservato i piccioni volare sulla mia testa e chiedermi se ci fosse cosa più bella che avere le ali e avere la possibilità di lasciarsi cullare dall'aria e dal vento. Io purtroppo non sono nata piccione.
Sento quel suono, il portone da basso che si chiude con un tonfo ovattato, sento i suoi passi salire. So che sono i suoi perché ho imparato ad affinare il mio udito troppo bene. È quasi arrivato alla porta. Io resto ferma seduta immobile sul lavandino invasa dall'ansia, lo stomaco chiuso in una morsa, trattengo il fiato. È tardi anche per piangere. Per nascondere il mio disagio dondolo le gambe avanti e indietro. Sento la serratura scattare e la porta si apre. La corrente che si crea dal balcone aperto e la porta fa in modo che il suo profumo mi arrivi dritto in faccia e un senso di nausea mi travolge ma lo nascondo. Sono diventata bravissima a nascondere quello che sento e che provo. "Ciao" mi dice con un sorriso.