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Qual preda avvinta
Da nebulosi sospiri
La notte
Assorta, mi riduco al silenzio
Troppo favellare il dì m’ha stancata
Voglio solo guardare, mirare, fantasticare
M’estraneo e involo
Levito oltre rammarico e fardelli
Son eterea e lucente
Io
La sola siderea pennellata
Su tela muta e ostinata
di notte anonima, d’ottusa cecità
Non un grumo di stelle
Che faccia eco al chiacchiericcio dell’io
-Chiassoso
Vorrei specchiarmi nel firmamento che su di me veglia
Ma non v’è rispondenza, alcuna identità di vortici e di spire
Sono vento impetuoso
Ma non odo altrettanti roboanti luccichii
( di stelle )
Tu sola e pervicace
Selene
M’assecondi
E sei oblò lattiginoso
Incastonato nelle profonde tenebre
Con sguardo affamato ti posseggo
E indugio a ripercorrere il profilo tuo circolare
Mulinanti le pupille
Aizzano nove e virulente elucubrazioni
Ti scruto e mi chiedo
M’interpelli con la tua epifania stessa
E risposta non oso pronunciar, ché non so
Ove si sian perdute le tue sodali, mi domandi
Come mai tu presenzi solinga e desolata
Non l’afferro e nemmeno tu, intendi
Nel buio insidioso
Riluci ma ti strazi
Come di quei cori
-Palpitanti da tinger le gote-
Che s’arrestano al solo cenno
Dell’amato che’l capo scote
Galoppo d’amor sfuma
E’l rifiuto é rovo che trafigge
Così Impietoso, poi vile
Il petto
Senza sentor d’immenso e favole
É disadorno
Come questa tela notturna, errata e scura
Da pittore disattento giust’abbozzata
L’artista sciagurato n’ha messo a foco
O
n’ha richiamato all’ordine, i siderei prodigi
Smarrito il senso, obliata la cagione
Non tremo pe’ novelli travolgimenti e sorrisi
Di quelli che restano incastrati
Ad orbitar nel punto mediano
tra anima e ragione algida
“Amor Ch’a null’amato amar perdona”
Al gran rifiuto dell’adulato fa seguitare
La mutezza inesorabile, agghiacciante
Di queste ore notturne oramai spoglie
Di questo cielo incurante e mite