Inter-Juventus (una sfida infinita)

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Quando Inter e Juventus si ritrovano ad avere le mani sullo stesso trofeo si va sempre, inevitabilmente, oltre il calcio
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Testo: Inter-Juventus (una sfida infinita)
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Erano anni che dalle nostre parti non si assisteva ad una corsa scudetto così avvincente. Il campionato italiano, ultimamente, era diventato un teatro su cui ogni anno si presentava un solo attore, tutti gli altri non erano che semplici spettatori. L’ultima vera sfida degna di presentazione risale alla lontana stagione 2017-2018, quando la mastodontica Juve di Allegri si giocava l’ottavo scudetto consecutivo col Napoli di Sarri (squadra rimasta alla storia per essersi classificata seconda con 91 punti e per il ‘sarrismo’ – termine entrato a far parte del dizionario italiano).

Quest’anno, a sorpresa, su quel teatro sono saliti due giovani attori. Ad oggi, è difficile dire chi dei due meriti veramente il ruolo di protagonista. L’Inter di Simone Inzaghi contro la nascente Juve di Allegri, i continui saliscendi di Vlahovic e Chiesa contro un mostro di nome Lautaro e il sorprendente Thuram, Locatelli-Rabiot-Mckennie contro Barella-Calhanoglu-Mkhitaryan, la promessa Frattesi contro la stella nascente di Yildiz. Pensare che le due compagini stiano lottando solo per lo scudetto è come guardare un quadro e dire che si tratta soltanto di una cornice e una tela sporca di colori. Questa battaglia per il primo posto è entusiasmante, un gran bel vedere per gli occhi, un motivo d’ispirazione, a tratti estenuante, devastante per il cuore di un vero tifoso: improvvisi capovolgimenti di fronte, ansia da prestazione, esultanze fuori da ogni logica, minuti finali da batticuore, esplosione al triplice fischio, vecchi dissapori che riaffiorano fra le due tifoserie. Una di quelle sfide il cui eco si diffonde così lontano da coinvolgere anche chi di calcio non ne mastica.
Non si tratta solo di vincere: Inter-Juve è un colossal che va avanti da più di venti anni, probabilmente da quel 5 maggio in cui Ronaldo (il fenomeno) piangeva per lo scudetto appena regalato ai rivali bianconeri. Parlare di Inter-Juve è come parlare del gatto e il cane, del sole e la luna. Chi dei due sia gatto e chi il cane non è una faccenda semplice; ognuno ha la sua idea di calcio che, a sua volta è strettamente legata all’idea di vita.  

Quando Inter e Juve si ritrovano ad avere le mani sullo stesso trofeo si va sempre, inevitabilmente, oltre il calcio: vengono tirati in ballo considerazioni personali, ricordi, affetti, valori soggettivi e collettivi, poi le coppe in bacheca, le umiliazioni sul campo: un gioco di luci ed ombre in cui si manifesta il perenne conflitto tra la voglia irrefrenabile di vincere e dimostrare al mondo intero chi ha ragione e la tremenda paura di perdere e dover sopportare gli strascichi di una sconfitta per mesi o addirittura per anni. Vincere, in questi casi, diventa talmente importante che al minimo accenno di favore arbitrale all’avversario si scatena l’ennesimo inferno di accuse: calciopoli, calcio scommesse, plusvalenze, penalità non equamente distribuite, prescrizioni, falso in bilancio, favoreggiamenti…

Sono trascorsi diversi mesi da quando i bianconeri e i nerazzurri si sono dichiarati, vincendo quasi tutte le partite, acerrimi nemici per la conquista del titolo. L’Inter desidera conquistare la tanto agognata seconda stella (questo non piace ai cugini rossoneri poiché anche loro sono a quota 19); la Juventus, dopo un’annata disastrosa, culminata con la penalizzazione di ben 10 punti e il conseguente scivolone al settimo posto, sogna di sbattere in faccia agli interisti il 37° (o il 39°…) scudetto e di riaffermarsi in campo europeo. Da una parte abbiamo una squadra collaudata, con le spalle grosse di chi ha appena giocato una finale di Champions e l’orgoglio di aver tenuto testa ai mostri del Manchester City (in una partita in cui il pareggio sarebbe stato più che giusto). I nerazzurri, dopo quel 10 giugno, sembrano ancora più maturi e consapevoli: una sola sconfitta in casa col Sassuolo e tre pareggi con Bologna, Genoa e Juventus. Eccezion fatta per qualche partita rimasta in bilico fino al 90°, hanno letteralmente surclassato in casa e in trasferta ogni loro avversario. L’unica pecca dell’Inter è quella di avere una seconda rosa che sembra la brutta copia della prima. Dall’altra parte troviamo i nemici di sempre: i più odiati d’Italia, i gobbi, i ‘ladri’, i ‘malfattori’, la squadra più discussa, sia quando giganteggia sulle altre sia quando tocca il fondo: la Juventus. Una squadra rinata sotto tutti i punti di vista, piena di giovani promesse e di calciatori che, dopo un periodo buio, si stanno riaffermando: Vlahovic sembra tornato quello di Firenze, i centrocampisti non perdono un duello e contribuiscono alla fase realizzativa, il blocco difensivo Danilo-Gatti-Bremer è un muro contro cui spesso si infrangono le speranze degli avversari, e Szczesny, tanto discusso fino a due mesi fa, sembra il figlio segreto di Buffon.
Chi la spunterà?
Chi scenderà in piazza il 26 maggio?
Inter-Juventus: due diavoli con gli occhi rossi che preferiscono cavarsi tutti i denti con le proprie mani piuttosto che concedere un solo centimetro all’avversario. La sensazione è che alla fine saranno i dettagli a fare la differenza e che le due squadre, per quanto diverse, si equivalgano. La sfida al Meazza del 4 febbraio può essere un saggio sull’effettivo valore delle due compagini.

Quanto entrambi ci tengano a vincere lo spiegano i risultati, i goal all’ultimo minuto, l’agonismo con cui affrontano ogni partita. Basta guardare l’esultanza di Frattesi contro il Verona, il goal di Gatti a Monza, quello di Vlahovic a Salerno o di Cambiaso sempre contro gli scaligeri. 

Che questo sia il preludio a qualcosa di più grande, l’inizio di una dualità nel campionato italiano? Su una cosa le due squadre concorderanno certamente, quest’anno più che mai: una frase, un inno alla vittoria più di quanto le parole riescano a spiegare: fino alla fine.

Fino alla fine.

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