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Attraversammo i monti Eretici
le valli Ermetiche, il treno correva
ed era carcassa di ferro
a trasportare materia umana
poi si fermò alla stazione
di Timbuktù, e salutammo
la moschea Djinguereber.
Vedi quei cavalli? corrono zoccoli
e criniere, corrono sulle stelle
mentre viene sera,
transiberiana era ancora ferma
e tu mi dicevi ripartirà
verso il fiume Lete, verso la sete
dei nostri giorni?
Poi ripartì e divenimmo astronauti
verso Gerusalemme,
verso le gemme d'oriente.
Vedemmo Mosca, Vladivostok,
fino a Pechino dove l'imperatore
ci accolse nell'etereo
invito delle sue spade.
E mentre eravamo inermi
davanti al sole, la luce ci trafisse
in un rantolo di quiete,
e il treno sferragliava
verso la lava dell'Etna
poi si fermò davanti a un lupo,
mentre mangiavamo pane
si placò la fame, ma c'era ancora
voglia di vita, voglia di andare.
Mani nere nel blu
costruivano binari per prolungare
il tragitto
fino alle terre d'Ismaele
ai confini dove gli atolli ballano
e gli squali impollinano.
E il treno andava, ci affacciammo
e il vento era una carezza
a sentire l'odore familiare delle onde,
perché laggiù
disteso in fondo a quei binari
c'era il mare Serenitas della Luna.
Fu un viaggio onirico
ad accompagnaci alla riva
la transiberiana ci porto a est,
mentre spuntava l'alba
c'erano due graffi neri nella neve
quei graffi eravamo noi...
poi uscì dalle nuvole
il nostro cuore pulsante fatto di fuoco
e ghiaccio, di forza e mistico coraggio.