Sellino
Karim Nazari preparò al solito come ogni mattina dopo il quotidiano fajr tra prosternazioni e albe all’orizzonte, con grande trepidazione, infantile rimasuglio fanciullesco affogato nei ricordi tra schiere di grano subconsci , denso nero caffe in moka, ottimamente macinato come lui amava comprato per non pochi spicci in una delle migliori aziende di torrefazione di Teheran rigorosamente a conduzione familiare e lì isolata all’interno di un ampio cortile di cemento ed erba salvatica e un’ampia cinta di filo spinato come fosse una interdetta base militare, un avamposto post apocalittico isolato tra la giungla urbana, per terra non lontano dalla porta d’ingresso dell’azienda segni in gesso d’arcaici giochi per bambini passati lì chissà quando.
<< Il vero caffè non si mischia con niente e va bevuto amaro, lui è nobile, non accetta lordura. Ci ricorda col suo profumo soave e il suo amaro sapore l’illusione e la durezza della vita, prendetemi per esagerato, ma per me è il caffè è dono di Allah e ci vedo filosofia, chiamatemi pure kafir, non mi interessa ma io nel caffè vedo il significato che per me ha la vita dal 1979 qui a Teheran>>
Asghar il proprietario sparava uno dei suoi viaggi mentali e sovversivi fra sé e sé mentre sul retro preparava i grossi sacchi di chicchi a Karim che mai avrebbe tollerato un discorso del genere, lui che di Khomeini fu strenuo ma timido sostenitore (non partecipò a nessuna sommossa rivoluzionaria, temeva le percosse) al punto da contare in cuor suo gli anni non più a partire dall’Egira dell’amato Profeta Muhammad bensì dalla rivoluzione stessa.
Siamo nell’anno 46 d.K.1 e Karima era lì pantofole, mutande e canotta una barba insidiosa e uno sguardo tra il furbo e l’ebete.
La moka col suo rumore di catarro avvertì Karim che era pronta, sbuffava e bolliva e lui ne pregustò il sapore assorbendo il profumo, l’aroma, con quel naso aquilino che si ritrova, inspira ed espira, pregusta il nettare turco.
Lo bevve lentamente, scottava leggermente, lui guardava il notiziario e osserva indispettito ma calmo i servizi riguardanti il crescente mal contento giovanile nei confronti delle scelte del governo e il licenziamento di un gruppo di giornalista che in diretta televisiva osò insultare la figura del compagno del Profeta e primo califfo Abu Bakr.
Kafir pensò, tutti quanti, la serpe nel giardino, disse fra e sé bevendo
<< Seminatori di fitna, urlo come se qualcuno potesse sentirlo ma in casa sua tv a parte regnava sempre il silenzio intervallato solo dal bisbigliare coranico di Karim durante la recitazione delle sure o la salat al ritmo di una lenta litania.
Quel giorno il clima era afoso e il cemento esplodeva di calore, districandosi tra le labirintiche scale a chioccia del suo condominio Karim arrivò sulla strada. Superato un lungo viale sul quale molti anni prima osservava rigorosamente a distanza col cuore in una mano e il Corano nell’altra le ampie file di rivoluzionari in marcia giunse davanti la fermata del bus, non c’era un’anima viva quel giorno e Teheran pareva come spopolata, privata della sua intera popolazione da un giorno all’altro.
Un miraggio, una ragazza in abaya passò davanti a lui lentamente in bici, respirava affannosamente piagata dalla calura, lui la guardava attentamente poi vide le sue natiche emergere dal tessuto dell’abaya spinto in dentro dal sellino, una vaga forma fallica ai suoi occhi e figurò strane immagini di piacere impiacentito. Karim scosse la testa come a risvegliarsi da uno stato catatonico, l’autobus era arrivato silenzioso o forse era solo il tempo che era passata troppo veloce durante quella visione. Mentre saliva Karim pensando a ciò che aveva veduto disse astagfirullah fra sé e sé guardando poeticamente dal finestrino le strade di una nuda Teheran avanzare.
