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chissà come stai,
chissà cosa fai,
ti sei dimenticata di me?
come i giocattoli,
quando cresci.
chissà che pensi,
quando è lui che ti tocca i capelli,
ti guarda negli occhi
ti bacia in tutti i posti.
dove ti sogno io.
dove non posso io.
è notte fonda,
le parole sono sempre le stesse,
curami da questa malattia,
vai via da me.
via da me.
sei afrodite, la dea più bella.
ed io sono un poeta,
che però ha perso la penna.
tu sei sempre la stessa.
bella più che mai,
anche se brilli con l’altro
mentre io brindo con l’alcool,
e cerco altre te.
ma giuro non le trovo mai,
come i tesori di afrodite
persi in questi via vai.
via da me.
da me.
sei andata già, un po’ di tempo fa,
era un giovedì, un classico
come quella volta che uscimmo qui,
a casa tua,
a casa mia,
si respirerà la stessa aria
ci sarà la stessa luna.
anche se più storta,
da quando non ci sei,
vivo solo per me,
la mia afrodite
così ti facevi chiamare.
come va col greco?
anch’io l’ho dovuto studiare.
ci siamo uccisi,
come i miti antichi,
soltanto per amarci,
non ne siamo usciti vivi.
ora sei andata via,
gli altri non capiranno
che sei stata linfa
quando è caduto anche
il mio ultimo albero.
afrodite mia,
portami via.
rubati gli ultimi istanti,
di questa misera vita.
lasciami lei,
l’unica lei.
la mia donna,
la mia dea, senza dei.