L'esame di scienza delle finanze

scritto da Franc
Pubblicato 2 anni fa • Revisionato 2 anni fa
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Autore del testo Franc

Testo: L'esame di scienza delle finanze
di Franc

Il seguente racconto è tratto da una storia vera.

 

Non sarebbe stata una mattinata come le altre, questo Franco Vignato, professore ordinario di scienza delle finanze, lo sapeva bene. Forse non avrebbe nemmeno sparlato di quel mediocre di Lombardi e di quel suo ultimo libro pubblicato, che Vignato amava definire una totale scemenza, con le sue teorie stravaganti e contorte. Ed era stato anche ospite in televisione a presentare quella robaccia.

 

“Hai visto cos’è successo?” gli chiese il professor Mariotti, suo amico e collega.

“Già, è iniziata la terza guerra mondiale”, rispose Franco, mentre sorseggiava il suo cappuccino al bar dell’università.

“Sai, non dovremo essere qui.”

“In che senso?”

“E’ un luogo pericoloso, stanno attaccando la nostra civiltà, la nostra cultura.”

“Dici che…?”

“Sì, le università non sono un luogo sicuro.”

Il professor Vignato cominciò a guardarsi intorno con vistosa preoccupazione.

“Parlerò con il rettore oggi stesso. Bisogna chiudere finché la situazione non cambi”, continuò Mariotti.

“Oh Signore, hai ragione.”

“Lo sai che quel codardo del Lombardi si è dato malato? Ho sentito che cancellerà tutta la sessione d’esame.”

“C’era da aspettarselo da quello lì”, convenne Franco Vignato, rimpiangendo di non aver fatto lo stesso.

“Senti questa che mi hanno raccontato sul suo conto l’altro giorno. Ti ricordi del suo metodo di usare i titoli dei paragrafi dei libri per effettuare le domande agli esami?”

“Certamente. Un qualcosa di aberrante.”

“Beh, nel suo ultimo esame ha usato per sbaglio un libro relativo ad un altro corso e li ha bocciati tutti.”

“Si dovrebbe vergognare della sua superficialità.”

“Ma non è tutto. Quando si è accorto dell’errore ha commentato verso il suo assistente che lo aveva fatto di proposito, in quanto uno studente veramente preparato se ne sarebbe dovuto accorgere.”

Franco guardò l’orologio, si stava facendo tardi.

“Cielo, devo proprio andare.”

“Sta in guardia amico mio. Siamo in guerra!” proferì Mariotti con seria apprensione.

Il professor Vignato prese la sua ventiquattrore e si diresse affannosamente verso l’aula 8, in cui di lì a poco sarebbe iniziato l’esame di scienza delle finanze. Si sistemò il nodo della cravatta ed entrò.

 

L’esame consisteva in tre quesiti a risposta aperta e in dieci a risposta multipla. Le caratteristiche fondamentali di un bene pubblico puro; l’imposta pigouviana; il teorema dell’impossibilità di Arrow; gli interventi e i suoi effetti in caso di disoccupazione; il modello di Lindahl. Queste sì che sono domande da esame, Lombardi avrebbe solo da imparare da me, gongolava Franco Vignato.

Il professore osservava con zelo dalla sua cattedra tutti gli esaminandi: c’era chi fissava il vuoto sconsolato; chi scriveva speditamente; chi sbuffava. Nessuno poteva sfuggire ai suoi radar.

“Assistente, quinta fila: il ragazzo con la felpa blu e la ragazza vestita di rosa.”

“Professore, cosa dovrei fare?” chiese incuriosito l’assistente.

“Non vedi che stanno parlando?! Il loro esame finisce qui. Alzati e ritira tutto!”

L’assistente obedì subito, invitando i due studenti ad uscire immediatamente dall’aula.

“Non ho fiatato, non ho detto una parola”, protestava lo studente, mentre l’altra abbandonava sommessamente l’aula. L’assistente si voltò verso il professore, il cui duro sguardo non lasciava possibilità alcuna allo studente.

“Nessuno ha mai barato ai miei esami”, si rivolse con vanto il professore all’assistente appena tornato alla sua postazione.

 

Giunti alla metà del tempo, quando tutto sembrava stesse andando liscio, un altro studente attirò l’attenzione del professore.

“Assistente, cosa vedi nella terzultima fila in alto?”

“Niente, professore”, rispose l’assistente dopo aver osservato accuratamente.

Franco Vignato osservò meglio, sperando di aver visto male.

“Assistente, l’arabo con il berretto in testa sta facendo qualcosa.”

“Non mi sembra, vado a controllare?” chiese, mentre si stava alzando, ma il professore lo bloccò in modo brusco.

“Ma dove vai? Ci vuoi far saltare tutti?” bisbigliò Vignato, lasciando basito il suo assistente.

“Non capisco.”

“Guarda con attenzione: da sotto il cappello partono dei fili e sembra stia pregando.”

L’assistente sbiancò.

“Non so leggere le labbra, ma credo abbia nominato diverse volte Allah”, aggiunse il professore.

Il professor Vignato stava sudando freddo. Si tolse la giacca e si asciugò la fronte grondante con il suo fazzoletto di seta. Tutta colpa di quest’assistente, se ne sarebbe dovuto rendere conto durante l’appello che tra gli esaminandi si nascondeva un attentatore, pensava.

