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SEMBRAVA UN CONDOMINIO TRANQUILLO…
Da poco ci eravamo trasferiti nel nostro nuovo appartamento ed era stata una vera fortuna aver acquistato quell’abitazione.
Era situata, infatti, in una bella zona, provvista di tutto il necessario, piena di verde e non troppo lontana dal centro.
L’appartamento non era molto grande, ma ben disposto e più che sufficiente per una famiglia come la nostra, inoltre, dava proprio l’impressione di trovarsi in un condominio tranquillo.
Ahimè, quell’ impressione si rivelò ben presto completamente errata.
Pochi giorni dopo il nostro trasferimento, in piena notte fummo svegliati da rumori assordanti. Era la signora Franchi del terzo piano, una donna, a dire il vero, molto elegante e raffinata che, in preda ad una crisi di nervi, spalancava la porta di casa per poi richiuderla violentemente più e più volte. Non contenta, afferrava sedie e altri oggetti sbattendoli con forza sul pavimento. Il tutto, ovviamente, accompagnato da urla sovrumane che nel silenzio della notte echeggiavano nel giroscale.
Il giorno seguente venni a sapere che la cosa si ripeteva piuttosto regolarmente e che era una reazione al continuo disturbo causato da Beniamino, un avvinazzato che abitava sopra di lei e che ancora non avevo avuto il piacere di conoscere.
Ma a distanza di pochi giorni, eccolo entrare dal portone, completamente bagnato dalla pioggia che cadeva copiosa.
Barcollante e fradicio, parlava da solo, alternando alle sue biascicate parole versi gutturali assolutamente incomprensibili.
Più tardi, dei vicini mi spiegarono che, essendo un tipo molto devoto, emetteva quei versi per evitare di bestemmiare. In sostanza, ogni volta che sentiva di dover pronunciare un’ imprecazione, la sostituiva con una sorta di grugnito.
Quando non era ubriaco, si presentava piuttosto schivo ma quando, in preda all’ alcol, incrociava qualcuno per le scale, a mani giunte chiedeva con insistenza: “Non sono cattivo vero?”, e quella domanda diveniva una sorta di mantra finché il malcapitato non lo rassicurava a dovere.
“Che personaggio!”, diceva sempre mio marito ogni volta che lo incontrava, anche perché, non si sa come mai, per il signor Beniamino lui era diventato “il carabiniere”, pur non essendolo affatto.
A parte questo, quello strano individuo, nonostante fosse piuttosto facoltoso, si rifiutava da tempo di pagare le spese condominiali con l’assurda motivazione che l’amministratore gli era antipatico. Purtroppo, anche il suo dirimpettaio, aveva smesso di saldare i conti.
“Se lui non paga, non vedo perché io dovrei farlo,” sosteneva con convinzione.
Insomma, una bella gatta da pelare per il condòmino che gestiva l’amministrazione dello stabile!
Ma di stranezze ce n’erano altre nel condominio.
Al primo piano abitava una coppia di anziani. Lei era una signora molto carina e gentile, ma lui un vecchio burbero dalla faccia arcigna e perseguitato dalla paura dei furti. Temeva persino che gli rubassero la posta dalla cassetta delle lettere, che lui aveva l’abitudine di chiamare bussola. Non di rado suonava i campanelli per chiedere se qualcuno avesse sottratto la sua posta.
In seguito, il povero signor “Bussola”, così era stato soprannominato, uscì completamente di senno. Un giorno, senza alcuna motivazione, lo vedemmo sradicare a mani nude e con incredibile velocità, le piante che formavano la siepe del giardino. Vista la sua esile corporatura, la sua andatura tentennante e le sue tremolanti mani, nessuno riuscì a capire come avesse trovato la forza per fare una cosa del genere.
Ad ogni modo, per non farsi mancare nulla, all’ultimo piano abitavano una madre e una figlia entrambe di una certa età che tutti, per le loro caratteristiche fisiche, chiamavano “le Albine”. Avevano un aspetto un po’ grottesco che intimidiva i bambini, ma nel complesso erano gentili e tranquille. Ben presto, però, la madre ebbe problemi di demenza e quando si ritrovava a casa da sola usciva sul balcone piangendo e urlando un ripetuto “Aiutatemi, aiutatemi…” che poteva durare anche per ore.
Nell’appartamento accanto, invece, viveva un’insegnante in pensione con una sorella decisamente particolare. Anche in piena estate con temperature africane, la donna girava con cappotto di lana e un cappello ficcato sulla testa simile al colbacco dei cosacchi. Inevitabilmente, la gente del condominio la chiamava “la Russa”.
