Di ferite e fuoco

scritto da Cara Catastrofe
Scritto 5 anni fa • Pubblicato 5 anni fa • Revisionato 5 anni fa
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"Cadono le castagne, una dopo l’altra, lungo la notte."
- Nota dell'autore Cara Catastrofe

Testo: Di ferite e fuoco
di Cara Catastrofe

Quella sera, in onore della sua visita a casa dopo tanto tempo, suo padre le aveva preparato le castagne al forno.
Era uno spettacolo che non finiva mai di affascinarla sin da quando era bambina. Allora, Moira riusciva a rimanere col naso incollato allo sportello durante tutta la cottura, non perdendosi nessuna fase della trasformazione dei frutti.
Alcune castagne, sapeva, sarebbero state deliziose: tenere e saporite ad ogni morso che aveva guadagnato togliendo la buccia ed essendosi scottata i polpastrelli. Altre, invece, apparentemente perfette all’esterno, avrebbero rivelato un cuore bacato e pertanto immangiabile; ricordava che papà si arrabbiava parecchio, in quel caso: era solito sbraitare che per il prezzo che avevano, le castagne avrebbero dovuto avere un certificato d’alta qualità e un servizio “soddisfatti o rimborsati”.
Da piccina papà le aveva sempre fatto paura quando si arrabbiava.
Poi era diventata adulta, però.

La casa in cui Moira era cresciuta era rimasta sorprendentemente identica a se stessa, nonostante i dodici anni trascorsi dalla sua partenza. La cucina, soprattutto, sembrava essersi mummificata allo scopo di conservarsi intatta: il lampadario spandeva la vecchia luce calda che si adagiava sui pensili in legno di noce. Dai ganci accanto ai fornelli penzolavano oziosi la stessa paletta, lo stesso mestolo e la stessa schiumarola. I tre coltelli per sfilettare il pesce e per tagliare il pane e la carne facevano bella mostra nel portautensili.
- Li tengo sempre… - aveva esordito ore prima suo padre, quando l’aveva vista osservarli.
- …ben affilati: lo so. Lo vedo - aveva ribattuto lei.
Sulle tende, un poco più a destra, c’erano i medesimi graziosi girasoli dietro ai quali si nascondeva per spiare i ragazzi che giocavano in cortile, durante i pomeriggi estivi in cui non le era permesso uscire. Moira avrebbe giurato persino di poter riconoscere gli strofinacci che sua zia, quando veniva a far loro visita, usava per sbrigare qualche faccenda.
Le aveva osservate da lontano e non più dal vetro del forno, le castagne: inizialmente integre e inespugnabili, si erano spalancate docili al calore, quasi avessero abbandonato ogni tentativo di difesa e si fossero volontariamente offerte per soddisfare il loro appetito.
Era una lezione che Moira aveva imparato presto, molti anni prima e sulla sua pelle; anche se, ad essere precisi, c’erano diversi tipi di appetito e alcuni di questi non si saziavano semplicemente aprendo delle castagne.

- Vedi? - le aveva infatti spiegato suo padre durante una di quelle sere d’ottobre, impugnando il coltello e recidendo il frutto. - Inizia tutto con un taglio ben preciso: né troppo superficiale, né troppo profondo. E’ il segreto per farle cuocere bene -.
Nel suo alito c’era un odore acre che la Moira di allora non avrebbe potuto identificare ancora. L’uomo le teneva una mano sul braccio e a tratti lei avrebbe voluto dirgli che stringeva dannatamente troppo, che le stava facendo male. Ma c’era qualcosa nei suoi occhi, un luccichio particolare, che le suggeriva che era meglio stare in silenzio.
- Poi è il turno del calore - aveva aggiunto bevendo l’ultimo sorso di birra e lanciando la lattina vuota insieme alle altre nel lavandino. - Le castagne bruciano, si aprono e noi possiamo mangiarcele. Ti piace mangiarle, no? -. Lei aveva annuito lentamente.
Quello che avrebbe scoperto poi era che papà non diceva tanto per dire: la fame paterna le aveva fatto avvertire, inizialmente, la stessa piccola ferita, come un piccolo taglio, poco doloroso. Poi c’era stato un bruciore simile ad un fuoco, tra le gambe, che si era irradiato in tutto il suo ventre, e anche lei si era spalancata a lui, come una castagna.
L’aveva saziato, in molte occasioni dopo quella prima volta, come una castagna.

Papà avrebbe avuto fame anche quella sera, e Moira lo aveva avvertito immediatamente entrando in casa. Buttando un occhio sulla tavola, si era accorta delle due bottiglie vuote; guardandolo in faccia, aveva concesso a quel vecchio luccichio di osservarla mettersi a capotavola, non troppo lontana dai fornelli.
Lo aveva lasciato fare, così, in silenzio; una volta richiuso lo sportello del forno, però, suo padre aveva avuto giusto il tempo di girarsi. Moira aveva preso il coltello per la carne (gli era parso il più adatto) e gli aveva aperto il collo da un orecchio all’altro.
- Li tieni veramente affilati, come una volta - aveva detto all’uomo che cercava invano di tamponare il sangue che fluiva copiosamente tra le sue dita all’altezza della laringe.
- “Inizia tutto con un taglio ben preciso”: ricordi? - aveva continuato.
Suo padre era crollato a terra, perdendo conoscenza.

Aveva quindi atteso che le castagne fossero pronte, le aveva tolte dal forno e le aveva sbucciate lentamente. Moira non era rimasta sorpresa di scoprire che quei frutti fossero perfetti, senza vermi né ammaccature. L'unica castagna marcia, in quella stanza, si trovava ai suoi piedi, immersa in una pozza del suo stesso sangue.
Si era alzata e aveva fatto scivolare i gusci sul tavolo col bordo delle mani. Erano precipitati quasi con inerzia sulla felpa azzurra dal collo sgualcito che da un rosso carico stava oramai virando al marrone. Era giusto che la spazzatura stesse tutta insieme, si era detta.
Aveva alzato lo sguardo verso il forno ancora aperto - un vecchio trucchetto di papà per riscaldare l’ambiente nelle fredde sere autunnali - e lo aveva richiuso con un movimento brusco.
Il rumore era rimbalzato tra le pareti di quella casa di campagna ormai mezza vuota, moltiplicandosi e rimbombando greve nel suo petto, come a volerla scuotere da un torpore esistenziale.
Consapevole del fatto che il lavoro fisico le avrebbe alzato la temperatura corporea senza tuttavia sciogliere il ghiaccio che la divorava all’interno, Moira era uscita di casa dirigendosi verso la legnaia sul retro.
- Ora è il turno del calore - aveva sussurrato sulla soglia. - Le castagne cattive devono bruciare -.

Poi aveva sorriso tra sé, sentendosi quasi guarita da un male profondo e duraturo.
Sì: quella sera il falò sarebbe stato meraviglioso.
Di ferite e fuoco testo di Cara Catastrofe
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