“Maledetto ruffiano di un portaborsa”, borbottò quasi impercettibilmente il professore.

“Cosa?”

“Dicevo, dobbiamo avvisare l’esterno. Ci vuole l’esercito.”

“Mi trovo in accordo con lei”, rispose l’assistente, voltandosi verso la porta di uscita.

“Te la vuoi svignare, eh? Brutto incapace, è colpa tua se ci troviamo in questa posizione”, inveì Franco Vignato, tenendolo per la manica del maglioncino.

“Ma professore…”, balbettò perplesso l’assistente.

Qualche studente alzò lo sguardo dal foglio, distratto da quel continuo brusio.

“Ora fa silenzio, stiamo attirando troppa attenzione”, intimò il professor Vignato.

 

Il professore aveva voglia di un caffè, ma non poteva farselo portare dal suo assistente, come aveva sempre fatto. Sarebbe stata una ghiotta occasione per quel codardo di fuggire, ritenne. Alla consegna mancava poco meno di un’ora. Tra quanto vorrà colpire questo maledetto assassino, pensava Franco Vignato. Qualsiasi minimo movimento sospetto avrebbe portato ad anticipare quel momento, bisognava essere prudenti.

Con molta cautela prese il suo telefono, assicurandosi di non essere osservato da quell’individuo in terzultima fila.

“Attentatore in aula 8, aiutateci”, scrisse al professor Mariotti.

“Stai scherzando?” chiese Mariotti dopo pochi minuti, minuti che furono interminabili per il professor Vignato.

“Io non scherzo mai”, fu la risposta stizzita di Franco Vignato, il quale aggiunse anche la descrizione di quel ragazzo arabo con il berretto rosso alla terzultima fila con un ordigno pronto ad esplodere ( i fili e le preghiere non lasciavano dubbi ).

Perché doveva succedere a me? Non poteva capitare a quel vile di un Lombardi? pensava il professore con rabbia.

Il tempo trascorreva senza alcun aggiornamento. Vignato guardava continuamente il suo orologio: non poteva sapere tra quanto e se sarebbero intervenuti a salvarli e questo inevitabilmente lo agitava.

Alcuni studenti già consegnavano il loro scritto, chiedendo quando sarebbero usciti i risultati. “Prossimamente”, rispondeva il professore con un vistoso nervosismo, quasi odiando quei ragazzi che tornavano al sicuro nelle loro dimore.

“Professore, oramai mancano 15 minuti al termine dell’esame; magari ci ha semplicemente ripensato, magari preferisce vivere”, ipotizzò timidamente l’assistente.

“No, loro godono nel vederci soffrire. Non hai notato? Lui sa che noi sappiamo. Ogni tanto alza il suo sguardo verso di noi, ci osserva, osserva la nostra paura. E’ per questo che ancora non si è fatto esplodere, credo si stia divertendo.”

“Che genere di mostro si diverte in questo modo?”

“Uno dei peggiori.”

Vibrò il telefono del professor Vignato: finalmente era arrivata una nuova dal Mariotti.

“Edificio evacuato. Le forze armate e gli artificieri saliranno in aula dalla scala antincendio. Resistete.”

Fate in fretta, alla prova non manca molto, pensò preoccupato Franco Vignato.

Il professore e l’assistente non proferirono più alcuna parola dopo quel messaggio. Aspettavano con speranza e paura che arrivassero i salvatori. L’aula si stava svuotando, ma loro dovevano rimanere. Ormai erano rimasti soltanto una ventina di studenti.

Dall’uscita di emergenza posta in fondo all’aula ( alle spalle del ragazzo arabo ) entrò un uomo e si sedette nell’ultima fila, rimasta vuota. Due file più avanti si trovava il ragazzo con il berretto rosso.

“Deve essere il capo dell’operazione”, commentò l’assistente.

Il professore non rispose, si limitò a fargli cenno di restare zitto.

Che cosa aspettano ad intervenire? Ci vogliono far saltare in aria? si chiedeva il professor Vignato sempre più agitato.

L’uomo seduto nell’ultima fila osservò attentamente il dinamitardo. Riconobbe che stava parlando arabo e udì distintamente la parola Allah; vide quei fili che sbucavano da sotto il cappello e quel cappotto troppo pesante per una giornata di settembre. Non c’erano dubbi, quel ragazzo doveva essere fermato.

Dopo che le ultime file furono totalmente sgombre, l’uomo alzò la mano e diede il via all’operazione. Irruppero in aula tre militari che si fiondarono contro quel ragazzo. Il ragazzo fu colto di sorpresa e cercò di divincolarsi, reagendo contro i militari.

Nel mentre i pochi studenti rimasti corsero via, insieme all’assistente e al professore, via verso la salvezza. Corsero senza mai voltarsi indietro, non si voltarono neanche quando udirono degli spari. Finalmente giunsero fuori dall’università, finalmente il professor Vignato potè esultare insieme agli altri: erano salvi.

 

Così il 12 settembre del 2002 moriva Mohammed Sayyadmanesh, mentre cercava di imbrogliare all’esame di scienza delle finanze, facendosi suggerire le risposte tramite degli auricolari.

L'esame di scienza delle finanze testo di Franc
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