Quando “la Russa” morì, anche la stimata insegnante cominciò a dare segni di squilibrio. Più volte fu necessario chiamare i pompieri per evitare gli incendi che rischiò di provocare. Inoltre, dalla finestra lanciava in continuazione interi piatti di pasta e quant’ altro ai piccioni che gironzolavano in giardino, senza curarsi se qualcuno in quel momento stesse passando.
La situazione peggiorò quando iniziò a lanciare degli ossi piuttosto grandi usati per fare il brodo. Per poco il signor Sergio non si beccò un grosso ossobuco in testa e, considerando che arrivava da una notevole altezza, il rischio corso non era stato poi così banale.
Nel frattempo, proseguivano le furibonde lotte tra Beniamino e la sempre più esaurita signora Franchi, che di notte non smetteva di sbattere porte e oggetti vari, costringendo i figli a dormire in garage. Figli che comunque la difendevano e che di giorno finivano spesso per litigare violentemente con qualche vicino esasperato. Di quando in quando, qualcuno chiamava i poliziotti o i carabinieri, ma questi, dopo le opportune e doverose minacce, se ne andavano e tutto tornava come prima.
Ricordo la scena tragicomica di una notte particolarmente turbolenta. L’amministratore, un signore di norma molto compito e paziente, era uscito sul pianerottolo in mutande brandendo il manico di una scopa, mentre la moglie lo strattonava intimandogli di rientrare. Rientrò, infatti, e si scusò con tutti per aver perso la testa, ma la situazione stava diventando veramente insopportabile.
Nel condominio non mancava davvero nulla. C’era il signor Anselmo, un tipo innocuo, ma decisamente fuori dal comune, che viveva con l’anziana madre. Ossessionato dalle donne e dalla politica, sulle scale esponeva ad altissima voce le sue solitarie elucubrazioni mentali farcite di bestemmie e parolacce di ogni genere che intercalava a vecchie canzoni cantate a squarciagola a qualunque ora. Quando in giardino o sui pianerottoli incontrava qualcuno, non la smetteva più di parlare, facendo battute talvolta insipide e altre volte piuttosto pesanti sul gentil sesso. Era un modo per risultare simpatico, ma in realtà, proprio per questo, tutti cercavano di evitarlo.
C’era poi Il signor Pino che d’estate si recava spesso nella vecchia lavanderia del sottoscala a bollire patate o altro su un fornellino da campeggio, sostenendo che in casa faceva troppo caldo. Talvolta capitava che cucinasse pure del pesce e in quel caso l’olezzo si spargeva per tutto il giroscale.
Il signor Pino era famoso per la sua caccia alle offerte speciali di cui informava tutti i condomini. Essendo in pensione, quello era diventato il suo passatempo primario. Trascorreva le giornate girovagando da un supermercato all’altro, comprando quantità esorbitanti di cibo in offerta, che, a detta di sua moglie, puntualmente finiva per scadere o si deteriorava prima di averlo consumato del tutto.
Che dire poi dell’anziana signora Gina, che era solita dimenticare i rubinetti aperti. Una volta, avendo chiuso il tappo della vasca da bagno, allagò il suo e il nostro l’appartamento senza rendersene minimamente conto. Quando salimmo, per dirle che dal soffitto stava diluviando, venne ad aprire camminando nell’acqua con estrema naturalezza.
Comunque, c’erano tante persone davvero piacevoli nel condominio.
Nelle serate estive era bello ritrovarsi in giardino a fare due chiacchiere e a sorseggiare insieme una birra.
Inoltre, c’era sempre tanta solidarietà se qualcuno aveva bisogno di aiuto.
Ricordo che, quando durante i temporali estivi si allagavano le cantine, in tanti si collaborava per risolvere la situazione. E il signor Mauro, che nella sua teneva una buona scorta di vino, volentieri ne offriva un bicchiere a tutti. Alla fine, si creava un’atmosfera quasi allegra che rendeva più sopportabile il disagio causato dalla pioggia torrenziale.
Ormai, molti dei vecchi condòmini non ci sono più e, non considerando gli ordinari problemi legati alla convivenza, c’è decisamente più calma nel palazzo. Tuttavia, quasi non ci si conosce e qualcuno nemmeno saluta o pronuncia un buongiorno a denti stretti che non sembra nemmeno un saluto.
Non era un condominio tranquillo quello di molti anni fa, eppure, nonostante tutto, si respirava un calore umano che oggi, purtroppo, sta lentamente scomparendo.