<< Io vi dico cari fratelli sostenitori del grande Ayatollah, che la società Iraniani è al collasso, giovani che protestano, la polizia morale ormai vista come una minaccia, donne che ballano su tik tok per protestare o che vanno fuori di case senza coprire ciò che Allah proibì loro di mostrare. Astagfirullah ormai è il mio motto, la mia ragione di vita cari fratelli>>. Tutti ascoltavano Muhammad uno dei fondatori del club dei “Pesaran-e Khomeini”2, Karim lo conosceva da tempo, insieme a lui altri dieci membri formavano questo circolo di ormai uomini prossimi ai settanta. Karim era il più giovane ormai prossimo com’era ai cinquanta.
Lui ascoltava, non parlava mai a stento alcuni ricordavano la sua voce anche quando salutava si limita ad un bisbiglio che, per qualche strana ragione aveva qualcosa di tenero.
Nessuno si chiese al club perché Karim non parlasse mai, era un’ombra costante.
<< La colpa sono le ipocrite idee di libertà occidentali Muhammad, vedi mio nipote vive a Milano e ho saputo va in giro con smalto e rossetto, sono disgustato, occidente corruttore , nuova Babilonia>> disse Omar uno dei veterani con disprezzo e un brusio costante prese forza che pareva prodotto non da dieci persone ma cinquanta.
Karim in silenzio.
Solo poche frasi potevano essere distinte tra tutto quel trambusto di voci.
La shaaria è la sola via per la libertà
Allah
Viva l’ayatollah
Kafir
Hamjens-garayan3 chi segue le usanze del popolo di Lot!
La riunione e i discorsi apologetici nei confronti del regime con annesse riflessioni teologiche spicciole, politiche si conclusero con la preghiera del maghrib e un breve ristoro.
Ava e la bicicletta
Fa caldo, il sole è come se si fosse gonfiato, una cisti infiammata pronta a inghiottire il pianeta, il sudore cola sotto l’abaya di Ava ne percorre le forme sinuose e scende giù.
Pedalava dirigendosi in meandri che sapevano di Persia in strade piene di pozzanghere create da acqua condensata di condizionatori, all’interno di esse spermatici girini danzavano la danza della vita, in attesa di uscire o di una madre rana forse in cerca di cibo o chissà cosa.
Ava mosse il suo imponente culo dal sellino, rimise a posto l’abaya e si avvicinò ad una porta che portava ad uno scantinato. Si guardò intorno, sia mai che gatti o piccioni siano spie della polizia morale.
Nessun ominide affacciato da qualche finestra, niente di niente. Entrò, scese delle lunghe scale che condussero ad un'altra porta, tutte le pareti erano state insonorizzate alla buona con tessuto spugnoso e scatole di uova vuote. Bussò tre volte, era il segnale, un ragazzo a dorso nudo, tatuato e di bell’aspetto le aprì, dentro un altro gruppo di ragazzi semi nudi bevevano della birra, della coca stava sul tavolo, musica robotica industriale di sottofondo e l’atmosfera al suo arrivo si riscaldo in fretta.
Ballò seminuda, l ‘abaya a terra, la coca nelle narici.
Se chiavò Ava? Si, chiavarono senza sosta confondendo uomini e donne i loro membri.
Bacco ne sarebbe alquanto onorato. Tutto intorno a lei profumava di piacere e ruotava, ruotava come un mistico sufi ruota con tutto l’Universo.
Contenuto per nulla latente
Karim passò la serata in silenzio, canotta bianca, una lieve macchia di carne appena visibile su di essa, mutande e ciabatte. Andò a letto presto, lesse delle sure bisbigliando arabo, lingua sacra gentilmente concessaci da Allah per rendere comprensibile all’uomo la sua perfetta rivelazione. Schioccava le sue labbra al pronunciar vocali e consonanti, una leggera brezza estiva entrava dalla finestra accarezzando la sua barba, pian piano il mondo intorno a lui assunse contorni più sfocati.
Karim si era addormentato.
E nel sogno la vide lui non sapeva come si chiamasse, ricordava a malapena il suo aspetto ma quelle natiche e quel sellino, rabbrividiva e sognava Ava masturbarsi utilizzando il sellino per darsi piacere e perdeva latte dai grossi seni, lui stava in ginocchio e la guardava contemplava ogni suo movimento, il suo su e giù sul sellino assorto a fallo di metallo, il latte colava dal suo corpo all’ aumentare del vigore masturbatorio, un rivolo di latte raggiunse i suoi piedi nudi e come posseduto da improvvisa foga e sete Karim leccò il latte per te prostrandosi a quella Venere persiana amante del metallo, inebriata di piacere.
Poi bevve il latte dal suo seno mentre lei urlava in preda a convulsioni orgasmiche.
Karim si risveglio sudato come da un incubo, grondava sudore e il suo pene circonciso grondava ben altro.
Astagfirullah fu la prima parola che gli venne in mente.
La Fatwa dei poveri
Come in un eterno ritorno, un ciclo, Karim il giorno dopo incontrò nuovamente il club dei Pesaran-e Khomeini, quel sogno aveva destato in lui una nuova consapevolezza, nessuno poteva salvarsi dalle tentazioni di Shaytan neanche il più ferreo dei rivoluzionari, neanche un il più intransigente dei credenti soprattutto in un mondo in cui le donne andavano in bici come quello.
Alla faccia del migliore dei mondi possibili.
Anche quel giorno si parlò sempre delle solite cose, nulla di nuovo fino a quando, dopo una breve paura, un Epifania, un miracolo Karim si alzò come in preda a uno slancio vitale e lentamente parlò. La sua voce attirò tutta l’attenzione su di lui, finalmente avrebbero saputo che tono avesse.
<< Cari eeehm, fratelli, compagni rivoluzionari, le biciclette!>>. Al suono di questa parola una serie di punti interrogativi sostituì i volti dei presenti, Muhammad su tutti era il più spaesato ma nessuno interruppe Karim prossimo a proseguire il suo discorso.
<< Voglio dire fratelli, le biciclette coi loro sellini come posso dire>> , << fratello parla pure liberamente non siamo qui per giudicarci a vicenda ma per giudicare il mondo diabolico che cresce intorno a noi, qui sei al sicuro>> Muhammad lo rassicurò solo per spingerlo a parlare più velocemente, tutti erano ormai curiosi.
<< Le biciclette coi loro sellini procurano piacere alla donna secondo me, con quel movimento, quello sfregare, beh , avete capito fratelli dico che il governo dovrebbe pensarci su, vietare magari alle donne di andare in bici o imporre alle case di produzioni di bici Iraniani sellini che non ricordino beh, un fallo ecco o questo potrebbe in loro suscitare in loro il desiderio di commettere zina , avete capito?>>
E di nuovo un brusio di cinquanta apparenti uomini si diffuse, assunse i toni di un contatore geiger pronto a scoppiare, Karim non senti bene cosa dicessero e tutti lanciavano a lui occhiate tra il confuso e il curioso.
Ecco alcune parole e frase che era possibile udire fra tutto quel brusio ormai diventato frastuono:
Astagfirullah, Karim non ci avevo mai pensato
Questo era meglio che stesse zitto
Zan-haye fasedi mesl-Havva.
Muhammad stette in silenzio guardando Karim, lui confuso si sedette nuovamente e decise da quel giorno di continuare a stare in silenzio durante gli incontri, vita natural durante.
Jinn
Quella notte Karim ne sognò di cento donne in abaya masturbarsi coi sellini e tutte loro grondavano latte. Le scopò una per una.
Poi si svegliò come in trance, posseduto da dei Jinn o dalla versione persiana del dio Pan e chiusosi in bagno sfogò su di se tutto quel vuoto dentro e quella solitudine sperando che raschiando il fondo del barile i jinn e le donne in bici lo lasciassero in pace.
Dopo quella notte, la paura e il senso di dannazione perenne lo travolsero e Karim non mise più un piede fuori casa se non per comprare l’amato caffè di Asghar.
Shaytan serpeggiava tra le strade di Teheran ormai e soprattutto tra le fabbriche di produzioni di bici.
Bugie bianche
<< Ava com’è andata da Sara, avete guardato quel film che volevate vedere da tanto?>>
<< Si mamma, bellissimo davvero, da rivedere >>
Ava andò in bagno, chiuse la porta a chiave.
Fece un bidet.
Sellino testo di Isa666